Goldrake: Requiem per una Direttrice corrotta La vecchia sorcona e il funerale dei topi di Salvatore Conte (2020-2023) Non ci sono soltanto i Signori della Guerra. In Congo c'è una Signora della Guerra e si chiama Anna Frazer.
Da
semplice casalinga sexy dalle forme perfette, si è trasformata in pochi anni in
una cessa ambiziosa e supponente. Addestrata dalla Spectre, è di stanza in Congo per coprire i traffici sporchi delle grandi compagnie. Ha con sé, quale luogotenente, una vecchia pornostar in pensione, la famosa Kelly Madison.
Le due, insieme, se la tirano parecchio. E i loro uomini ci scherzano sopra. La curiosità maggiore dei maschi riguarda le loro capacità di assorbimento, le qualità da incassatrici, come si dice nell'ambiente dei mercenari.
«Per me è una buona incassatrice, non dico che sia una corazzata, ma - quantomeno - non crolla come una puttana qualunque, al primo o secondo colpo», questa una delle tante opinioni sussurrate intorno al bivacco, con riguardo ad Anna. «Kelly ha il diavolo dentro, per me sa incassare molto bene». L'occasione per verificare i pronostici arriva presto. La giungla è un brutto posto, non c'è rispetto per nessuno, nemmeno per due belle puttane come Anna Frazer e Kelly Madison. Il clima è teso, il ritmo è frenetico. Un plotone nemico ha attaccato la miniera abusiva.
Anna reagisce prontamente, alla testa dei suoi uomini, le zinne ballonzolanti all'interno del camicione, la voglia di impressionare il suo ammiratore segreto, James Bond. Ma il fuoco si indirizza su di lei. Vogliono fotterla. Con tre-quattro colpi al bersaglio grosso cominciano a rallentarla... E con un altro sopra la mettono col culo a terra.
Anna rimane isolata dal resto dei uomini,
chi era vicino a lei è crepato, Kelly guida un'altra squadra. C'è il rischio che la situazione precipiti in fretta. Matthew Tusk esce allo scoperto. Ormai ce l'ha in pugno. Un signorino della guerra, per certi versi. Ma forte e palestrato, con gusti ambivalenti. Lei è appoggiata con la schiena a un tronco d'albero, la testa piegata sul petto.
Lui è spuntato fuori dalla macchia, con il mitra
spianato. «Il gioco... lo comandi tu... Mat...», affanna. «Quelle batterie... all'inferno... non mi servono più...». Anna Frazer parla. E di corsa. Lui, intanto, le infila le mani nel camicione allentato e le strizza le zinne pulsanti voglia di vivere. Quando ha finito di parlare, le tampona i buchi come promesso e le fa una siringa di morfina, ma molto leggera. «Così durerai di più...».
«Che vuoi fare... adesso...?»,
gli chiede. Lei ci sta. Resistere servirebbe a poco. Ma soprattutto vuole convincerlo a non freddarla. Anna non è mai stata molto umile nella sua vita. Si sente sempre una gran fica ed è convinta di potersi ancora salvare. Lo lascia fare, per accreditarsi presso di lui.
Intanto Kelly dovrebbe essere sulle sue tracce, se non è
costretta alla difensiva. Si tratta di un'eliambulanza mercenaria, anonima, che svolge questo servizio, dietro pagamento, a qualunque milizia lo richieda.
«E va bene, Anna... ho capito quello che hai in mente». Esce e depone il telefono satellitare a qualche metro di distanza. «Chiamati l'elicottero», la voce è fredda, ma la Signora della Guerra intravede la salvezza: è questo ciò che conta per lei. La Frazer comincia disperatamente a strisciare come una grossa biscia verso l'apparecchio. Per una nelle sue condizioni non è facile coprire quei metri. Mat si gode tranquillo la scena: la scia si sangue che le fa da ombra mentre struscia e ancheggia. Improvvisamente lo schermo del telefono si illumina, ma non è facile per lei - con gli occhi appannati dalla morte - leggere cosa dica.
Matt si avvicina velocemente, un occhio sull'apparecchio per
controllare chi stia chiamando. «Sì, è fottuta, stecchita». E chiude. «Mi dispiace, Anna, ma come forse avrai capito, il mio committente mi ricorda gli impegni assunti. Hai fatto troppa strada, ultimamente. E qualcuno ha deciso di fermarti». «Aspetta... digli che...». La fissa divertito.
La sua agonia lo eccita.
Tusk
si siede dietro di lei, così può farla sdraiare sul
petto. «Sono un professionista e ho un contratto da rispettare...». «Ma le mie zinne... ti piacciono... lo so...». «Sono eccezionali, Anna, anche se hai la tua età», e infatti se le strizza per bene. «Ma devo farlo, capisci? In ogni caso, non ti rimarrebbe molto tempo. Hai lo stomaco spappolato e te ne andresti in meno di mezzora...». «No... io non voglio morire... cough.... ti prego... posso ancora provarci... Mat... non farlo... cough... io sono tua...», Anna è colta dal panico, vorrebbe salvarsi a tutti i costi. «Sei una bella tentazione, Anna. Ma la senti questa tosse? Stai morendo... E sai benissimo qual è il destino che ti attende.
Adesso vedi di crepare con un briciolo di dignità, mi hai
stancato». Se spari... m'ammazzi...
Fai il bravo...», Anna cerca delicatamente di spostare la canna della pistola
dal fianco.
«Non ti rovino le zinne, Anna...».
Mat si rialza di colpo, rovesciandola a terra. Sa che la sta ascoltando. Ma lui, con gesto trionfante e rabbioso, le strappa dal collo una delle piastrine gemelle di riconoscimento.
È la prova per il committente, lo scalpo di latta della vecchia signora. Sta per allontanarsi, quando gli rimbomba in testa quel "muoio" così sensuale. Gli ha messo addosso una strana frenesia. Si allontana di qualche passo, ma la curiosità quasi lo uccide più delle pallottole che Anna stessa avrebbe voluto piazzargli addosso. Torna indietro e torreggia sopra di lei. Non si era sbagliato. Lo sguardo è ghiacciato e la bocca spalancata per la mortale sorpresa, ma nonostante il colpo a bruciapelo che le ha distrutto gli organi interni, la signora è ancora aggrappata alla vita. Costernato, incredulo e improvvisamente in ansia per la sorte di Anna, si cala i pantaloni e in pochi secondi schizza fuori tutta la sua frenesia. «Alla fine hai vinto tu... mi dispiace...», la bacia sul collo e in bocca, succhiando il sangue che le sale in gola. «Riesci a parlare? Chiamo l'elicottero, Anna...». E lo fa sul serio. «Ti prego, parla... di' qualcosa...». Tusk sa benissimo che quando l'elicottero arriverà, troverà cadavere la signora Frazer, ma stavolta è lui che vuole illudersi, con le mani premute sui buchi e il massaggio cardiaco già eseguito due volte. Anna non è più riuscita a parlare. La sua ultima parola è stata "muoio": una triste ammissione per la vecchia troia sbottonata, anche se sta ancora provando a smentirsi. «Con me imparerai a tenere i bottoni chiusi», le sussurra all'orecchio Matthew Tusk.
di Salvatore Conte (2024) I vecchi sdentati che vivono fra i cactus saguaro all’ombra delle rocce rosse, giurano che al di là del confine trasformano l’acqua in vino e che un giorno non troppo lontano potranno berne anche loro fino a sbronzarsi, ma non sanno che sono solamente miraggi, come le oasi di acqua che s’illudono di vedere in fondo all’orizzonte.
Qui, ai piedi delle Superstition Mountains, non c’è niente che appare com’è
veramente, anche le croci sono diverse, ne sa qualcosa Tom Mullen, un rapinatore
di banche venuto apposta dalla vecchia Europa per morire nel Far West.
Quasi cinquantanni, occhi neri e capelli corvini sotto le spalle, un corpo
solido con tutte le forme al posto giusto.
«Comunque la tua botta di culo è un biglietto che
ho trovato nella sacca del mio cavallo, mentre era legato fuori da un saloon».
Janet, la Vacca di Tucson, cinquantanni portati eroticamente a spasso per
tutta l’Arizona, pantaloni dentro gli stivali neri e una camicetta rosa che
lascia sempre aperta (sbottonata in maniera esagerata) per mostrare il suo grasso fisico da ex ballerina di saloon
e di camera a ore, con
un seno flaccido e sfruttato che balla anche senza l'aiuto di un carillon.
E stavolta l'ha centrata allo stomaco, come
lei aveva centrato Kelly. PARECCHI ANNI DOPO
I vecchi sdentati continuano a vivere fra i
cactus saguaro sotto l’ombra delle rocce rosse, e spergiurano sempre che un
giorno ormai vicino andranno al di là del confine dove sanno come si fa a
trasformare l’acqua in vino.
Allora, vecchio? Ce l’hai o no una storia interessante da raccontarmi?».
Lo straniero continua a chiedermi se ho una storia abbastanza
interessante da raccontare», sputa aria in terra. «Beh, cowboy, drizza bene le
orecchie e stammi a sentire, per tutti i diavoli dell’Arizona! Di storie
interessanti da raccontare ne avrei quante ne vuoi», si pulisce la bocca con il
dorso della mano. «Storie di sporchi nordisti contro sudici sudisti, storie di
rapine alle banche quando per farlo bisognava avere le palle grosse come i
cactus saguaro e dure come le rocce rosse, storie di pallottole prese e
restituite», guarda verso l’oste. «Restituite sempre con gli interessi, giusto,
Sal? Potrei raccontartene una a caso, straniero, e ci farei comunque bella
figura», si fa serio. «Ma oggi voglio essere generoso e ti racconterò l’unica
storia che non potrò mai scordarmi, neanche diventassi rimbambito come Jack il
maniscalco».
In quel momento avevo ucciso la Vacca di
Tucson...»,
tira un lungo respiro e ricomincia.
«Ma non morì subito. Proseguirono a baciarsi, fregandosene di tutto, anche delle pallottole che
avevano in corpo, e che io sia dannato se non fui costretto a svenire per non
continuare a vedere quella scena».
Sì, Tom, l’ha appena fatto, ma lo
sapevi da trentanni che sarebbe finita così. di Salvatore Conte (2024)
Il bambino, bendato, estrae la carte. Anna Frentzen adesso ti fotte... hai qualcosa da dire?».
«Puttana... ti faccio esplodere
al primo colpo...».
Delusione tra i suoi tifosi.
Preme per bene la canna del grosso revolver contro lo stomaco di lei: praticamente in mezzo alle tette
penzolanti, la camicetta sbottonata in maniera aggressiva, come sempre.
Se parte il colpo, per lei è finita, non
troverebbe scampo, neanche con tutto lo staff medico pronto a intervenire.
A nulla servirebbero gli immediati soccorsi, pronti a bordo scena con maschera dell'ossigeno, tamponi e plasma.
È scontato che la Frentzen avrebbe subito dalla sua parte un
collezionista che alzerebbe il braccio - come in una battuta all'asta - per
pagarle le spese mediche.
Nessuno alza il braccio per lui. Un'ombra, soddisfatta, svanisce nel nulla.
TRE MESI DOPO
«Allora, Rashid: quanto ci vorrà per finire il tuo cocktail? Hai a disposizione le migliori essenze del mondo, ma bada di non farmi saltare in aria le tette...».
«Stai tranquilla, Akana... la mia accuratezza è ben nota. Le tue tette sono al sicuro. Ho bisogno di almeno tre giorni per stabilizzare tutte le componenti». «Non mi riguarda dove intendi colpire, certo lo saprò dai giornali, ma non dirmi che a Beirut non sei stato tu...».
Non c'è risposta, infatti. James è a bordo «E chi cazzo è questo James?». «A me viene in mente James Bond», risponde Kelly Madison, una delle luogotenenti di Akana DiChan, capo del commando Spectre sulla petroliera chimica Bow Orion. «Può essere... Perché no? Il famoso James Bond... l'Agente 007 del Servizio Britannico...», conferma l'altra luogotenente, Anna Frentzen. Tutte e tre sono intorno al cadavere di un loro uomo, rinvenuto con un biglietto infilato in bocca. «Questo lo dobbiamo scoprire subito: Kelly, con la tua squadra perlustra a poppa.
Tu, Anna, vai verso prua. Voglio un costante contatto radio. E non fatevi fregare da questo stronzo, chiunque esso sia». E così tu saresti la famosa Anna Frentzen... «Stronzo...». L'agente speciale della Spectre legge il biglietto e se lo mette in tasca. «Dobbiamo trovarlo, forza...». La Frentzen avanza guardinga lungo gli immensi corridoi della petroliera chimica, preceduta dai suoi uomini; sa benissimo che se James Bond fosse davvero sulla nave, sarebbe un pericolo mortale per tutti loro, lei compresa. Un brivido gelido le corre lungo la schiena. Se è lui, è un avversario letale. Potrebbe farla fuori, anche se ha un certo debole per le belle donne e potrebbe conoscere le sue imprese a Senza Stomaco. «Ehi... James... sono convinta che tu mi senta...
Non pensavo di essere così famosa, sai? Magari divento come te... Lo sai che ho vinto l'ultima edizione di Senza Stomaco? Alludi a questo? Nella finale non ci sono proiettili a salve, lo sai? Ho rischiato la pelle. Ma ce l'ho fatta. E adesso sono la Campionessa. Comunque vuol dire che io e te ci rispettiamo, vero, James?
Tu non pensi di darmi una coltellata come al povero Joe, vero? Uccideresti anche Anna Frentzen, James? Chissà come dev'essere una fredda lama che ti penetra nella carne… E che sollievo dev'essere quando te la tirano fuori... E poi il check… Tu sai cos'è un check, James? No, penso di no, uno come te non lo sa. Il check è quando controlli quanto ti manca da vivere, e il tuo sguardo si perde per un attimo nel vuoto, mentre aspetti ansioso la risposta. Perché uno se la sente in quei momenti… Ma io voglio vivere, James!», a denti digrignati. «Non me la sento di crepare. Rimarrei molto delusa nel sapere di avere poco da vivere. Farei di tutto per salvarmi. E alla Frentzen nessuno dice no... No, non sono soltanto una vacca... in molti hanno fatto questo errore…
A quarant'anni ero un fiorellino
leggero, una pin-up, una principessa sexy tutta in tiro, non quello che sono adesso... Mentre prosegue la perlustrazione, la Frentzen continua a parlare, stirandosi addosso la camicetta sbottonata aggressivamente fino allo stomaco, da spudorata vacca, rivolgendosi a James Bond come se lui potesse ascoltarla e vederla.
«Guarda quanta carne che ho... James...!
Ti piacerebbe provarla? Finirai in gabbia... niente di più... Sei troppo famoso per essere liquidato...
E io? Pensi che io potrei fare una brutta fine?
Diventerei ancora più famosa... Non amo gli appuntamenti all'obitorio. Anche perché mi scioglierebbero in una di queste vasche. E tu non vuoi che io faccia questa fine, vero, James?». Intanto, però, sulla sua strada trova un altro cadavere. Le sono rimasti due uomini.
«No, James... da te non me l'aspettavo... Vuoi liquidare anche me, vero?
Perché invece non troviamo un accordo? Un altro sibilo metallico e un altro cadavere. L'ultimo uomo rimasto mangia la foglia e comincia a fuggire. STUMP! Ma non va molto lontano.
«Okay, James... Adesso abbasso le braccia, James. Ma non ho armi in mano, lo vedi, no?
Devo stare attenta, perché tu spari per uccidere, quando
spari…
La sai una cosa? Mi hanno proposto lo Shanghai Lady Remix...
Ci si mette dietro un vetro per riprodurre la famosa scena. Conosci il concetto di collezionista? Magari lo sei anche tu, e nessuno lo sa.
Il collezionista è un tale ricco che va a caccia di belle
donne, però particolari, con qualcosa di speciale, e allora le sponsorizza in
qualche maniera, le fa sue, ma non nella maniera comune; è un concetto che non
appartiene alla massa.
È un bel progetto, comunque, più interessante di Senza Stomaco.
Nessuno sa come sarà la propria morte, ma a me piacerebbe stirarmela un po', con
un bell'uomo che mi tenga la mano.
Un colpo nello stomaco,
all'utero, nelle budella: quello sarebbe un colpo giusto per me. Anche più
d'uno, se mi sentissi in forma. Sarebbe stupido, James. Perché ora sono certa che tu sia davvero tu... Un altro mi avrebbe già liquidata. Solo il grande James Bond può riconoscere una donna altrettanto grande...», e si umetta il labbro, convinta di aver fatto colpo e di essersi salvata la pelle. Il Frentzen Show durerà più di dieci minuti «Sì, James... lotterò fino all'ultimo... perché io... non voglio morire...». «Akana... una brutta notizia... Kelly è rimasta uccisa...». «Bastardo... portate il corpo in infermeria». Ora è tutto nelle mani di Herbert West IV. Le materie prime non gli mancano di certo sulla petroliera chimica Bow Orion. «Hai fatto un ottimo lavoro, Herbert. Migliori sempre di più». Gli occhi, fissi e inespressivi, hanno ripreso un barlume di vita. «Dunque è rimasta uccisa, ma non è morta... Questo buco nello stomaco è molto sexy». Akana le riabbottona la camicetta, ma non troppo: le grosse zinne rimangono bene in vista. Le labbra di Kelly Madison si muovono, senza emettere suoni. Le parole, dal timbro elettrico, giungono sfasate di qualche secondo, come in un doppiaggio sincronizzato male. «Certo che no...», commenta Akana DiChan, rivolta a Herbert West. La Madison porta al collo un cuore nero, che si illumina quando gli occhi della donna riprendono a fissare qualcosa di concreto, scuotendosi dal loro torpore. Non c'è respiro, l'ossigeno necessario è reso in forma liquida, nel sangue arricchito che scorre dalla flebo. «E con James... come la risolviamo, Anna?». Non farai la fine di Elsa, spero «Che vuol dire?». Anna Frentzen si umetta il labbro. Ed è l'unica risposta. L'appuntamento all'obitorio è solo rimandato.
di Salvatore Conte (2024) «Che cosa cerca esattamente, Mr. Reed?». «E me lo chiede, Signora? Risposte a questo gran casino... Lei non è preoccupata?». «Perché dovrei? Forse le cose andavano meglio, prima?». A Charles Reed manca la risposta. «Te la regalo, ma non montarti la testa». «Grazie, capo. È stupenda». «La usava per le esecuzioni». Oakmont affonda. Ma chi rimane cerca di adeguarsi in fretta. Venezia non è forse la città più invidiata al mondo? Il potere è potere, sulla terraferma o sull'acqua. E se qualche rivale batte in ritirata, tanto meglio. È così che la pensa Joe Denton. Anzi, bisogna approfittarne. La polizia non ha tempo per i soliti controlli. E se la città adesso rende meno, bisogna aumentare la quota di controllo: dal 50% al 100%... «Anna... ci sei?», Fred la chiama a gran voce.
«Che succede?». Arriva tosta e aggressiva, con un tommy-gun sottobraccio, sicura del fatto suo, sicura che nessuno oserebbe spararle addosso, la camicetta sempre sbottonata fino allo stomaco, le tette bene in vista (la sua assicurazione sulla vita): è Anna Frentzen, la gran fica di Oakmont. Impiegata di successo all'archivio dei giornali, ma soprattutto segretaria e amante di Joe Denton, uno dei due boss della città. Forse non più avvenente come qualche anno prima, ma pur sempre la Frentzen...
«Ci hanno attaccato...! Joe è morto... sono morti tutti...». Nessuna reazione. «Sei sicuro?». Annuisce. «Tu sai questo cosa significa, Fred?». «Che sono morti tutti...». Tanti muscoli, ma poco cervello. «Che tra poco saremo morti anche io e te. Perché Walker verrà qui ad aprire la cassaforte. Ma c'è qualcosa che noi possiamo fare... Aprirla, svuotarla e tagliare la corda... Sei con me, Fred? Sono io il capo, adesso. Ricostruiremo la banda», lo fissa seria, attendendosi la sua sudditanza; come alternativa, lancia un occhio al tommy-gun, pronta a usarlo, se necessario. «Non abbiamo altra scelta, Anna. Ma io e te...». «Niente vincoli, Fred. Sono una donna libera. Vedremo. Voglio sapere che intendi fare, non abbiamo molto tempo...». «Va bene, boss...», e le bacia la canna del tommy-gun, come si usa in queste circostanze. La Frentzen non perde tempo. Apre la cassaforte e mette in una borsa le mazzette dei dollari. È il tesoro della banda. RAT-RAT-RAT Fred rientra nella stanza crivellato di colpi. La Frentzen capisce all'istante: «Dannazione, sono già qui...». «Anna, non voglio ammazzarti! Vieni giù con le mani in alto. Oppure vengo a prenderti! E allora potresti beccarti qualche pallottola! Sarebbe un peccato lasciarti qui cadavere! Un peccato per tutta la città!». «Ascolta, Fred... mi dispiace, ma ormai sei fottuto. Devi farmi un ultimo favore, o ci rimetto la pelle anch'io... Me ne vado dal cornicione, alla peggio mi faccio un tuffo. Tu devi cercare di trattenerli, okay? Addio, Fred... e grazie...», lo bacia veloce sul labbro e fa per andarsene, puntando la finestra. È sicura, troppo sicura di sé... Fred è in agonia, steso su una poltrona nello studio di Joe Denton. «Anna...». Si volta, senza sospettare nulla. «Tu... verrai con me...». «No...!», adesso ha capito.
POW Un colpo di revolver nello stomaco, quasi in mezzo alle tette! Lo sguardo ghiacciato, scivola lungo la parete e finisce seduta a terra, lasciando un'orrenda scia di sangue sul muro... È una vista che fa rabbrividire! È assurdo, ma non ci sono dubbi... È la fine di Anna Frentzen! «Anna... che combini? Sto venendo a prenderti!». Poco dopo se la ritrova con la bocca spalancata, il corpo che restituisce dei sussulti quasi meccanici, gli occhi sbarrati. La scena del delitto è chiara, Fred è crepato, ha sparato sulla Frentzen insieme all'ultimo rantolo. La voleva per sé, come tutti; e non potendola più avere, se l'è portata dietro; all'inferno; e ha usato un rivoltella speciale, per farlo: Walker riconosce subito la calibro 38, con il calcio in madreperla, appartenuta ad Al Capone. «Sciacallo...», pensando l'abbia ottenuta adesso. Walker si mette in tasca il revolver, che da ora diventerà famoso per altro, e torreggia sul donnone, cercando di dominarsi. Gli sembra assurdo pensarlo, ma Anna Frentzen è rimasta uccisa; lo sa anche lui. Chiamare un motoscafo-ambulanza servirà a poco. Si abbassa e le prende la mano. «Un asciugamano, presto... Se il telefono funziona, chiamate un'ambulanza... specificate che si tratta di Anna Frentzen e che ha molta fretta...». Non serve a molto, ma le tampona lo stomaco e le blocca le cosce a terra, perché si scuotono convulsamente. «John... volevo... il mio impero... Ma tu... non avresti... mai... sparato...».
«No, è vero...». «John... non so... come fare... non... nhh... non voglio... morire... John...». «Anna... sei grande e grossa, puoi farcela... Ho chiamato l'ambulanza, sarà qui a momenti...». «Capo... l'acqua sta salendo... e anche piuttosto in fretta...». «La marea è ormai al culmine, idiota! E poi ho da fare con la Frentzen, non lo vedi? Mi sta crepando in faccia...». Lei vorrebbe tentare; ma il tempo stringe. «John... l'ambulanza...». «Adesso arriva, Anna...». «John... voglio... salvarmi...». «Ti salverai, Anna». «John... ho paura...». «Devi stare calma, Anna». Splut! La Frentzen butta fuori un grosso fiotto di sangue... «John... è finita...». «Non ancora, Anna». «John...!», lo chiama con un'ansia particolare nella voce. «J...o...h...n...», ripete il nome, molto più lentamente, come una conferma, e rimane a bocca aperta, a fissare non si sa cosa. Walker le passa la mano davanti agli occhi. E smette di premerle l'asciugamano contro lo stomaco bucato. Si rialza e annuncia ai suoi: «Anna Frentzen è morta, ragazzi. Ha lottato per qualche minuto, non voleva arrendersi, ma non ce l'ha fatta». Ormai lo si era capito, ma giunge comunque un brusio di stupore. «Si è beccata una brutta pallottola, non poteva salvarsi. Meglio per lei se non c'ha messo molto, inutile farsi sbudellare in ospedale, in questi casi. Comunque non siamo stati noi. Hanno fatto tutto fra di loro. Uno dei ragazzi di Denton ha sparato contro la Frentzen. Scommetto che volete vederla. Fatelo, ma senza toccarla, né perdere tempo. Un'occhiata e via, perché dobbiamo andarcene». L'acqua già lambisce il prestigioso cadavere. «Grandissima puttana... spettacolare vederla crepata...». «Stavolta le ha girato tutto contro...». «Però dallo sguardo pareva convinta di potersi salvare: sembra ancora non capire quello che le è successo...». I commenti della banda. «L'ambulanza è arrivata, capo». «Dite a quei ragazzi che la Frentzen non ha più tanta fretta. Basta una lettiga da obitorio. A quell'altro ci penseranno le piovre». Uno degli infermieri controlla gli occhi della donna, poi insieme all'altro la carica sulla barella e le stende addosso - fino in faccia - un lenzuolo mortuario, che si adagia funesto sulle grosse forme dello spettacolare cadavere, e si macchia subito di lordura rossastra nella zona dello stomaco. Mentre la caricano sul piccolo motoscafo-ambulanza, un braccio si stacca dal corpo e rimane a penzolare macabro dal bordo della lettiga. Sembra il saluto di Anna Frentzen a quella platea silenziosa che la vede sfilare via cadavere, senza il brivido di una disperata corsa in ospedale, con la notizia fatale dilatata di un'oretta, tra smentite e conferme. Qui non ci sono rinvii: la Frentzen ha già il lenzuolo sulla faccia... L'ambulanza riparte senza urgenza, diretta all'obitorio di Oakmont. «Addio, Anna. Hai tentato il grande colpo, ma hai fatto il grande salto. Fra non molto verrò a salutarti in privato...», mormora il boss dalla finestra. Prima di andarsene, Walker tira fuori dalla tasca il revolver di Fred, la pistola maledetta che ha esploso un colpo mortale all'indirizzo di Anna Frentzen... «E così la famosa Anna Frentzen è rimasta uccisa?». «Sì, caricata morta sull'ambulanza... con un grosso buco nello stomaco... Voleva scappare con i soldi di Denton. Il famoso corpo adesso sta all'obitorio». «Strano che una del genere si sia fatta fregare così». «Nessuno è perfetto. Ha tirato troppo la corda. Ma era ancora viva quando è arrivato il capo, anche se c'è stato poco da fare.
Non voleva proprio crepare, stando a
quanto mi hanno raccontato. Era talmente disperata che le cosce rimbalzavano sul pavimento. Ma dopo non molto è arrivata morte. Anna Frentzen è affondata... insieme a questa città... Stavolta ha trovato qualcuno che ha avuto il coraggio di spararle addosso e che le ha fatto molto male...». «Un peccato per Oakmont, ti confesso che quando andavo all'archivio dei giornali mi bagnavo tutto nel vederla... sempre sbottonata fino allo stomaco... che mignottona...». «Non ti do certo torto... era una gran puttana; sempre in giro allentata, senza reggiseno, con le tette molli a penzoloni... Ma si è montata la testa e l'ha pagata cara». «Ehi...!». «Che c'è?». «Un tentacolo...». «Maledette bestiacce. Teniamo gli occhi aperti...». «Tu hai capito perché siamo qui?». «Certo che l'ho capito. Questo era il quartier generale di Denton: i suoi uomini sono quasi tutti morti, compreso lui e la Frentzen, ma qualcuno potrebbe ancora farsi vivo... Il capo vuole essere sicuro che nessuno riprenda in mano le redini della banda». «È rimasto poco, comunque. Lo stabile è mezzo sommerso». «Tutta la città è mezza sommersa...». «Ehi...!». «Ancora?». «Ma...! Quello non è il cadavere della Frentzen?». «Cristo Dio! Hai ragione, è lei... Ma che è successo all'ambulanza? La corrente lo sta portando in giro, allentato come sempre...».
«Perché non lo tiriamo su?». RAT-RAT-RAT «Maledette bestiacce...». «Che fai?! Stai attento, l'hai colpita?». «Che importanza ha? Comunque adesso controlliamo... No, vedi? Ha solo il buco nello stomaco...». «Povera donna... ridotta così non sembra più tanto invincibile...». «A chi possiamo portarla?». «Non lo so ancora, ma intanto abbiamo evitato che finisse nelle fauci di quei mostri... con il tommy-gun hai troncato di netto il maledetto tentacolo. Ma il pezzo rimasto non si stacca dal braccio...». «Lascialo così, non fa niente. E tieni gli occhi aperti: quelle piovre sono aggressive, possono attaccarci all'improvviso. Se si cade in acqua, è finita!». «Cough!». «Hai la tosse, Bill?». «No, perché?». «Hai tossito...». «Non ho tossito». «Ti dico che hai tossito. Ma non è una colpa. Può capitare». «Cough! Cough!». «Ecco... capita...». «Ma...». Bill e Jim rimangono a bocca aperta. Anna Frentzen ha tossito...! «Oddio... la Frentzen...». «Signora Frentzen... stia calma...». «Cerchiamo noi di stare calmi... Che succede? Non era morta?», lo sguardo si fissa sul tentacolo troncato, rimasto avvinghiato al braccio sinistro di Anna. «Queste bestie sono misteriose: gli aculei del tentacolo devono averla punta, ma lo shock, anziché ucciderla, l'ha rianimata...». «Il buco nello stomaco però rimane... Deciderà il capo cosa fare». «D'accordo, d'accordo, cerchiamo di stare calmi...». «Jim...!». «Che altro c'è, adesso?». «Chi cazzo è quello? Sta puntando verso di noi». «È un investigatore privato, un tipo strano». «Un ficcanaso... Ci penso io». «Va bene, ma senza far rumore, okay? Abbiamo cose più importanti da gestire, adesso...». «Mi chiamo Charles Reed e sto indagando sull'omicidio di Anna Frentzen. La polizia di Oakmont mi ha delegato le indagini, poiché non hanno abbastanza uomini. In seguito a un regolamento di conti tra le bande Denton e Walker, è emerso che la donna sia rimasta uccisa in questo stabile. Faceva l'impiegata all'archivio dei giornali. Lei ne sa qualcosa?». «No, mi dispiace, detective; non ne so proprio niente». «La nomino assistente alle indagini. Mi aiuterà nella mia ispezione. Pare che la Frentzen sia rimasta uccisa da un colpo d'arma da fuoco che l'ha raggiunta allo stomaco. Io voglio sapere chi le ha sparato e perché. 54 anni, origini italiane, divorziata, molto chiacchierata in città, sempre al centro del gossip, definita "l'amante del boss", con riferimento a Denton. Il padre è stato avvertito con un telegramma. Arriverà a Oakmont domani, per conoscere tutti i dettagli sulla morte della figlia. L'acqua si sta abbassando, è la marea. Ecco... qui sulla parete c'è una grossa macchia di sangue... La Frentzen è stata colpita in questo punto: un proiettile molto potente l'ha trapassata. Eccolo qui conficcato nella parete, infatti... si direbbe un calibro 38. La donna dev'essere morta nello stesso punto, perché non ci sono altre scie di sangue. Questo asciugamano... è intriso di sangue... Qualcuno ha cercato di aiutare la Signora Frentzen. Le hanno tamponato lo stomaco, ma non c'è stato niente da fare. Possiamo desumere che non sia stata un'esecuzione ordinata dall'alto, ma un delitto incidentale, di cui al momento ci sfugge il movente. Domani il padre vorrà vedere il posto dove la figlia ha trovato la morte». «Sapevo che prima o poi avrebbe fatto questa fine, era molto ambiziosa... Ma era anche una brava donna, mia figlia... Di certo non meritava tutto questo: possibile, detective, che non ci sia stato modo di salvarla?». «Quando è arrivata l'ambulanza, sua figlia era già morta. Purtroppo il colpo è stato mortale: una calibro 38 sparata da non più di quattro metri che l'ha raggiunta in pieno stomaco. È stata soccorsa immediatamente, non è morta da sola, le hanno tamponato la ferita, ma è stato subito chiaro che non si sarebbe salvata». «Non è da Anna arrendersi», reagisce il padre. «Di sicuro ha lottato, non è morta sul colpo». «Certamente... ma non poteva farcela, mi dispiace». «Ehi, Charles... vieni qui... dobbiamo parlare...», l'invito viene da John Walker in persona. È uno di quegli inviti che è meglio non rifiutare. «Papà... rimani... vicino a me...». «Sì, bambina mia... stai tranquilla... non ti succederà niente... Me lo sentivo che non t'eri arresa... brava... fagli vedere chi sei....». Occhi sbarrati rivolti al soffitto della camera, volto cianotico, bocca aperta che rivela uno strano stupore. E quella camiciona sbottonata impiastrata di sangue coagulato. Lei non ci rinuncia mai. C’è scetticismo intorno ad Anna Frentzen, e non può essere altrimenti. Si teme che la situazione possa precipitare da un momento all’altro. Una marea infernale ha riportato a galla la Frentzen, ma le sue condizioni rimangono drammatiche. Walker viene costantemente aggiornato via telefono, il padre non la lascia un momento. Poi ci sono Bill e Joe, e l’anziana, arcigna infermiera che caritatevolmente asciuga il sudore freddo della Frentzen, come si trattasse di una statua di cera che rischia di sciogliersi. E c'è anche Charles Reed, ormai sul libro-paga di Walker. Si è deciso di non portarla in ospedale: il caso è troppo anomalo. Gli effetti prodotti dal tentacolo sono imprevedibili: i protocolli ordinari potrebbero aggravare la situazione. Anna ha raccontato di aver riaperto gli occhi in acqua. L'ambulanza è stata attaccata da una o più piovre giganti, le stesse che infestano Oakmont da settimane. Nessuna traccia dei due infermieri a bordo. «Su, Anna…», le dice il boss, come se per la Frentzen fosse una cosa semplice sbattersi in giro senza uno stomaco. Walker le ha messo a disposizione ossigeno e plasma. Un medico di fiducia della banda la visita due volte al giorno. Il boss non bada a spese pur di allungare l’agonia della Frentzen, anche se l'obitorio è solo rinviato. Anna lo capisce, ma non invoca l’ospedale, perché non vuole morire scannata sotto i ferri. «John… io ci provo…», ci tiene a dire, rivolta al boss. «Se vai in crisi, c’è pronto l’ossigeno». Non vuole demoralizzarla con le previsioni funeste del medico. «Io… non rimarrò… uccisa…». «No… te la caverai…». La asseconda. Ma ai suoi uomini dice la verità. Nessun futuro per Anna Frentzen. Oakmont dovrà fare a meno di lei e trovarsi un’altra gran puttana con la camicetta sbottonata fino allo stomaco e le tette penzolanti. «Anna... non stai tirando troppo la corda... con il boss...?». «No, papà... lui è in pena per me... dev'essere mio...
Lui deve sposare me...». «È morta?», la domanda ricorrente tra gli uomini di Walker. C’è molta attesa, molta apprensione per la sorte di Anna. Si spera quasi che la faccia finita subito, così da non tenerli con il fiato sospeso. «Quanto manca?». Si cerca a tutti i costi di capire. «Se il padre non la lascia un attimo, vuol dire che la fine è imminente». «Io pensavo che sarebbe morta per una scarica di tommy-gun, insieme al suo boss, a letto». «No, un colpo solo, ma ben piazzato. Le ha fatto saltare lo stomaco. Nessuno scampo. Niente di romantico. Uno dei suoi che, morendo, se l’è portata dietro». «Una fine da stupida, per certi versi. Una fine non da Frentzen». «Non ci si può scrivere la parte da soli. Siamo attori, non sceneggiatori, sul palcoscenico del nostro destino: dobbiamo accettare la parte, anche se non ci piace. Lei non pensava certo di morire così». «Ma secondo te, la Frentzen si sta spremendo?». «Certo. Le sta provando tutte. Non vuole morire, è ambiziosa. Ma si troverà la strada sbarrata». «La sua voglia di salvarsi quanto può incidere?». «Adesso tanto, poi, però, dovrà arrendersi. Con soltanto un pezzettino di stomaco, e continue emorragie, non si può vivere». «Però al momento la situazione è sotto controllo…». «Diciamo di sì, in qualche modo si sa gestire. Ha una fottuta paura di morire. E l’adrenalina vuole dire tanto in queste occasioni. Tornata a sorpresa in gioco, non si farà eliminare tanto facilmente, ha fatto esperienza, non perderà un'occasione così grande di impressionare il suo pubblico...». «Stai diventando ottimista…». «Anna Frentzen la conoscono tutti: non è facile toglierla di mezzo. È una che non si arrende mai. Altrimenti a 54 anni non sarebbe la più grossa fica di Oakmont. Si è fatta sorprendere una volta, non credo ci caschi ancora, alla sua pelle ci tiene, la vecchia troia...». «Ora la fai troppo facile…». «Sono realista. Il boss la tiene sotto stretto controllo. Al suo capezzale ha un ottimo medico, un’esperta infermiera e il devoto padre, con apparecchiature e medicine: una macchina da guerra per tenere a galla Anna Frentzen, mentre la città affonda...». «Hai dimenticato lo strambo investigatore che ha studiato quei mostri... e che sospetta un atto doloso da parte di un certo Dagon...». «Tanta attenzione per questa gran puttana, poca per Oakmont: come si spiega?». «La Frentzen non si spiega: si impone da sé. Non ce ne sono come lei. Se ne accorgono tutti, quando la vedono. C'è tanta preoccupazione intorno a lei. Diverrebbe addirittura panico, se circolasse la notizia della sua morte... Per Oakmont sarebbe la fine definitiva...». «I problemi di Anna Frentzen non sono finiti: come se non bastassero il grosso buco nello stomaco e la putrefazione al braccio, nel punto in cui è stata avvinghiata dalla piovra, adesso la pupa del boss la vuole morta... Le ha promesso una scarica di tommy-gun tutta per lei. In alternativa, un coltellaccio da cucina, da spingersi in pancia da sola...». «Però non ha tutti i torti... il boss sta esagerando...», sussurrando appena. «La Frentzen come l'ha presa?». «Non rimarrò uccisa, nessuno mi toccherà, a me un coltellaccio in panza mi fa una sega: pare abbia risposto così». «La Frentzen si è montata la testa, ma potrebbe essere vero, in fondo. Ha addosso talmente tanta adrenalina che non la darei per morta nemmeno con un coltellaccio in pancia...». «Tra Kelly e Anna, per chi tifi?». «Noi dobbiamo tifare per Kelly... però anche la Frentzen merita rispetto». «Ha l'acqua fino al collo, come questa maledetta città...». «Se non sta molto attenta, la Frentzen affonda in un mare di merda...».
«Però se ha Dagon dalla sua, credimi, sarà meglio non contraddirla!».
PeR UNA DIRettrice CORROTTA di Salvatore Conte (1976-2024)
La Direttrice faceva quello che voleva nel suo carcere. Ma adesso la musica è cambiata, perché Madame Brutal ha assunto il potere assoluto all'interno del penitenziario brasiliano diretto dalla grande cessa della sua amica Dolores.
«Spiacente per lei, ma...», Goldrake replica a Sheila, la spia infiltrata nel carcere, «c'è una rivolta in corso, e se la trovano i carcerati, la faranno a pezzi...». «La Direttrice sta morendo...!», urla una guardia nella confusione generale. «Dispiace per lei, ma l'avevo detto... Madame Brutal le ha fatto esplodere lo stomaco, qui davanti a me. È strisciata fuori, vuole salvarsi con feroce determinazione, ma temo sia finita. L'ha presa in pieno stomaco. A caldo è riuscita a reagire, ma non poteva fare molta strada, non le rimane molto tempo. D'altronde, anche se mi ha aiutato, era una Direttrice corrotta. Forse è meglio che sia andata così». «Lo penso anch'io... Però se riesci a cavarle qualcosa, prima che crepi, è meglio...». «Okay, ci provo...». Sheila intercetta subito una guardia: «Dove si trova la Direttrice?». «La stanno portando in infermeria... strillano tutti come matti... ma secondo me ormai è morta...». «Devo parlarle, prima che sia troppo tardi... portami da lei...». «Io... io... volevo... ghh... raggiungere il potere... hhh... attraverso... Madame Brutal...
Non giudicarmi... Sheila... hhh... ghh... era... la mia ultima... possibilità... uhhh... non sono più... tanto giovane... ohhh... ormai... uhh... faccio schifo... mi sono gonfiata... ahh... ma un tempo... ohh... ero bona... ghh... hh... da morire...», la Direttrice - tra un mancamento e un rantolo - vuole parlare a tutti i costi. Fatica enormemente a tenersi legata alla vita, ma cerca di andare avanti, non vuole crepare. «Sta arrivando un elicottero per portarti in ospedale, Dolores... Risparmia il fiato, non te ne rimane molto...». «Lo so... io... io... ghh... sto morendo... come una cagna... hhh...». «Quella psicopatica di Madame Brutal ha sparato per ucciderti; mi dispiace, Dolores. Il danno che ha fatto è enorme. Non te lo meritavi; hai sbagliato, è vero, ma hai pagato un prezzo troppo alto...». «Sì, è vero! Perdere Dolores è un danno enorme, ecco perché sono qui...!». «Madame Brutal...?!». RAT-RAT-RAT «Addio, Sheila. Tu verrai con me, Dolores, sul mio elicottero. Non puoi fallire, vecchia puttana... lavorerai per me...», e con una mano le preme dolcemente lo stomaco, aiutandola a tamponarsi. La Direttrice sente un po' di vita in corpo. «Ghh...», e risponde con un rantolo alle cure di Madame Brutal. Dunque, infine, ancora una volta, Goldrake è beffato! E IL FUNERALE DEI TOPI di Bram Stoker e Salvatore Conte (1896-2024) Lasciata Parigi per la strada di Orléans, ci si trova in una zona aspra e inospitale, detta Montrouge. Se ci si allontana di poco dalla strada, le cose peggiorano enormemente: a destra e a sinistra, dinanzi e alle spalle, da ogni parte si ergono alti cumuli di immondizie e rifiuti accumulatisi col passare degli anni. D'altronde le immondizie sono immondizie in tutto il mondo, e tutti i mucchi di immondizie si assomigliano, e sembra che non cambi mai nulla intorno a loro. Perciò i dintorni di
Montrouge, nella Grande
Parigi del 1850, non sono molto diversi da alcune zone suburbane della Londra di
oggi, 10 anni più tardi.
Come tutti i turisti, esaurii i luoghi di maggiore interesse nel corso del mio
primo mese di soggiorno; durante il secondo mese mi impegnai nella ricerca di
nuovi spunti di divertimento. In un tardo pomeriggio della fine di settembre varcai le porte della città dei rifiuti. Il
posto, infatti, sembrava il domicilio riconosciuto di un certo numero di
chiffoniers, e nella formazione dei cumuli di immondizie ai lati della strada si
notava una certa sistematicità. Giunsi infine in quello che si sarebbe detto il quartiere centrale della città: si trattava di un certo numero di baracche vicine tra loro, tirate su alla buona. Dopo circa duecento passi, la stradina si allargò in uno spiazzo, coperto in parte da una rudimentale tettoia. Sotto questa, stava seduta una vecchia tutto sommato graziosa, nonostante gli anni.
Mi avvicinai per chiederle dove mi avrebbe portato quella strada, qualora avessi scelto di proseguire. Era molto vecchia, molto più della Rivoluzione. Penso avesse non meno di 80 anni, forse 85. Probabilmente quando la Bastiglia cadeva, lei era già una donna. Tuttavia, benché grinzosa, non era del tutto avvizzita: appariva ancora solida nel fisico, e il volto, brunito dal sole estivo e ravvivato da un leggero trucco, esprimeva una certa classe; anche i capelli, sebbene completamente grigi, erano in ordine, folti e tagliati corti a caschetto. Forse faceva ancora la puttana, perché indossava un camicione sbottonato fino allo stomaco, senza niente sotto, con vista immediata sulle vecchie tette ammiccanti. Sembrava una grossa oliva spremuta per la terza o quarta volta, ma ancora in grado di fare olio. Come mi vide, si alzò e attaccò subito a chiacchierare; sembrava stesse lì ad aspettarmi. Mi balenò l'idea che quel luogo, fulcro del regno dei rifiuti, fosse senz'altro il più adatto per raccogliere notizie sulla storia degli straccivendoli parigini, anche perché le informazioni sarebbero scaturite dalle labbra di una delle più vecchie abitanti, forse dalla Regina di Montrouge in persona, in un certo senso, vista l'età venerabile, una certa classe, il fisico e il camicione rosso in buone condizioni e bene aperto. Le
posi alcune domande e la vecchia mi fornì risposte molto interessanti. Mentre stavamo
conversando spuntò da dietro la baracca un vecchio, ancora più in là con gli
anni e ancor più rugoso della donna. Mi
trovavo dunque seduto sotto la tettoia, con la vecchia bagascia alla mia
sinistra e l'uomo a destra, ma sistemati in modo tale che più o meno mi stavano
di fronte. Lo spazio intorno era ingombro dei più strani rifiuti, e di parecchie
altre cose che avrei preferito fossero mille miglia lontano da me. Eppure non ero eccessivamente preoccupato. Il racconto dei due vecchi era così affascinante che stavo ad ascoltarli senza più badare al tempo che passava, finché calò la sera e spuntò la luna. I capelli della vecchia, e tutto il resto della figura, si illuminarono di riflessi argentei. Le zinne pulsavano nel camicione, cercando disperatamente di farsi notare.
A un certo punto, però, avvertii un senso di disagio; non saprei spiegare
esattamente il perché, ma sta di fatto che fui preso da una sensazione
spiacevole. L'inquietudine è dettata dall'istinto ed è sempre premonitrice. E poi, all'improvviso, mi resi conto, pur senza una causa precisa, di essere in pericolo. «Sta calmo e fai finta di nulla», mi consigliò la prudenza; così mantenni la calma e non lasciai trapelare nessuna emozione, ben sapendo di avere quattro occhi fissi su di me. Quattro occhi... se non di più. Dio
mio, che pensiero tremendo! La piazzetta poteva essere accerchiata da delinquenti. E
c'erano altre ombre ancora... e sussurri... Povera me... ora sono vecchia e logora... ma un tempo anch'io possedevo anelli così... tanti, anche... e bracciali, e orecchini...», la vecchia si stirò addosso il camicione, da vecchia sorcona, evidenziando la pancia molle e le tette cedenti; senza paura, come avesse ancora trentanni; la lingua fece capolino dal labbro; tutto questo forse perché un paio di volte le avevo messo gli occhi nella profonda scollatura del camicione. «Avevo mezza Parigi ai miei piedi». In effetti non era difficile da credere. «La classe non invecchia... non dovete commiserarvi, tuttaltro... Come vi chiamate?», il mio complimento era sincero; e poi mi conveniva essere gentile. «Annette... m'sieur... Annette Frazeur... Voi siete molto gentile, ma ora... quei tipi... se non sono morti... si sono scordati di me. Mi hanno dimenticato. Che dico... non sanno neppure che sono ancora viva!». Concluse con rabbia, rivendicando l'età venerabile.
«Viva... e ancora importante, e imponente...», la lusingai volentieri. È un
anello talmente bello...». Ma
forse la causa andava ricercata unicamente nella mia ipersensibilità; sta di
fatto che mi sembrò di capire che l'esortazione non fosse diretta a me. Ho imparato tante cose sulle fogne, da quel giorno, e sui topi, anche! Non scorderò mai quel posto vivo di occhi lucenti, un'intera parete che si ergeva là dove finiva l'alone delle nostre torce...
Infine, arrivammo sotto la mia casa. Doveva aver lottato, anche dopo aver perduto la torcia, ma erano in troppi per lui. E non se l'erano certo presa comoda! Le ossa erano ancora tiepide, ma completamente spolpate. Si erano divorati perfino i loro morti; accanto alle ossa umane si potevano distinguere infatti piccoli scheletri di topo. Gli altri non ne fecero una gran tragedia - gli umani,
intendo - e risero sul loro amico morto, anche se da vivo erano stati disposti
ad aiutarlo. Ma poi, vivo o morto, che differenza fa?». Volli che gli uomini mi stessero dietro, abitudine che ho conservato. Mi piace stare in testa: tutto quello che chiedo è che mi si diano possibilità e mezzi...», parlava da regina, in effetti; era ancora ambiziosa. Si stirò addosso il camicione, osservandomi per constatare la mia reazione. Cercai di non deluderla.
«Insomma, lo divorarono! Mi teneva in pugno. Potevo leggere fra le righe di quella storia cruenta le parole d'ordine per i suoi complici. State calmi, sembrava dire, attendete il
momento giusto. Darò io il primo colpo. Trovatemi l'arma adatta e saprò cogliere
l'opportunità al volo: non ci sfuggirà. Basta condurre il gioco con calma e
nessuno ci darà meno noia di lui. Non si leverà di qui neppure un grido, e i
topi faranno il resto! La vecchia Annette può scaldarvi meglio di quanto pensiate...», e trascinò lo sgabello verso di me, quasi cadendomi addosso. Le passai un braccio intorno ai fianchi pesanti: la carne era flaccida, ma la sensualità da vecchia troia era lungi dall'essere morta. «Stavate per cadere...». «Addosso a voi, m'sieur, non mi sarei certo fatta male...».
«Nemmeno io, d'altronde, madame...». Stavo dimenticando il pericolo che mi circondava.
Tornai padrone di me stesso, intuendo che il momento dell'azione si stava avvicinando. Buon Dio, non c'era più...! Tutto l'orrore della situazione parve sopraffarmi.
Ma il pensiero più triste era quanto avrebbe sofferto la mia cara Alice se le
cose, come sembrava, si fossero messe al peggio. «Non sono finita... posso essere vostra... m'sieur..., la vecchia sorcona cercava di sedurmi, trascinandomi la mano sulle zinne molli. Ma io non dovevo mollare, anzi ne approfittai. Sapendo dove pescare, scattai sulla mano nascosta e mi impossessai del coltellaccio! Avrei potuto piantarglielo nella pancia da vecchia cessa, ma non ebbi il coraggio di farlo. La spinsi però addosso a Pierre per creare confusione e cominciai a correre con in pugno il coltello sottratto alla vecchia. Nessuno ebbe il fegato di affrontarmi, ma ben presto cominciarono a inseguirmi ben sapendo che non sapevo minimamente dove andare. Stavo proseguendo lungo la strada che mi aveva condotto fino allo spiazzo dove avevo incontrato la vecchia sorcona. Dopo un certo tratto, mi fermai per riprendere fiato e studiare la situazione. E fu allora che la vidi! Era lei, nel suo camicione rosso! Annette! Viaggiava possente su una slitta a ruote, trainata da cani feroci!
Non si fermava davanti a nulla...! Cosa mai doveva essere stata nel pieno della gioventù! Dietro di lei, molti uomini. Ripresi a correre, ma la stradina ormai non si distingueva più, tra mucchi di immondizia, paludi melmose e luridi canali di scolo. Annette era scesa dalla slitta e con indicazioni silenziose organizzava gli uomini, avanzando pesante a passo senile.
Da quel momento ebbe inizio una caccia veramente orribile.
Quella loro risolutezza
silenziosa, quella persistenza allucinante, anche in una simile circostanza, non
poteva non suscitare, assieme alla paura, un certo senso di rispetto. Ripresi la corsa; il terreno si faceva sempre più accidentato e ogni volta inciampavo, cadevo, mi rialzavo e riprendevo di nuovo a correre con l'angoscia della preda braccata. E ancora una volta il pensiero di Alice mi diede coraggio. Non potevo, no, non potevo lasciarmi catturare e rovinarle in tal modo la vita: mi sarei battuto fino alla fine. Con uno sforzo enorme riuscii a inerpicarmi lungo un muro di cinta.
«Alto là!».
Istintivamente mi fermai, anche se alle spalle potevo sentire i passi dei miei
inseguitori.
Mentre cadevo in avanti, completamente esausto, un soldato mi prese al volo.
Guardai indietro in attesa di qualcosa di terribile e vidi la massa confusa di
forme scure, incluso un punto rosso, sparire nel buio della notte... «Ci proverò», risposi.
«È imprudente suscitare incidenti, commissario!», Annette
doveva aver suggestionato anche il comandante della guarnigione, evidentemente. Così uscimmo dalla guardiola, traversammo un passaggio a volta e fummo di nuovo nella notte.
Gli uomini che ci facevano strada erano provvisti di lanterne molto
forti. Venne dato ordine di marciare a due a due, e i soldati si incamminarono
così in fila, procedendo con un'andatura che stava tra la corsa e la camminata
di buon passo. Infine arrivammo nello spiazzo dove avevo parlato a lungo con Annette e Pierre.
Della vecchia, però, nessuna traccia. Fu uno di loro a chiamarci. Lo spettacolo era raccapricciante: a terra vi era lo scheletro di un uomo; tra le ossa baluginava la lama di un coltello. Riconobbi quegli stracci e infilando la mano nella tasche, ne ebbi conferma: mostrai la pipa al commissario. «Questo scheletro appartiene a un certo Pierre: era amico della vecchia». «Sì, lo conosciamo. La vecchia deve essersi liberata di lui. Come potete notare, di topi qui ce ne sono parecchi, se ne possono vedere gli occhi luccicare lì fra i mucchi di immondizie, e noterete anche...», l'uomo aveva appoggiato una mano sullo scheletro, «che hanno perso davvero ben poco tempo: le ossa sono ancora calde! Il funerale dei topi è rapido!». Con ogni probabilità era proprio andata così. Annette non aveva esitato a eliminare Pierre, pur di coprirsi la fuga. Era ancora lucida e solida come durante l'assalto alla Bastiglia di 60 anni prima. Le piaceva uccidere, ma non rimanere uccisa. Metteva la sua vita davanti a tutto; ed era sempre abile nel rimanere indenne. «Ora dobbiamo trovare la vecchia!», esclamò il commissario. I soldati interrogavano gli straccioni, perquisivano le baracche, rastrellavano la zona, ma senza troppa convinzione. La vecchia sorcona doveva avere degli alleati nella guarnigione. Stavolta, comunque, ero io il cacciatore e lei la preda. Cominciai a riflettere: dove poteva nascondersi Annette? Doveva avere un covo segreto, dove si sentiva la Regina di Montrouge, la Regina degli Straccioni di Francia... E Pierre doveva conoscere quel posto... Ripensai al putrido acquitrino in cui mi ero casualmente cacciato. Doveva essere alimentato da un canale di scolo, proveniente dalla città. Forse Annette stava fuggendo su una piccola imbarcazione a remi, diretta all'imbocco delle fogne parigine, dove non avrebbe avuto difficoltà a dileguarsi. Il suo racconto lasciava immaginare questo. Fingendo di partecipare al rastrellamento, tornai in quella direzione e mi appostai attorno a un ponticello che scavalcava il canale, poco prima dell'imbocco fognario. Annette era molto anziana, non poteva remare velocemente, forse ero riuscito a precederla. Il camicione rosso emerse dall'oscurità, passando sotto il ponte. Si trattava di una piccola chiatta monoposto, il livello del liquame appariva infatti piuttosto basso. Saltai in acqua e bloccai con facilità la piccola imbarcazione. Il liquame non superava di molto le ginocchia. Annette non fu particolarmente stupita di vedermi. «Ho visto come mi guardavate... m'sieur... Vi piacciono le vecchie?». «Non tutte sono belle come voi, madame...». Tirai in secco la barchetta e l'aiutai a scendere. «È ora che ti sistemi, Annette. Prendiamo una carrozza...». «Ma m'sieur... non conosco nemmeno il vostro nome...». «Abraham... Abraham Stoker...
Con una pelliccia addosso, nessuno ti chiederà
l'età. Non mi feci più vivo con Alice. Da allora sto bene con la mia donna, Annette Frazeur, l'Ancienne Déboutonnée; l'ho fatta pure lavorare; piace sempre; il suo camicione sbottonato fino allo stomaco e la pancia grassa, bella gonfia, da vecchia sorcona, sono trappole per topi; spendono tanti soldi per averla. Non mi sono mai troppo preoccupato dei suoi anni, anche se adesso sono diventati veramente tanti, e comincio ad avere paura, perché è malandata e stanca. Ma non sono sazio; e nemmeno lei. Festeggiamo il nostro decennale con questo racconto e tiriamo avanti, senza smettere di lavorare, perché la vogliono in tanti. |
|