Djanga contro la Bandolera
DJANGA CONTRO LA BANDOLERA
di Federico Bianchini e Salvatore Conte (2021-2024)
Interpreti |
Personaggi |
Leila Hanna Anna Frezzante Adrienne Barbeau Anthony Steffen Bianca Bloom Eduardo Fajardo Europe DiChan Franco Nero Gianni Garko Jean-Louis Trintignant Kelly Madison Leonard Mann Lex Love Luciana Paluzzi Mario Brega Mark Damon Miriam Gonzalez Monica Bellucci Nathalie Fadlallah Romina Lopez Saada Selvaggia Lucarelli Sun Nejadi Terence Hill Treasure Chest Vanessa Del Rio |
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La pelle del viso ti brucia da morire, la gola è secca, arida, piena di polvere,
il sole ti ha quasi accecato.
Degli avvoltoi stanno volteggiando, non puoi vederli, ma li senti benissimo.
Ormai sei consapevole che manca poco alla tua fine, qui, in questo dannato
deserto, con lo stomaco bucato, a cuocere al sole, arsa dalla sete, sognando una
sigaretta.
Stai letteralmente per scoppiare: è una fine lenta e dolorosa, che non ti meriti, ma stavolta hai peccato di superbia, la grande Djanga è stata ingannata da una vecchia socia...
Evidentemente l'offerta che la Diabla ha fatto a Black Queen era superiore alla somma che avreste incassato dalla taglia, e ora ti trovi qua, a contare i secondi che mancano alla tua dipartita.
Da ovest arriva, con il sole rosso del tramonto alle spalle, la sagoma di un cavaliere vestito di nero, con mantellina e cappello, ormai ci vedi poco e la testa ti scoppia, forse è un'allucinazione.
Sarà la tua vecchia amica Morte, che
è venuta a salutarti per l'ultima volta, prima di portarti via.
L'uomo a cavallo si ferma pochi metri distante, il suo volto, come il resto del
corpo, è in ombra, si ferma e ti scruta.
«Sei... la morte?», biascichi, con quel poco di voce che ti è rimasta.
«Quasi», risponde il cavaliere, mentre si accende un sigaro mostrando per quel
breve secondo il suo volto. «Sono il becchino».
Riconosci l'uomo e riesci ad abbozzare un ghigno, il destino a volte è davvero
beffardo.
Perdi definitivamente conoscenza, mentre Sartana scende da cavallo e prende una
borraccia d'acqua e una pala...
Vai al 282.
Metti i dieci dollari sul tavolo, il messicano li prende e li controlla:
«Devi tenerci parecchio per pagare così tanto», commenta.
«Allora, posso vederla?».
«Primo piano, stanza due, mezzora.
E ricorda la mia proposta...».
Sopporti la sua risatina, sali di sopra e bussi alla camera di Lulù; una voce
femminile ti dice di entrare e tu apri la porta.
«Madame...», saluti, entrando.
Vedi una donna sui cinquantanni, anche di più forse, che si spazzola i
capelli allo specchio; indossa una blusa da messicana allacciata sullo stomaco,
gonfiata dalle pesanti tette.
«Oh, ogni tanto qualcuno che mi chiama "madame"», dice, continuando a
spazzolarsi i capelli. «Vieni avanti, ogni tanto c'è anche qualche bella donna».
«Madame, ho saputo che ha due biglietti per la diligenza di domani, io ne
avrei una grande necessità, così mi chiedevo se pagandola non...».
«Oh no, ho sudato per trovare quei soldi e comprarmi i biglietti, puoi
scordartelo», risponde seccata, puntando la spazzola verso di te. «Quelli sono i
biglietti per una nuova vita, e non li vendo nemmeno per cento dollari o
duecento».
«Beh, forse possiamo trovare... un accordo», insisti.
«E di che genere?».
«Forse posso fare qualcosa per te, sì, qualcosa che per te valga quei due
biglietti».
«Uhm... devi avere molta fretta, bella».
«Sì, abbastanza».
La donna riflette per un po', senza dire nulla, poi ti guarda: «Ci sai fare con
la pistola?».
«Sì, me la cavo», rispondi con modestia.
«Fai fuori quel serpente di Ramirez e i biglietti sono tuoi».
«Cobra Ramirez?».
«E chi se no?».
«Più che un serpente, m'è sembrato un grosso idiota».
«Attenta, non sottovalutarlo».
«E tu, ci sai fare con la pistola?».
«Me la cavo anch'io».
«In tal caso, visto che vuoi cambiar vita, avrei un nuovo lavoro da proporti...».
«Prima però devo licenziarmi da quello vecchio...
Dunque decidi, ma se non vuoi godere dei miei servigi, va via».
Non ti dispiacerebbe intrattenerti un po' con Lulù, è una gran cessa, ma non hai tempo per
divertirti.
«Il secondo biglietto per chi è?
Forse per le tue tette non te ne basta uno solo…».
«Spiritosa…
Mi faccio accompagnare da uno dei miei clienti più assidui, ha una cotta per
me».
«Sa sparare?».
«Se fosse veloce come a letto… sarebbe il pistolero più temibile del West…».
«Spiritosa…
Se non è veloce, non ti serve, e nemmeno a noi».
Detto questo, esci dalla stanza e scendi di sotto.
Se vuoi provocare Cobra Ramirez per sfidarlo a duello vai al 386,
se pensi che non ne valga la pena puoi cercare i biglietti in altro modo:
cercando Joe Dalton (vai al 168), Bill Duke (vai al 268), o rintracciando Sam
Wallash (vai al 490), altrimenti puoi sempre aspettare che torni Sartana,
sperando gli sia andata meglio (252).
Ricordi di aver già visto in Messico questa immagine, si tratta della Santa
Muerte, una figura legata ad un culto precolombiano di origine azteca. Questo
culto è rimasto presente nei secoli in alcuni piccoli gruppi messicani, e
recentemente sta ritornando in voga tra i peones e i banditi. In molti qui
vivono nella miseria e nell'ingiustizia e pare trovino conforto pregando questa
personificazione della Morte, perché, dicono, la Morte non fa distinzione tra
ricchi, poveri, banditi o uomini di legge.
Ovviamente non sai se la medaglietta appartenesse a Cobra Ramirez o fosse un suo
trofeo, come gli altri pendagli o le ciocche di capelli.
Esci dal saloon proprio mentre arriva lo sceriffo con due vice armati di
doppietta.
Se lo hai già incontrato vai al 372, altrimenti vai al 106.
21
Arrivate davanti all'ufficio dello sceriffo.
Entrate proprio mentre, con due vice, la sorella di Sabata sta sbattendo in
cella, senza troppi complimenti, un paio di cowboy.
«Hai tempo per noi?», le domanda Sartana.
Se avete già pranzato vai al 225, altrimenti vai al 216.
Il corpo di Black Queen è a mollo nel suo stesso sangue, l'hai fulminata con un preciso colpo allo stomaco; rinfoderi l'arma mentre arrivano tre cinesi a controllare.
Dai loro un dollaro: «Questo è per il segaossa, ma non so se c'arriva.
Altrimenti datelo al becchino».
L'incidente ha causato un gran caos, se Cuchilla era qui, di sicuro se ne è già
andata.
Puoi provare a cercarla al mercato (367), alla stazione di posta (131), o al saloon Lone Star (80); se ci hai già provato, ma senza successo, vai al 316.
Mentre arriva una barella per Black Queen, parli di lei a Bochra e Najada.
Dalla frenesia con cui i cinesi la portano via, si direbbe in fin di vita, un braccio le penzola nel vuoto dal bordo della barella; forse non volevi, ma c'ha rimesso la pelle.
I cinesi le urlano addosso per incoraggiarla; però sembra che Queen sia ormai cadavere.
Invece riesce a sussurrare qualcosa: «Ne ho viste... di peggio...», biascica tracotante, anche in punto di morte.
«Presto, presto! È viva!», urlano i cinesi, esaltati dalla reazione di Black Queen.
«Andiamo via anche noi...», dici alle tue compagne.
«Emiliano, presto», dice Rosita al bambino, «corri a chiamare Pedro, i
signori devono far riposare i cavalli».
Un minuto dopo ecco arrivare Pedro, il messicano che avete già incontrato due
volte oggi.
«Ben ritrovati, señores, ai vostri cavalli penso io, no se preocupe».
Affidati i cavalli alle cure di Pedro, potete ora riempirvi la pancia.
Vai al 260.
Certo, Kleo non vi ha fornito molte informazioni per cercare questa messicana, sapete solo che è sempre in mezzo ai guai e che ci sa fare col coltello.
Supponi sia una descrizione che corrisponda ad almeno metà delle messicane di
El Paso.
Per fare più in fretta decidete di dividervi, vi ritroverete fra due ore qui
davanti.
Se hai conosciuto Pedro, il messicano, vai al 72; altrimenti vai al
394.
La prima tappa del viaggio è El Paso: «Qui», dice Sartana, «c'è un uomo che può
darci delle informazioni sul colonnello Jackson e sulla sua mignotta».
Tu sei ancora dolorante e sei giorni a cavallo ti sfiancherebbero oltremodo,
così individuate due possibilità: raggiungere a cavallo Daisy Town, a solo un
paio di ore da qui, e prendere la diligenza, altrimenti partire alla volta di
Poker City, ad un giorno di strada, e prendere il treno.
Se andate a Daisy Town, vai al 111; se invece prendete la strada per Poker City,
vai al 223.
«Bene, Ringo,
spiegaci questo motivo», dice Sartana.
«Ecco, si tratta di mia moglie, due settimane fa gli uomini del colonnello
Jackson hanno fatto scorreria nel mio villaggio, mentre io ero via, e un
luogotenente di Jackson, una certa Djurada, l’ha rapita. A me non interessano i
soldi, voglio solo ritrovare mia moglie e portarla a casa».
Guardate Yuma: «Non sarebbe la prima volta», vi dice, «nelle scorrerie non
prendono solo denaro e cibo, spesso portano via le donne giovani e belle».
«Ma se ci sarai di impaccio, ti lasceremo indietro, moglie o non moglie», gli dice Sartana.
Ringo ringrazia e
potete riprendere la marcia.
Dopo non molto raggiungete il Rio Grande, il fiume che separa il Texas, e quindi
gli Stati Uniti, dal Messico.
Attraversate un lungo ponte per giungere dall'altra parte, entrando in Messico.
Vai al 155.
42
«Quella figlia di un serpente ha fatto un accordo con il governo del Texas: ha
venduto alcuni dei suoi compari più pericolosi in cambio della rimozione della
taglia. E ora se ne è andata tranquillamente nel New Mexico».
«E Black Queen?».
«Beh, Queen mi ha detto di salutarti, niente di personale ha tenuto a precisare,
solo affari. Se poi la Diabla ha voluto metterti una pallottola in pancia, lei
non ne ha colpa».
«Con Black Queen pareggerò i conti la prossima volta, ora dimmi perché hai
bisogno di me».
Vai al 487.
44
Lo sceriffo alla fine disperde la folla, e anche voi fate ritorno all'albergo.
Sembra che per la cittadina di Bronson questa sia stata una serata movimentata.
Tornate all'hotel e vi mettete a letto.
Il mattino seguente ripartite per El Paso.
Il viaggio prosegue senza ulteriori interruzioni, se non per le soste
intermedie; arrivate ad El Paso in tarda mattinata.
Vai al 511.
«Non lo so», dice Sartana, «non mi piace uccidere qualcuno per via di una donna.
Non mi interessano
le faccende amorose, non ci sono mai entrato e ne sto volentieri alla larga».
Yuma alza le spalle, mentre ti guarda con la sigaretta in bocca.
Ti alzi in piedi: «D'accordo, me la sbrigo io».
Sbuffando, esci dall'ufficio di Yuma e poi dal club; Keoma ti viene incontro:
«Allora? Ci sta?».
«Prima devo risolvere una faccenda... di cuore», rispondi, individuando
dall'altra parte della strada, in piedi vicino ad una staccionata, i due cowboy.
Attraversi la strada, i due stanno parlottando e sghignazzando, e non fanno caso
a te.
Facendo finta di niente, urti di proposito Slim, facendogli perdere
l'equilibrio.
L'uomo cade a terra
imprecando e si rialza con i pantaloni sporchi: «Brutta puttana!», esclama
inviperito. «Guarda cos'hai combinato!».
«La prossima volta evita di stare in mezzo alla strada, stoccafisso», gli
rispondi, facendogli pulsare la tempia.
«Come hai detto?», ringhia Slim.
«Meglio se chiedi scusa a mio fratello», grugnisce l'altro, «e gli paghi la
tintoria, o per te sono dolori, straniera».
Il vostro litigio sta attirando l'attenzione dei passanti, che però si stanno
tenendo alla larga, temendo una sparatoria.
«Non chiedo proprio scusa a nessuno, questa non è una sala da ballo, donnicciole».
«Cosa?!», i due arretrano di un paio di passi e mettono mano alle pistole.
Devi affrontarli insieme.
Vai al 174.
Ti fai largo tra la folla rumorosa
e raggiungi il tavolo di Cobra Ramirez, un messicano con un vestito verde da
charro; sta parlottando con un cowboy dal volto sfregiato che tiene in bocca un
fiammifero.
«Sei tu Cobra Ramirez?», domandi.
«Chi sei?», risponde prontamente.
«Cerco Lulù, è disponibile?».
«Ah, questa poi...
Dipende. Li hai dieci verdoni?
A meno che tu non voglia produrre
anziché consumare...», e ride come l'idiota che mostra di essere.
Se li hai e vuoi pagare vai al 16, se non li hai o non vuoi
spendere così tanto per una donna vai al 61.
Vi avvicinate al saloon da cui
proviene il solito chiasso, quando un uomo, evidentemente alticcio, viene
sbattuto fuori dalle porte dondolanti.
Un cartello all'ingresso recita: "Vietato l'ingresso ai cani e agli indiani".
«Forse è meglio se ti aspetto qui», dice Keoma.
Se vuoi entrare lo stesso con il tuo pard vai al 289, se concordi con lui, entra
da sola al 190.
Intanto anche
Cuchilla si è unita alla tavolata.
Sartana le chiede che strada intenda fare per raggiungere il covo di Jackson.
«Le strade per raggiungere la missione spagnola sono tutte pattugliate, señor;
c'è solo una strada da cui non si aspettano che qualcuno arrivi attraverso la
Sierra Encantada...».
Vai al 173.
Scendi dalla diligenza per andare a
vedere di cosa si tratta.
Con il cocchiere e la guardia raggiungete a piedi il carro: due avvoltoi stanno
pasteggiando con il cadavere di un uomo dal ventre squarciato da un coltello, i
cavalli non ci sono più, per terra c'è una gran confusione di abiti, merce,
sacchi, cassette di legno...
La vostra presenza scaccia gli uccellacci.
Getti un occhio dentro al carro dove avverti un fastidioso ronzio di mosche, e
allora vedi il corpo martoriato di una povera donna, ha la gola tagliata, così
come la gonna, la
sottana e le mutande, anche lungo le gambe ha del sangue rappreso.
Qualcuno l'ha violentata e poi uccisa.
Vai al 518.
Entri nel saloon: è
molto spazioso, c'è una grande sala con diversi tavolini, un palco per lo
spettacolo di ballo della sera, e una scalinata che porta di sopra.
Alzi lo sguardo e vedi alla balconata alcune donzelle in abiti vistosi che
salutano, mandano baci e ammiccano, nel tentativo di sedurre qualche avventore.
Ti avvicini al barista e gli domandi di Cuchilla.
«Se vuoi un'informazione devi comprare qualcosa», ti risponde, senza guardarti.
Ordini un bicchiere di whisky, il barista ti serve: «Oggi non si è vista. Prova
a chiedere ai suoi compari, là dietro».
Vedi due messicani intenti uno a pulire il pavimento e l'altro a svuotare le
sputacchiere.
Ti avvicini e chiedi di Cuchilla, ma nessuno dei due l'ha vista oggi.
Aguzza i sensi e vai al 302.
Prendi di tasca la borchia che hai
trovato sotto il cadavere della donna, sembra proprio quella mancante dal
cinturone di Garret, e ora capisci: lui è l'assassino, ha incolpato la
mezzosangue per far chiudere in fretta l'inchiesta.
Se vuoi avvisare lo sceriffo vai al 328, se invece vuoi lanciare la borchia a
Garret e vedere la sua reazione vai al 288.
93
«La storia dei biglietti sta diventando troppo complicata, io ho già fatto fuori
un grosso idiota chiamato Cobra Ramirez, e ricevuto il primo e ultimo warning
dello sceriffo, che include anche voi.
A questo punto, tanto vale arrivarci a cavallo a Poker City…».
Prendete due stanze all'hotel Liberty, mangiate al ristorante e la sera andate a
letto dopo una rapida bevuta al bar dell'albergo.
Vi svegliate poco dopo l'alba, prendete una bella tazza di caffè al ristornate
dell'hotel, pagate il conto e vi dirigete alla Wells Fargo, dove vedete la
Caravan Imperium con i suoi otto cavalli, pronta a partire.
Sai già che ti aspetta una lunga cavalcata verso Poker City e l'idea non ti
entusiasma, quando vedete l'impiegato della Wells Fargo farvi degli ampi gesti
con le braccia.
«Abbiamo tre posti liberi, signori.
Tre persone non si sono presentate.
Vi interessano ancora?».
«Sicuro», risponde Sartana scendendo. «Leghiamo i cavalli alla diligenza e
saliamo».
«Però ce ne bastano due: due biglietti li abbiamo già…», puntualizzi,
all’indirizzo dell’impiegato.
Salite dunque sulla spaziosa diligenza, dove viaggiano altre persone.
Gli Starrett però non si vedono, capisci che sono loro le persone che non si
sono presentate.
Alle otto precise la diligenza parte.
Vi mettete in viaggio verso la prossima stazione di posta a circa un'ora di
strada.
Vai al 179.
Gli indios, feriti,
si tengono le budella e si allontanano, lasciando una scia di sangue,
probabilmente non arriveranno a domani.
«Mi piange il cuore quando vedo dei miei fratelli ridursi così», dice Keoma
mettendo via il pugnale. «I bianchi li hanno resi schiavi dell'acqua di fuoco, e
in tanti hanno perso la loro fierezza di guerrieri.
Grazie, Cuchilla».
La messicana annuisce e tornate alla fiesta.
Vai al 120.
106
«Che succede qui?», tuona lo sceriffo Luke. «Chi ha fatto secco Cobra Ramirez?».
«È stato un caso di legittima difesa, sceriffo», rispondi, «tutti possono
testimoniarlo».
«Ti conosco, bella: tu sei Djanga, la cacciatrice di taglie».
«Al vostro servizio, sceriffo».
«Fa’ poco lo spiritosa, e vedi di lasciare la mia città entro domattina, o
saranno guai per te e il tuo amico».
«È mia intenzione andare via al più presto. Glielo assicuro».
«Ora vattene. Levatevi dai piedi».
Lasci lo sceriffo ed esci, tirandoti dietro la prostituta. Hai idea che con
quelle tette riuscirà ad ammorbidire molti problemi.
Se vuoi puoi attendere il ritorno di Sartana al 252,
altrimenti puoi cercare Joe Dalton (vai al 168), Bill Duke (vai al 268), o
rintracciare Sam Wallash (vai al 490).
Sellate i cavalli e prendete il
sentiero che conduce a Daisy Town.
La strada è poco frequentata, gli alberi sono radi in questa zona, ben presto vi
trovate in una zona pianeggiante dove coloni e rancheros gestiscono appezzamenti
per la coltura e per l'allevamento.
A poche miglia di distanza dalla cittadina iniziate ad incrociare cowboy a
cavallo, allevatori su carri o commercianti su calesse.
Daisy Town è stata fondata ormai venti anni fa, da allora è molto cresciuta,
superando i cinquecento abitanti, ai quali si aggiungono i coloni e allevatori
che abitano nelle fattorie o nei ranch nei dintorni, o i cercatori d'oro che
scendono dalle montagne una volta alla settimana per fare provviste.
Nonostante la buona volontà dei suoi abitanti, presto Daisy Town è diventata
preda di briganti e rapinatori, come sempre quando una cittadina si ingrandisce,
si arricchisce e diventa un piccolo centro commerciale, con saloon, negozi,
banche, e case da gioco.
Entrate in paese, come al solito la città è molto viva, con diverse persone in
giro o a cavallo, per affari e commercio.
Vi
fermate davanti alla Wells Fargo, l'agenzia che gestisce le diligenze in
transito per Daisy Town.
Tu e Sartana entrate a chiedere tre biglietti.
«Mi dispiace, signori, la diligenza Caravan Imperium di domani è al completo,
avrei posto fra... sette giorni può andare bene?».
«Una settimana? No che non va bene, dobbiamo partire domani», ringhia Sartana.
L'impiegato, intimorito, cerca di convincere il tuo compare: «Mi spiace, l'Imperium
è una diligenza molto grande, da dodici posti e quattro coppie di cavalli a
tirare, ma i posti sono già stati tutti venduti... se avete molta fretta posso
solo suggerirvi... beh, di convincere chi ha acquistato i biglietti a
cederveli».
«Dammi la lista».
«Subito», l'impiegato annota rapidamente su un foglio i nomi delle persone che
hanno prenotato, e poi lo passa con mano tremante a Sartana.
Dei nomi della lista, l'unico a vivere fuori città è un ranchero di nome Joe
Starret, che ha comprato giusto tre biglietti. Gli altri viaggiatori vivono
tutti nei dintorni.
Decidete di dividervi.
Se vai con Keoma da Starret vai al 14, se invece rimani in paese e lasci che sia
Sartana ad andare a convincere il ranchero vai al 462.
Al passaggio della
Santa Muerte, qualcuno alza delle vecchie immagini cristiane, dipinti ed effigi
di santi, ramoscelli di ulivo e foglie di palma, e dà loro fuoco urlando lodi
alla Morte.
La folla depone la statua al centro della piazza.
I fedeli lasciano
ai suoi piedi doni, offerte, fiori, cesti con pane, grano, frumento, acqua,
verdure.
Vai al 188.
D'un tratto sentite un gran clamore: un gruppo di uomini esce da un porticato.
Trasportano un
baldacchino illuminato da candele e torce, sul baldacchino c'è la statua a
grandezza naturale di una donna seduta, veste abiti tradizionali europei, con il
velo sul capo, ma il suo volto è quello che più ti colpisce, perché si tratta di
un teschio.
Al suo passaggio in molti alzano le braccia e invocano preghiere, lanciano fiori
e toccano la statua: è la Santa Muerte.
Se hai già visto questa effige vai al 116, altrimenti vai al
242.
Seguendo alcuni cartelli
pubblicitari raggiungete i bagni pubblici.
Si tratta di un grande edificio, vedi parecchia gente entrare ed uscire, sia
uomini che donne.
Attraversato un porticato, entrate in una sala d'ingresso: subito venite accolte
da un profumo inebriante di balsami, lavanda, menta, rosmarino e altre piante
aromatiche.
Una donna cinese ti saluta con un inchino: «Buon giorno, vuole fare un bagno,
sì? Prego, legga pure i nostri servizi»; la donna ti indica un grosso cartello
in tre lingue: inglese, spagnolo e cinese; sono i vari servizi della casa con i
relativi prezzi.
Tu annuisci: «Va bene, siamo in tre».
«Prego, seguitemi».
Dalla sala di ingresso in cui vi trovate, si dipartono due corridoi, a destra
per le signore, a sinistra i signori.
La cinese percorre il corridoio fino ad uno spogliatoio piuttosto grande, con
panche e
asciugamani, l'aria è molto umida, intrisa del vapore dell'acqua calda che
proviene dalle vasche.
Da quanto capisci potete accedere, discesi tre gradini, ad una sala con delle
vasche comuni: sono delle tinozze di legno tonde, dal diametro di circa sei
metri e con sponde alte un metro, riempite continuamente di acqua calda, sapone
in scaglie e balsamo.
Invece un altro corridoio dà su una
serie di piccole alcove chiuse ognuna da una tenda; incuriosita, ne tiri
leggermente una scoprendo una vasca singola.
Noti che oltre ai cinesi che dirigono la casa, ci sono anche dei messicani che
fanno i lavori di fatica, come cambiare l'acqua, pulire le vasche e lo
spogliatoio, e cambiare gli asciugamani.
Se sei già stata al mercato, alla stazione di posta o al saloon Lone Star, vai
al 458, altrimenti affila i sensi e vai al 435.
Il nome e la descrizione dei due cowboy ti ricordano qualcosa, un vecchio ranchero dispotico per cui i due lavoravano, forse, ma chi era?
Vai al 50.
Alla stazione di
posta ci sono parecchie diligenze che vanno e vengono, da El Paso è possibile
raggiungere le maggiori città del Texas, e un cartello indica tutti gli orari e
i costi dei biglietti.
Nel via-vai di gente ci sono anche numerosi messicani che si offrono di portare
borse, bauli e casse ai viaggiatori.
Forse Cuchilla è qui o qualcuno l'ha vista.
Vai al 554.
137
Il viaggio prosegue senza intoppi fino alla stazione di posta successiva, ad
ogni stazione c'è chi scende e chi sale, e quando è ora di pranzo vi fermate in
una piccola città di nome Eastwood.
La diligenza ripartirà tra un'ora circa, per cui potete fermarvi a mangiare alla
stazione di posta (521) o cercare un ristorante (274).
«Beh, dobbiamo cercare due persone
qui a El Paso che secondo la sceriffa Kleo potrebbero darci una mano a
trovare il colonnello Jackson».
Silenzio scuote il capo e scrive: "Domattina parto, avete tempo fino ad allora".
Poi si alza, fa un cenno con la
testa e se ne va.
«Non ha tutti i torti», dice Keoma, «vuole essere sicuro di non imbarcarsi in
un'avventura troppo rischiosa».
«Andiamo a cercare gli altri due», dice Sartana, trangugiando il whisky.
Se cercate Johnny Yuma vai al 295, se cercate Cuchilla vai al 27.
Man mano che vi
addentrate nel Messico il paesaggio si fa più desolato: sabbia, rocce, pozzi
prosciugati, povere case abbandonate, sparuti villaggi quasi deserti dove
riempite le borracce. Arrivano alcuni bambinetti vestiti di stracci e date loro
un po' di pesos perché diano ai cavalli fieno ed acqua.
In una piccola piazza vuota circondata da povere case dai tetti di paglia, vi
fermate a mangiare; qui non ci sono locande, stazioni o negozi, per cui mettete
mano alle vostre scorte.
Prima di ripartire vi prendete una breve pausa all'ombra, intanto che i cavalli
mangiano e si riposano.
Da dietro le tende di porte e finestre i pochi abitanti vi scrutano, sono tutti
messicani, gente povera che vive alla giornata. Spesso gli uomini di questi
villaggi stanno via intere settimane a lavorare nelle fazendas di qualche ricco
possidente per pochi dollari al giorno, tornano al villaggio con un po' di
provviste per la famiglia, si fermano uno o due giorni, e poi ripartono.
Mentre sei seduta all'ombra, vedi sotto al porticato di un edificio uno strano
dipinto sotto cui sono state messe decine di lumini e candele, offerte,
messaggi, fiori, e cibo ormai essiccato.
Se vuoi avvicinarti vai al 504, altrimenti vai al 284.
Riesci ad afferrare
la mano di Cuchilla e a scaraventarla in terra con un tonfo, ti chini a prendere
la pistola e gliela punti contro.
«Ehi, no, señora, non sparare, io scherzavo», si lamenta.
«Resta dove sei, stupida», le intimi.
Se sei entrata nella stalla con Keoma vai al 264, se sei
entrata da sola vai al 296.
170
Un quarto d'ora più tardi, tra il borbottio dei passeggeri, il cocchiere ritorna
al suo posto e sprona i cavalli a ripartire.
«E dunque?», chiedi nuovamente, affacciata al finestrino.
«Troppo tardi. Una coppia di coloni è stata derubata e assassinata, non c'era
niente da fare. Segnalerò il luogo alla prossima stazione e torneremo a prendere
i corpi perché abbiano degna sepoltura».
Al tramonto arrivate finalmente a Bronson, qui potete cenare e pernottare,
domani riprenderete il viaggio.
Vai al 508.
La Sierra Encantada
è una zona rocciosa in cui si passa attraverso una stretta gola.
Lì, fino a pochi anni fa, sorgeva un villaggio di cercatori d'argento.
A furia di scavare, però, una miniera crollò e più di venti uomini morirono
sepolti dalle macerie.
Al suo posto ora c'è solo una ghost town.
Nessuno ci passa più, persino la vecchia strada è del tutto ricoperta da
erbaccia, e i pochi che si sono azzardati ad attraversarla o sono impazziti, o
sono tornati raccontando di spiriti e demoni che popolano quella gola, oppure
non sono proprio tornati.
Vai al 369.
I due cugini
finiscono nella polvere sputando sangue, non sei orgogliosa di quanto hai fatto,
ma avete bisogno dell'aiuto di Yuma per trovare il colonnello Jackson.
Mentre rinfoderi la pistola, senti un urlo e vedi una giovane correre in lacrime
verso i due corpi stesi a terra.
«No! Perché li avete uccisi?!», strilla in lacrime. «Come farò adesso?! Ora sono
sola!».
La ragazza, in un impeto di rabbia si scaglia contro di te, prendendoti a pugni
sul petto. Incroci il suo sguardo d'odio e di dolore, mentre ti insulta e ti
maledice.
Afferri le sue mani e in quel momento sopraggiunge Johnny Yuma: «Clementine,
vieni via». L'uomo l'abbraccia e lei sfoga tutte le sue lacrime su di lui, Yuma
ti lancia uno sguardo d'intesa e poi si allontana con la ragazza.
In mezzo al campanello di curiosi, giunge anche Kleo con i suoi vice:
«Accidenti, cosa è successo qui?».
«Niente, sceriffa; questioni di cuore», rispondi.
«Ho visto tutto, sceriffo», esclama un uomo piccoletto e ben vestito. «Questa
donna ha urtato accidentalmente Slim e quelli hanno cercato di farla secca, ma
lei è stata più veloce, forse ha preso lezioni da mister Yuma».
Kleo lo guarda: «Sì, immagino di sì».
Nel frattempo arrivano anche il dottore e il becchino, mentre tu raggiungi gli
altri.
«Ben fatto, Djanga», ti complimenta Sartana. «Yuma ora è dei nostri.
Partenza
domattina».
Se devi ancora cercare Cuchilla vai al 27, se ancora non sei stata all'ufficio
del telegrafo vai al 454, altrimenti vai al 520.
175
Tra
i cacciatori di taglie ne riconosci qualcuno con cui hai avuto a che fare: Wild
Cat Hendrix, noto anche per la sua passione in favore del gioco d'azzardo,
ha dei conti in sospeso con Sartana, se non ricordi male; L.J. Carradine, un
cacciatore di taglie ormai in là con gli anni, ma sempre in gamba; Clint Bennet,
detto Clint il Solitario, un professionista del Colorado che lavora sempre da
solo.
Tutta gente rapida e letale, ma che
non ritenete possa fare al caso vostro.
Vai al 297.
«La Santa Muerte...»,
ti volti e vedi Cuchilla che sgranocchia una pannocchia lessa. «Molti peones la
venerano, dicono che la Morte tratta tutti in egual modo, per questo porta la
bilancia con sé».
«Credevo che la gente di qui fosse cristiana».
«Sì, per la maggior parte, ma sai... noi siamo gente povera, viviamo sempre
sotto lo stivale di qualche uomo ricco e potente. I preti ci hanno insegnato a
pregare, a perdonare, che Dio è misericordioso, che la Madonna ci protegge,
basta pregarli... ma dopo tanti anni di miseria per noi, i nostri genitori e i
nostri figli... in tanti hanno capito che pregare non serve; i ricchi non
pregano eppure hanno tutto, noi preghiamo e non abbiamo niente, anzi... ci
uccidono come mosche, ci affamano, ci spezzano la schiena nei loro campi... la
Santa Muerte non ti inganna, non ti parla di salvezza eterna e di misericordia,
ma promette solo che lei arriverà per tutti, prima o poi».
«E non chiede in cambio tributi di sangue, vero?», ti ricordi di alcuni culti
voodoo in cui vengono sacrificati animali.
Cuchilla ride: «Cosa credi che siamo noi, cannibali?».
«Alle volte...».
«Ad Agua Santa c'è un santuario dedicato alla Santa Muerte, stasera sarà festa,
vedrai con i tuoi occhi».
Vai al 284.
179
La diligenza viaggia di buon passo, la strada per El Paso è lunga.
Ogni stazione di posta dista dall'altra circa otto o dieci miglia, qui di solito
vengono cambiati i cavalli e il cocchiere con la guardia, questi con un paio di
cavalli fanno ritorno alla stazione da cui sono partiti.
Contando la sosta per dormire, dovreste arrivare a destinazione domani, salvo
inconvenienti.
Hai ancora fitte dallo stomaco, e ammazzi il tempo sbirciando fra le zinne di
Bochra, mentre Sartana legge un giornale che ha trovato in carrozza, e Keoma ha
gli occhi chiusi, in meditazione.
Se hai preso i biglietti di Lulù la prostituta, vai al 137; altrimenti vai al
545.
Allunghi alla signora
il biglietto da visita che ti ha dato lo sceriffo di Bronson: «Questo ce lo ha
dato un comune amico, se vuole consegnarglielo noi aspettiamo qui».
La signora prende il biglietto e lascia la postazione.
Vai al 449.
186
Noti che Garret porta un cinturone con delle borchie su cui è incisa la testa di
un cavallo, solo che gliene manca una.
Se hai con te una borchia di cinturone vai all’81, altrimenti vai al
44.
Non immaginavi che
questo vecchio culto azteco della morte avesse preso piede in tal modo. Stai
assistendo ad un rituale pagano simile a quelli del nord Europa.
Speri solo che non vi siano anche tributi di sangue o altre pratiche abominevoli
come accadeva in passato tra i popoli mesoamericani.
Vai al 299.
Mentre alcuni messicani ti
rispondono di non aver visto Cuchilla oggi al mercato, trovi finalmente chi l'ha
vista da poco.
Se sei già stata ai bagni pubblici vai all' 89, altrimenti vai al
311.
Entri nel saloon dove vieni
assordata dal vociare confuso dei clienti; ci sono giocatori ai tavoli da poker,
allevatori e cowboy che si dissetano con birra o whisky al bancone.
In fondo al locale due tizi, tenendo delle prostitute sottobraccio, salgono una
scala che porta al piano di sopra.
Ti avvicini al bancone e quando il barista ti viene incontro gli chiedi di Lulù.
«E vorresti saperlo gratis, bellezza?».
«Ok, portami un whisky», metti 75 centesimi sul tavolo e bevi un sorso di un
terribile whisky esageratamente alcolico.
«Lulù la trovi di sopra a battere; prima però devi parlare con Cobra Ramirez, il
proprietario del saloon, è lui che gestisce gli appuntamenti».
«E qual è?».
Il barista ti indica un uomo alto in fondo al saloon, vicino alle scale, indossa
un vestito da charro di colore verde, porta un curioso sombrero da cui pendono
medaglie, nastri, ciuffi di capelli, monete, pendagli e denti.
«Che buffo cappello», commenti.
«Fossi in te non glielo direi; ogni oggetto appeso al sombrero l'ha preso da
qualcuno che ha ucciso.
«Uhm... sono degli scalpi?».
«Chiamali come vuoi, ma vedi di non farlo agitare, è capace che ti faccia secca
sul posto solo perché lo infastidisci, e non fa sconti alle belle donne».
«Capito».
Se vuoi avvicinarti a Cobra Ramirez vai al 51, se non ti fidi
puoi sempre cercare di recuperare i biglietti cercando Joe Dalton (vai al 168),
Bill Duke (vai al 268), o rintracciare Sam Wallash (vai al 490), altrimenti puoi
sempre aspettare che torni Sartana, sperando gli sia andata meglio (252).
203
«Ehi, amico!», gridi, tenendo d'occhio l'ingresso. «Sei circondato, esci fuori
con le mani in alto e non ti succederà niente!».
«Io invece me ne resto qua», risponde una voce dal buio. «E se volete venire a
prendermi, aspettatevi del piombo».
Vai al 315.
«Guarda», dici,
slacciando il cinturone e gettandolo a terra, «ora sono disarmata, vuoi uscire
adesso?».
D'un tratto senti un rumore in alto, alle tue spalle, non fai in tempo a girarti
che Cuchilla ti è saltata sulle spalle e ora ti punta il coltello alla gola...
«Mossa stupida, gringa, a Cuchilla non la si fa».
Devi lottare contro di lei.
Se vinci vai al 167, se perdi vai al 411.
216
La sceriffa vi fa cenno di seguirla: «Venite, vi offro il pranzo».
Seguite Kleo in un ristorante dove vi viene servito del fagiano arrosto con
patate e verdure.
Mentre vi rimpinzate lo stomaco, guardi la sorella di Sabata: è una bella
puttana come te, un po’ sfatta, ma sempre in tiro.
«Sono tutta orecchi», vi dice,
riempiendosi un bicchiere di vino.
Sartana le racconta del colonnello Jackson, Kleo ascolta tutto senza mai
interrompere.
«Quindi», dice alla fine del pasto, «volete il mio aiuto per ritrovare Jackson».
«Esatto. Puoi aiutarci?», le domandi.
Kleo si stira addosso il camicione bianco, gonfiando le zinne, le piace
essere guardata da te.
«Trovare Jackson non sarà facile, si nasconde da qualche parte oltre il confine,
in territorio messicano. So che oltre ai suoi uomini è riuscito a convincere dei
messicani ad unirsi a lui, grazie ai soldi e ai buoni uffici di quella grossa
zoccola che si è messo vicino, la famosa Luciana Paluzzi.
Poi ci sono tutte le bandoleras di Anna Frazer, dai nomi pittoreschi e le strane dicerie: per esempio, di una certa Djurada si dice sia dedita a culti satanici e che la sua pistola sia tanto veloce perché mossa dalle potenze infernali; insomma, una sorte di demonio dalle grosse zinne; ma io ci credo poco, ne conosco un'altra dello stesso genere...».
«Storie... vedremo
se è tanto veloce al momento opportuno», replichi. «Jackson può contare su altri
complici?».
«Sì, è così; può contare su molti peones che gli forniscono cibo, copertura,
cure... e in cambio lui li protegge dai banditi».
«Come lo troviamo?», interviene Sartana.
«Vi serve qualcuno che vi conduca da lui, penso di avere l'uomo, o per meglio
dire la donna adatta».
«Chi?».
«Una messicana sfuggente come una lepre: Cuchilla Sanchez.
Ha sempre qualcuno
alle calcagna che vuole farla fuori (o scoparsela), ma lei è furba e lesta come una faina. La
trovate qui in giro, sicuramente in qualche guaio».
«Come la riconosciamo?».
«È una molto svelta... col coltello.
Ma dite... siete solo voi? Siete un po' pochini per affrontare Jackson e i suoi uomini».
«Hai qualcun altro da suggerirci?», chiede Sartana.
«Fammici pensare…
Potete chiedere a Johnny Yuma, ha una piccola attività poco più avanti, insegna
a sparare alle signore, è molto redditizia.
È in gamba ed è stato sergente sotto Jackson, lo conosce bene. E se poi andate all'ufficio dei telegrafi, lì c'è
sempre una coda di cacciatori di taglie. Qualcun altro lo trovate di sicuro».
«E a te… non viene voglia di venire con noi?», la guardi in maniera allusiva.
«Potrei anche pensarci… in fondo quel bastardo merita una lezione.
Potrei affidare la baracca a uno dei miei vice, almeno per un po’…».
«Io ci terrei molto», insisti in maniera esplicita. Ti piace.
La sceriffa annuisce.
«Bene, possiamo andare», dice Sartana, alzandosi. «Grazie per le informazioni e
per il pranzo, ripasseremo più tardi».
Se vi mettete alla ricerca di Cuchilla Sanchez vai al 27, se invece vi recate da
Johnny Yuma vai al 295, altrimenti potete andare all'ufficio dei telegrafi al
454.
Centri Garret in piena fronte,
l'uomo cade a terra stecchito.
Terminato il caos, la folla si riavvicina mentre Corbett raggiunge il corpo di
Garret: «Hai davvero trovato la borchia sotto il cadavere di quella donna?», ti
domanda, raccogliendola da terra.
«Sicuro, con me c'erano il cocchiere e la guardia della diligenza, può chiedere
a loro».
«Lo farò subito. Siete di passaggio?».
«Andiamo a El Paso».
«Ho un amico a El Paso, lo chiamano Johnny Yuma, se avete bisogno di aiuto
ditegli che vi manda Jonathan Corbett», ti allunga un biglietto da visita.
«Grazie».
Corbett e il suo vice portano dentro il cadavere di Garret, davanti ad una folla
ammutolita, mentre Najada viene liberata.
«Bella mossa, signora. Mi avete salvato la vita. Cosa volete in cambio?».
«Non mi devi niente. Mi piace sparare addosso ai gradassi. Ci trovo gusto.
Però ho una proposta da farti: vado in Messico per un affare, insieme ai miei amici.
Vuoi unirti a noi? Mi sembri bella sveglia».
La mezzosangue indiana accetta senza esitazioni.
Festeggiate l'incontro con una
buona bevuta e il mattino dopo ripartite per El Paso.
Il viaggio prosegue senza ulteriori interruzioni, se non per le soste
intermedie.
Arrivate ad El Paso in tarda
mattinata.
Vai al 511.
241
A pomeriggio inoltrato giungete nel cuore della Sierra Encantada.
Qui, dove la gola si allarga, sorgono i resti della vecchia Silvermine.
Più che un paese lo
chiameresti un assembramento di baracche di legno abitate una volta dai
cercatori d'argento.
Stando vicino al confine qui venivano messicani, americani, indios, francesi,
angli... che si spartivano il poco spazio a disposizione. Come sempre c'erano
alcuni concessionari più facoltosi di altri che avevano alle loro dipendenze
decine di operai che lavoravano instancabilmente per pochi dollari al giorno,
con vanghe, picconi e carrelli.
Non mancavano le discussioni, i litigi e le sparatorie; il lavoro era duro e la
sera in molti si riempivano con alcool e liquori che non mancavano mai.
Attraversate i resti spettrali di Silvermine, piccoli edifici di terra, sassi e
legno con i tetti sfondati o le pareti crollate; alcuni negozi dal marciapiede
in legno e il porticato ormai inagibile, il vecchio saloon con l'insegna tenuta
su dall'ultimo chiodo rimasto.
Qui una volta, nonostante il duro lavoro, la sera c'era allegria, confusione, di
tanto in tanto passavano carovane viaggianti di attori, ballerine e donne di
piacere, per allietare la vita di quelli che erano venuti in cerca di fortuna.
Dei quattro pozzi che individuate uno ancora pompa un po' di acqua, riempite e
versate alcuni secchi negli abbeveratoi dei cavalli, e riempite le borracce.
Qui le pareti dalle creste aguzze sono alte e la gola a quest'ora è
completamente in ombra.
Trovate una vecchia locanda con la stalla, che individuate come luogo adatto per
fermarvi a mangiare e riposare.
«Ho l'impressione che qualcuno ci stia osservando», ti confida Keoma, mentre
legate i cavalli. «Non so da dove, ma qualcuno ci osserva».
«Comanche?».
«Presto per dirlo. Se sono Comanche ce ne accorgeremo quando avremo la lama del
loro coltello alla gola».
«Spero di accorgermene prima».
Entrate nella locanda e vi avvicinate agli altri: «Keoma dice che c'è qualcuno
là fuori. Forse è meglio controllare».
«D'accordo, ma fate attenzione», vi dice Sartana, mentre Cuchilla si mette a
rovistare nella vecchia cucina per vedere se c'è qualcosa di ancora utile.
«Veniamo anche noi», dicono in coro Najada e Bochra, che possiamo considerare le
tue fedelissime.
Esci fuori e scruti tra le ombre che calano sul villaggio abbandonato.
Vai al 476.
252
All'orario stabilito vi trovate davanti all'ufficio della Wells Fargo, e dopo
poco vedete arrivare Sartana.
Se hai 3 o più biglietti per la diligenza vai al 234, se ne hai almeno due vai
al 103, se ne hai uno o nessuno vai al 300.
Durante la cena a base di tortillas rivedete il piano di viaggio.
Domattina vi riunirete tutti e partirete verso il confine.
Johnny Yuma vi dirà dove potrete trovare Jackson, e Cuchilla vi indicherà che strada
prendere.
Più tardi andate a dormire, riposate bene, senza particolare disturbi, e al
mattino siete pronti per partire.
La sporca decina che lascia El Paso è dunque
così composta:
Senza tanti
convenevoli salite tutti in sella e iniziate il viaggio verso il confine
messicano.
Vai al 505.
264
Keoma ti raggiunge, mentre anche gli altri arrivano.
«Ci deve essere un
errore», continua la messicana, «io non ho fatto niente, io non c’entro».
«Finiscila», le dici, rinfoderando la pistola, «è stata la sceriffa a farci il
tuo nome, abbiamo bisogno di te per un lavoro, siamo disposti a pagarti bene».
La messicana vi guarda confusa e sospettosa: «Davvero, ve manda la señora Kleo? Non mi volete fregare?».
«No», le allunghi una mano; vinta la diffidenza, la messicana te la afferra, e
l'aiuti a rimettersi in piedi.
«Potevate dirlo subito».
«E come? Tu corri sempre», le rispondi.
«Di che lavoro si tratta?».
Sartana le racconta di Jackson, Cuchilla è sempre più perplessa, ma poi
annuisce: «Muy bien, posso accompagnarvi oltre il confine».
«Bene. Allora preparati perché si parte domani all'alba».
«Un momento, señora, qual è la parte di Cuchilla?».
«Se fai bene il tuo lavoro ti daremo dieci dollari al giorno», le propone
Sartana.
La messicana dallo sguardo furbo sorride e scuote il capo: «Eh no, señor, avete
bisogno di me, ne voglio almeno cento al giorno».
«Cento? Sei pazza?», esclama Sartana. «Sai quanti ne troviamo come te ad El
Paso?».
«Nessuno, señor, solo io posso portarvi da El Coronel».
La messicana ha ragione, e voi lo sapete, dopo tutto è una cifra ragionevole
rapportata al compenso che riscuoterete una volta preso Jackson e il bottino.
«D'accordo, cento al giorno, ma bada che se tenti di fregarci...».
«No se preocupe, señor», dice Cuchilla. «Cuchilla è una donna di fiducia, se voi
non la fregate, lei non frega voi».
«Allora a domattina, qui alla stalla, e già che ci sei fai provviste di cibo e
acqua».
«Va bene, señor, a domani».
Se non sei ancora stata da Johnny Yuma vai al 295, se devi
ancora andare all'ufficio dei telegrafi vai al 454, se sei già stata in entrambi
i posti vai al 194.
Mentre scendete per
la gola, lo sguardo ti cade su un cespuglio a ridosso della parete, da dove vedi
spuntare una mano.
Ti avvicini guardinga, scendi da cavallo e proprio tra il cespuglio e la roccia
trovi il cadavere di un pellerossa.
«Ehi, venite qua», richiami l'attenzione dei tuoi compagni.
«Comanche…», dice Keoma, riconoscendo la foggia dell'indiano. «Allora girano
ancora da queste parti».
«Deve essere caduto da lassù», Yuma indica uno spuntone in alto. «Ha tutte le
ossa disarticolate».
«Già, e anche un'intossicazione da piombo all'altezza del torace», aggiunge
Sartana, guardando il buco nel petto del pellerossa. «Ho idea che qualcuno ci
abbia preceduti in questo luogo dimenticato da Dio».
Lasciate il corpo del pellerossa e continuate la traversata.
Vai al 241.
282
Piombi in un incubo delirante: un turbine di ricordi, morti, sparatorie,
fantasmi e fiumi di sangue si alternano senza costrutto nella tua mente.
Quando finalmente ti svegli, ti ritrovi dentro quella che sembra una tenda
indiana, hai la pelle del viso coperta di panni umidi, la testa ti scoppia, le
ossa ti dolgono, ti senti stanca morta, ma sei ancora viva.
Vedi con difficoltà una borraccia di pelle vicino a te, allunghi con fatica il
braccio e la raggiungi, bevi un sorso e ti senti rinascere, pensavi che non
avresti più sentito in gola la freschezza dell'acqua di fonte.
Chiudi gli occhi per riposare, ma senza più riuscire a prendere sonno, non sai
dove ti trovi o chi ti abbia salvato, ma finché non riacquisti le forze è meglio
restare fermi.
Tempo dopo senti qualcuno entrare nella tenda: «Come sta la nostra
bucherellata?».
Apri gli occhi, la vista non è ancora al meglio, e non riesci a distinguere i
lineamenti dell'uomo che hai di fronte. Riconosci gli indumenti dei Navajo, ma
parla un inglese fluente, forse è un meticcio o uno scout che lavora per il
governo.
«Ti ho portato qualcosa di leggero da mangiare, e qualche erba per farti
recuperare le energie», l'indiano rimuove lentamente i panni umidi dal volto.
«Resta ferma», prende da un vasetto una qualche poltiglia maleodorante di erbe
medicinali e te la spalma sulla pelle rinsecchita, dopo di che ti rimette le
bende.
«Lo stomaco sta andando a posto, nel giro di una settimana tornerai come nuova».
«Grazie...».
«Non ti sforzare, sei arrivata qui più morta che viva, ma Gitchi Manitou ti ha
protetto e ha mandato qualcuno a salvarti in tempo. Si vede che non era la tua
ora di raggiunge i Grandi Pascoli».
«Chi…», mormori.
«Il nostro vecchio amico Sartana…
Quel vecchio cacciatore di taglie ti stava cercando per un affare, e quando ti
ha trovato, ha pensato bene di portarti qui da me».
«Tu…?».
«Oh giusto, non riesci a vedermi bene...
Beh, è passato un po' di tempo, ma ne abbiamo fatte di cose insieme... ti
ricordi quando abbiamo dato la caccia a Starblack e la sua banda? E quel carico
di oro rubato all'esercito da El Capitan? E anche l'assedio di Fort Texas,
quando in venti riuscimmo a resistere a più di cento Comanche furiosi. Mi hai
salvato la vita almeno tre volte, e ti sono debitore».
«Keoma...».
«Keoma, sì... sono il vecchio mezzosangue Keoma, cara la mia Djanga…
Vedrai, ti rimetterai presto, come uomo di medicina sono meglio del cacciatore
di taglie, fidati.
Però hai rischiato grosso, ragazza…».
Abbozzi un sorriso di ringraziamento e richiudi gli occhi.
Dieci giorni più tardi sei di nuovo in piedi, vi trovate in uno spazio verde
sulle colline, Keoma vive da eremita, e il villaggio più vicino è almeno ad
un'ora di cavallo.
Ti eserciti con la pistola sparando ad alcuni barattoli, ma subito ti stanchi,
sei ancora rattrappita.
«Sarà meglio che aggiusti la mira in fretta, mi servi», ti volti e vedi Sartana
che scende da cavallo. Non avevi ancora avuto modo di ringraziarlo per averti
salvato la vita. «Non l'ho fatto per altruismo», ti spiega avvicinandosi, «mi
servono delle buone pistole, e tu sei una delle migliori che conosca. Ti è
andata bene che ti ho trovato in tempo».
Se gli chiedi della Diabla, vai al 42; se invece gli chiedi
cosa vuole da te, vai al 487.
Una volta riposate
le cavalcature riprendete il viaggio.
Nel tardo pomeriggio iniziate ad incrociare sulla vostra strada carri, uomini a
dorso di mulo, contadini peones con forconi in spalla. Dalla via principale si
diramano sentieri che conducono alle fazendas dei proprietari terrieri e degli
allevatori.
Al tramonto vedete in lontananza le abitazioni di Agua Santa, con le prime luci
che vengono accese con l'imbrunire.
«Eccoci, amigos», esclama Cuchilla. «Agua Santa, il villaggio senza legge».
«Intendi dire che nessuno lo governa?», domandi.
«Esatto, señora; per questo è terra di bandidos, desperados, ricercati, e
trafficanti di merce. Ad Agua Santa non c'è legge, si può trovare di tutto, ma
bisogna fare attenzione a non litigare, qui le pistole cantano in fretta».
Gli edifici di Agua Santa ricalcano quelli tipici dei villaggi messicani: case
basse di terra, fango e legno; bianche e con i tetti in paglia.
Entrando in paese c'è gran movimento di peones, charros, vaqueros,
señoritas con gonne sgargianti, mariachi che suonano chitarra e tromba creando
un'atmosfera di allegria e spensieratezza.
Noti anche una
bella donna che anima la fiesta: Cuchilla ti dice che la chiamano "La Negra",
per via dei suoi vistosi costumi neri.
Vedi anche diversi gringos, cowboy e pistoleri che probabilmente fuggono da
qualche taglia, cercano lavoro per furti e rapine, offrono le proprie pistole al
servizio di qualche proprietario, o semplicemente vengono a spendere in tequila
e donne i proventi di qualche colpo.
Non mancano nemmeno gli indios locali che chiedono pesos per la tequila, mal
visti sia dai messicani che dai gringos.
Il vostro ingresso non passa inosservato, ma quasi subito qualcuno riconosce
Cuchilla e la messicana scende da cavallo per salutare dei vecchi amici.
«Questi amigos sono con me», dice a degli uomini con poncho e sombrero,
«prendete i nostri cavalli e andiamo a festeggiare».
Scendete da cavallo e date i vostri destrieri agli amici di Cuchilla.
«Non preoccupatevi, señores», vi dice Cuchilla, «questi sono amici miei, gente
fidata. Venite, vi porto alla miglior posada di Agua Santa».
Entrate nella locanda, dove venite investiti da odore di coriandolo, un ragazzo
corre incontro a Cuchilla: «Cuchilla! Hermosa!».
Trovate un tavolo sparecchiato e vi sedete, la locanda non sembra male.
Oltre al ragazzo di
prima, due donne e un paio di ragazzini corrono avanti e indietro dalla cucina,
per servire i clienti o ripulire i tavoli. Qui la tequila scorre a fiumi e in
molti sono già ubriachi nonostante sia solo il tramonto.
Mentre vi guardate attorno, le due cameriere vi portano dei vassoi con del cibo
appetitoso: «Buenas tardes, señores», saluta una delle donne. «Buon appetito».
Stanchi per il viaggio e senza troppi complimenti, passate all'attacco dei
vassoi.
Se vuoi chiedere a Yuma di parlarti del plotone di Jackson vai al 548, se invece
preferisci non discuterne qui vai al 70.
Conversare con un muto non è certo
semplice, soprattutto con uno come Silenzio che si limita solo ad osservare.
Sartana gli spiega l’operazione: che avete bisogno di uomini in gamba per una
missione difficile ma certamente redditizia, più i giorni passano più la taglia
su Jackson e i suoi uomini aumenta, e più proseguono le scorrerie più aumenta il
bottino che dovrete recuperare, e allo stesso modo aumenta la ricompensa.
Certo, non potete indugiare troppo,
la taglia fa gola a molti.
Guardate Silenzio cercando di capire le sue intenzioni, poi, da sotto il
mantello, tira fuori un taccuino e una matita e scrive: "Lavoro solo con
professionisti".
«Ehi, amico, così ci offendi», gli risponde Sartana. «Ti sembriamo degli
sprovveduti?
Capisco che non sei di queste
parti, ma io e Djanga abbiamo un nome in Texas, puoi chiedere a chi ti pare».
Annuisce e poi scrive: "Qual è il piano?".
Se hai già convinto Cuchilla e Johnny Yuma ad unirsi vai al 90, se hai convinto
solo Cuchilla vai al 542, se hai convinto solo Yuma vai al 415, se non hai
ancora parlato con nessuno dei due vai al 145.
«Ehi Garret, questa è tua! Era sotto il corpo di quella donna!», gli gridi, lanciandogli la borchia; lui la riconosce e capisce.
Ti guarda con odio ed estrae la pistola.
Vai al 233.
292
Dopo un altro paio di soste brevi lungo la strada che attraversa la valle,
sentite il cocchiere fermare i cavalli senza che vi siano città o stazioni in
vista.
Metti la testa fuori dal finestrino, rivolgendoti al cocchiere: «Che succede?
Perché ci fermiamo?».
Non puoi vedere il cocchiere, ma senti la sua voce: «Là in fondo, c'è un carro
abbandonato».
Da qui non vedi nulla. Il regolamento della Wells Fargo impone al proprio
personale di segnalare situazioni impreviste durante il tragitto, perciò il
cocchiere è tenuto a investigare.
Se vuoi scendere a vedere anche tu vai al 74, altrimenti aspetta qui al
170.
294
Vi avvicinate guardinghi al vecchio edificio semidiroccato che una volta
ospitava negozi di alimenti, vettovaglie, attrezzature, indumenti e altro che
poteva servire ai minatori.
Con un cenno d'intesa, Keoma scivola sul retro del negozio, mentre tu ti
avvicini all’ingresso di quello che una volta era lo "Stewart's goodies".
Getti uno sguardo attraverso l'apertura della porta scardinata, dentro è tutto
in penombra, riesci a scorgere il vecchio bancone sul fondo, dei sacchi e delle
casse rotte sparse qua e là, non è però difficile notare tracce recenti di
stivali lasciate nella polvere del pavimento.
Se vuoi appostarti sul lato della porta e dare la possibilità all'intruso di
uscire con le mani in alto vai al 203, se invece preferisci rotolare dentro e
tenerti pronta a sparare vai al 473.
Trovate l'ufficio di Yuma in un edificio dall’elegante porticato, proprio in mezzo a un salone di bellezza e al negozio di abiti "Parisienne".
Fuori dalla porta
c'è un cartello variopinto con la scritta "Club di Tiro per Signore", e da
dentro rimbombano spari a ripetizione.
Se sei già stato qui rientra pure al 269, altrimenti continua a leggere.
«Meglio se io aspetto fuori», dice Keoma. «O rischio di prendermi una pallottola
appena varco quella porta».
«Stessa idea», replica Najada.
«Bastiamo noi due».
Tu e Sartana
entrate nella sede del club.
Nel piccolo ingresso c'è il tavolino dell'accoglienza, con un bel vaso di fiori
e il registro da compilare; una gentile signora di mezza età ti saluta: «Buon
giorno, signora, ha deciso di perfezionarsi?», dice, notando il tuo cinturone.
«Non proprio. Io e il mio socio cerchiamo Johnny Yuma. È la sceriffa che ci
manda».
«Oh ma il signor Yuma ora è impegnato con una lezione, non sarà libero prima di
un'ora».
Se hai il biglietto da visita di Corbett vai al 183,
altrimenti vai al 275.
Non sarà facile trovare qualcuno di fidato e in gamba tra queste facce da forca.
Vi stupisce la presenza di una bella puttana, con camicione a quadri bene sbottonato.
Anche lei è qui per incassare.
Essendo tu una bella donna come lei, la avvicini incuriosita: «Complimenti per la tua grinta, signora. Mi chiamo Djanga, avrei un affare da proporti».
La grossa puttana ti prende subito in simpatia, forse per i modi franchi e cordiali con cui ti sei rivolta a lei.
Vieni ad apprendere che è la moglie di Kit Carson, il famoso pard di Tex Willer; la carogna appena consegnata l'ha ammazzata lui, e fra non molto raggiungerà la moglie a El Paso.
Di sicuro non ti fai scappare l'occasione per fare due buoni acquisti.
Aggregata Janet Carson, si fa largo un pistolero con il mantello e il cappello nero,
porta un cavallo con sopra stesi due cadaveri.
«Ehi, sono i fratelli Hernandez!», esclama qualcuno, riconoscendo i cadaveri.
«Eh sì, sono proprio gli Hernandez!», commentano le voci dei presenti.
I fratelli Hernandez, ricercati per rapine in banca e almeno cinque omicidi,
insieme fanno 3.000 dollari di taglia.
Il volto del cacciatore ti dice poco, non sembra uno di queste parti, si fa
largo senza dire nulla, lega il cavallo e poi si avvicina allo sportello del
telegrafo, non appena l'impiegato lo vede lo riconosce subito: «Oh mister
Silenzio, bene, bene... chi ci ha portato oggi?».
Silenzio... hai capito bene, lo conosci di fama, è un cacciatore di taglie che
solitamente lavora più a nord, in Colorado, Oregon e Montana, lo chiamano così
perché da piccolo un bandito cercò di tagliargli la gola dopo avergli ucciso i
genitori, ma riuscì solo a tagliargli le corde vocali, è muto ma per lui parlano
le pistole.
Silenzio mette davanti all'impiegato i manifesti delle sue vittime.
L'impiegato si alza e si sistema gli occhiali per guardare i due corpi: «Oh
santo cielo... sono proprio i fratelli Hernandez!
Ottimo lavoro, mister Silenzio,
come sempre», prende da un cassetto dei dollari fruscianti, li conta e li
consegna al cacciatore di taglie, mentre il becchino con il suo aiutante prende
i corpi dal cavallo.
Silenzio intasca il denaro e si allontana dallo sportello.
«Chiediamo a lui?», domandi a Sartana.
Il tuo compare non fa in tempo a rispondere che Carradine si avvicina a Silenzio
con fare prepotente: «Ehi, perché non te ne torni nel Montana o da dove diavolo
arrivi? Ci sono già abbastanza cacciatori di taglie nel Texas perché ne arrivino
altri da fuori».
Immediatamente la gente vicina ai due si allontana.
Silenzio guarda fisso Carradine, con un gesto delle braccia apre il mantello e
mette le mani sui calci delle pistole.
«Ah, è così? D'accordo, muto, vediamo chi è più veloce».
Carradine indietreggia, mentre tra i due si crea il vuoto: «Ehi, Wild Cat!»,
esclama il pistolero all'indirizzo di Wild Cat Hendrix. «Lancia in aria una
moneta, quando tocca terra spariamo».
Silenzio rimane a fissarlo, volto imperscrutabile che non tradisce alcuna
emozione, se non la cicatrice sulla gola che sembra pulsare.
Hendrix, in disparte, prende una moneta e quando tra i due c'è abbastanza spazio
la lancia in aria...
Non appena la moneta tocca terra, i due estraggono le pistole come fulmini, ma è
Silenzio il più veloce: Carradine urla e finisce in ginocchio, tenendosi la mano
destra insanguinata...
Silenzio gli ha fatto saltare il
pollice... una mira eccezionale.
«Maledetto!», strilla Carradine. «Ora non potrò più sparare!
Che tu sia maledetto, Silenzio!».
Con la coda tra le gambe, l'ormai ex cacciatore di taglie se ne va, Silenzio
rinfodera la pistola e ritorna la calma.
Mentre il cacciatore di taglie del nord riprende la sua cavalcatura libera dal
fardello degli Hernandez, lo avvicinate.
«Ehi, Silenzio», lo chiama Sartana, «vorremmo proporti un affare, possiamo
offrirti da bere?».
Silenzio vi osserva tutti, sempre con la stessa immutevole espressione, poi
annuisce.
Qui vicino c'è il saloon Lone Star, vi recate dentro e vi sedete ad un tavolino.
Vai al 286.
Dopo un po'
decidete di andare a dormire, domani avete un’altra giornata lunga che vi
attende.
Cuchilla vi sistema al primo piano della locanda, qui c'è un grande salone dove
potete stendere coperte e selle per dormire, ci sono delle tinozze d'acqua e
tenendo le finestre aperte tira anche una bella aria che concilia il sonno.
Durante la notte nessuno vi disturba e con le prime luci dell'alba vi svegliate.
Se ieri sera hai incontrato Black Queen vai al 469, altrimenti vai al
539.
300
«Certo che non mi siete di grande aiuto», sbuffa Sartana.
«Però Djanga ha preso dentro una nuova socia. Si chiama Bochra».
«Sa anche sparare?».
«Lo vedrai al momento opportuno», è la stessa Bochra a rispondergli, dopo che
Lulù è morta per sempre.
«Stasera stessa, allora.
C'è ancora una possibilità, infatti. Gli Starret sono disposti a darci i loro
biglietti, a condizione che stasera affrontiamo un gruppo di cowboy mandati da
un certo Camaso, un allevatore della zona che sta acquistando con il terrore e
le minacce tutti i terreni confinanti.
Gli Starret avevano deciso di accettare l'offerta di mille dollari, vale a dire
appena un decimo del valore del terreno, e di andarsene con la diligenza,
stanchi dei soprusi e delle minacce.
Questa sera scade il termine dell'offerta: Camaso e i suoi andranno al ranch
degli Starret, e noi dovremo farci trovare lì».
Se decidi di aiutare gli Starret in cambio dei biglietti vai al 546, altrimenti
vai al 93.
Dietro una tenda
spunta un altro peone, ti avvicini e gli domandi di Cuchilla.
In cambio di un dollaro ti dirà dove puoi trovarla.
Sborsi la moneta: «Canta», gli dici.
«Oggi Cuchilla dovrebbe trovarsi al mercato, oppure ai bagni pubblici, señora».
Ringrazi il messicano e lo lasci al suo lavoro.
Se vai al mercato vai al 367, se vai ai bagni pubblici vai al
121.
«Era col dottor Fajardo», ti dice
il peone, «ha un carro dal quale vende delle medicine e degli elisir, Cuchilla
faceva pubblicità alla merce. Ma credo se ne sia già andata».
«E dove?», domandi.
«Quien sabe, señora? È sempre in giro».
Imprechi la sfortuna e fai un'altra scelta: torni ai bagni pubblici (121),
alla stazione di posta (131) o al saloon Lone Star (80).
Altrimenti vai al 316.
315
Questa voce ti sembra di conoscerla.
«Doc! Sei tu, Doc?!».
Dopo un paio di secondi di silenzio, risenti la voce: «E tu chi saresti?».
«Sono Djanga, Doc!».
«Djanga?! E che ci fai qui?».
«Se esci senza fare movimenti bruschi te lo racconto».
«Arrivo, voi non sparate, però».
«No, nessuno spara.
Sentito Keoma?
Doc è una vecchia conoscenza, non sparare».
Dal buio arriva un pistolero con un vecchio poncho nero: «Accidenti, Doc, sei
proprio tu», esclami, riconoscendolo. «Ma che ci fai in questo posto dimenticato
da Dio?».
Da dietro vi raggiunge anche Keoma.
«Ehi, ti presento Cat "Doc" Stevens», li presenti. «Doc, questo è Keoma, il pard
Navajo».
«Piacere», borbotta il pistolero.
«E Hutch? Siete sempre insieme?».
«Sì, sempre insieme, però è un po' cambiato...
Quando siete arrivati si è nascosto nella cabina della teleferica, credo sia
ancora rintanato lì».
«Oh no, ci sono Najada e Bochra!», esclami, temendo uno scontro a fuoco.
Correte alla vecchia cabina della teleferica, dove vedete le due donne tenere sotto tiro una grossa puttana: è vestita in maniera eccentrica, come un soldato blu, se non fosse per i grossi seni che le cadono sulle ginocchia.
«Ehi... e quella chi è?», esclami.
«È la mia nuova socia, il soldato blu Bogra Bloom», ti risponde Doc.
Ora comprendi la
battuta di spirito di poco fa: «Calma! È la socia di un mio
vecchio amico!», esclami, all'indirizzo delle tue compagne.
Per tutta risposta, Najada e Bochra rinfoderano le
pistole.
«Forse è meglio se andiamo tutti dentro la vecchia locanda a fare due
chiacchiere», suggerisci.
Doc e Bogra si lanciano uno sguardo di intesa e annuiscono.
Al
vostro arrivo, Sartana, Janet e Kleo si mettono in guardia, poi anche Sartana riconosce Cat Stevens e mette via le pistole.
Nel frattempo, Cuchilla ha trovato un po' di fagioli in scatola ancora buoni, e
si mette ai fornelli per cucinare fagioli lessi per tutti.
Vai al
345.
Non riesci a
trovare Cuchilla da nessuna parte e alla fine, stanca, rinunci, sperando sia
andata meglio ai tuoi compagni.
Stai tornando al luogo dell'appuntamento quando vedi una messicana correre a
gambe levate in mezzo alla folla inseguita da Keoma: non può essere che Cuchilla.
Ti getti anche tu all'inseguimento, fino a quando Cuchilla non si nasconde in
una stalla.
D'intesa con Keoma tu entri dal portone principale, mentre lui passa da dietro.
Se hai conosciuto Pedro, il messicano, vai al 428; altrimenti vai al
381.
345
A tavola la
situazione si rasserena e conversate amichevolmente.
«Sapevo che il colonnello Jackson facesse gola ad altri cacciatori di taglie»,
dice Sartana, «ma non avrei pensato anche a te, Doc...».
«L'idea è di Bogra, infatti. E per l'occasione ha messo insieme questa speciale
divisa per provocare il colonnello...
La taglia è buona e
il bottino anche, c'è da sistemarsi per un po'», conclude Doc.
«In due non ce la fareste mai», continua Sartana. «Perché non vi unite a noi?».
«Non lo so», risponde Doc. «Saremmo un bel po' a dividere...».
«Può darsi, ma più ci avviciniamo a Jackson, più sento che aumenta il numero dei
suoi uomini. È vero, non siamo pochi, ma così avremo più possibilità di farcela.
In due scordatevelo, finireste male».
«Siamo arrivati fin qui da soli...», interviene la Bloom.
«A proposito», aggiungi tu, «come ci siete arrivati?».
«La vostra messicana non è l'unica a conoscere la Sierra Encantada», ti risponde
l'imponente "sergente". «Mentre scendevamo, abbiamo notato qualcuno che ci
spiava dall'alto... un comanche. Senza che lui potesse dire "beh", lo abbiamo
fatto secco, è caduto giù nella gola e si è rotto tutte le ossa. Quando siamo
arrivati qui stavamo cercando un riparo per la notte, poi vi abbiamo sentito
arrivare e ci siamo nascosti, temendo fossero i Comanche».
«Però i Comanche potrebbero essere ancora in giro», dice Yuma.
«Altri non ne abbiamo visti», continua Doc, «ma questo non significa che non ce
ne siano là fuori, in agguato. Chiedete al vostro amico Navajo, lui lo sa bene».
«Questa gola una
volta era un luogo sacro per i Comanche», dice Bogra. «E quando il governo del
Messico glielo ha portato via per dare le concessioni ai minatori... beh, non
l'hanno presa bene. Si dice che abbiano sabotato le miniere, facendole
crollare».
«Capito», dice Sartana, mentre si accende un sigaro. «Faremo turni di guardia a
coppie, giusto per stare sicuri.
E quanto alla nostra proposta?».
Doc e Bogra si guardano e poi annuiscono: «D'accordo, spartiremo in parti
uguali taglie e premio dell'oro recuperato».
Mentre vi organizzate per dormire e montare la guardia, sentite echeggiare nella
gola l'ululato dei coyote, sempre che non siano i Comanche che comunicano in
codice.
Se ad Agua Santa Yuma vi ha fornito informazioni sul colonnello Jackson e i suoi
uomini vai al 485, altrimenti vai al 37.
350
Ringraziate i tre messicani ma preferite arrangiarvi, loro con un inchino si
congedano.
È una mattina di sole molto movimentata a giudicare dal via-vai di persone,
cavalli e calessi lungo la strada principale.
Se volete andare subito a cercare un albergo, nel caso doveste fermarvi, vai al
543; se invece volete cercare l'ufficio dello sceriffo, vai al 21.
«Yuma mi ha
consigliato la locanda della señorita Navarro, poco più avanti», dice Sartana
mentre vi incamminate.
Raggiungete così la locanda, da dove arriva un buon profumo di cibo.
Rosita Navarro è una donna messicana avvenente e formosa, ora capisci perché la
sua locanda è gettonata.
Vi accoglie e
ordina ad un bambino di nome Emiliano di prendere i vostri bagagli e portarli
nelle stanze.
Se avete già affidato i cavalli a qualcuno vai al 398, altrimenti vai al
23.
Raggiungi la strada del mercato,
qui c'è una piazza dove mercanti, allevatori e coltivatori mettono in vendita i
prodotti più svariati.
Le bancarelle sono a decine, se non a centinaia: dalla frutta alla verdura, dai
formaggi ai salumi stagionati, dall'olio agli utensili, dal legname alle
sementi, dai vestiti alle armi, dai maiali alle galline.
Trovare Cuchilla in mezzo a tutta questa gente è come cercare un ago in un
pagliaio.
Ci sono anche parecchi messicani qui in giro che fanno lavori di fatica per i
commercianti, come trasportare casse e sacchi, pulire o prendersi cura delle
bestie.
Se vuoi chiedere ad uno dei messicani se ha visto Cuchilla, vai al
189.
Altrimenti puoi sempre lasciare perdere e cercarla da un'altra parte: ai bagni
pubblici (121), alla stazione di posta (131) o al saloon Lone Star (80).
Se ci hai già provato, ma senza trovarla, vai al 316.
«Noi non crediamo
ai fantasmi», dice Sartana. «Se la via più sicura è attraverso la Sierra
Encantada, allora è di là che passeremo»; poi si volta verso Yuma: «A meno che
tu non abbia un'altra proposta convincente».
«Bah! La messicana ha ragione», borbotta Yuma, «l'idea non mi piace, ma ha
ragione».
«D'accordo, allora, vada per la Sierra Encantada».
Nessuno ha nulla da obiettare, per cui avete stabilito la vostra prossima meta.
Un cowboy dalla barba incolta si siede al tavolo nell'angolo. La sabbia della
strada gli cade dal poncho.
Ordina un whisky e poi vi guarda con fare sospetto.
Se domandi a Cuchilla chi sia vai al 450, altrimenti vai al
509.
«Ho sentito la
sceriffa che ne parlava ai suoi vice...
sì, insomma, che cercavate gente in gamba per trovare il colonnello Jackson»,
prosegue Ringo.
«E dove lo hai sentito?».
«Ero... in cella».
«E sei fuggito?».
«No di certo...».
Ringo rivolge uno sguardo allusivo a Kleo.
La cosa sembra chiara a tutti.
«Ufficialmente lo sto portando da un testimone per acquisire informazioni a sua discolpa. Al momento è un'ottima copertura; è dentro per una sciocchezza, una discussione finita in malo modo.
E poi ha un motivo speciale per aggregarsi a noi. Ve lo racconterà lui
stesso...», dice Kleo.
Vai al 38.
Proprio fuori dalla
stalla dove si è infilato Cuchilla incroci il messicano che si era offerto di
accudirvi i cavalli, e ti fermi riprendendo fiato.
«Cuchilla...», ansimi, «è entrata qui dentro?».
«Sì, señora, l'ho vista correre dentro, come al solito».
«Puoi dirgli che non ha nulla di cui preoccuparsi? Di venire fuori?».
«Perché dovrei, señora? Io non vi conosco».
«Tu... diglielo...».
«Io ci provo, señora, ma Cuchilla Sanchez è molto sospettosa, anche dei suoi
compaesani».
Pedro, questo il nome del peone, entra nella stalla, tu lo segui.
La stalla è buia,
entra la luce dalle feritoie tra le assi, ci sono balle di fieno disposte in
alto su un soppalco, e i cavalli dentro gli appositi scomparti.
«Cuchilla», la chiama Pedro, «questa donna vuole solo parlarti. Vieni fuori».
«Sicuro, così mi spara», la voce della messicana rimbomba nella stalla e non
riesci ad individuarne la posizione.
Se vuoi levarti il cinturone per mostrarle la tua buona fede vai al
215; altrimenti vai al 468.
Ritorni al tavolo del Cobra, lui ti
guarda e scoppia a ridere: «Le fusa sono durate poco... ah-ah-ah!».
«Hai un bel coraggio a ridere degli altri, quando vai in giro con un cappello
del genere», rispondi a tono.
Immediatamente cala il silenzio nel saloon, Ramirez ti fissa con sguardo
omicida, mentre i suoi compari si spostano.
«Come hai detto, straniera?», domanda, alzandosi in piedi; Ramirez è un bestione
alto quasi due metri e dalle spalle larghe.
«Mi hai sentito», ripeti, facendo un passo indietro.
«Ora ti ucciderò», starnazza il messicano, mentre sta per estrarre la pistola.
Vai al 484.
Ti incammini con Bochra e Najada
per le strade di El Paso, chiedi un po' in giro, in particolare ai messicani che
incontri.
Capisci che Cuchilla è una che vive alla giornata, fa servizietti di ogni tipo
per chiunque, ma vive anche di furtarelli e truffette, per questo è sempre in
mezzo ai guai.
Alla fine individui quattro posti dove potrebbe trovarsi: nella zona del mercato
(367), ai bagni pubblici (121), alla stazione di posta (131),
o al saloon Lone Star, qui vicino (80).
Uscite dalla locanda.
Fuori, nella piazza
principale, ci sono diverse persone che bevono, danzano e si divertono.
Vai al 417.
Nella piazza di Agua Santa c'è una gran confusione: si balla e si suona, sono comparse delle pignatte di dolciumi appese in alto sui dei fili.
Diversi peones
hanno preso sulle spalle i figli che, bendati, cercano di rompere le terrecotte
piene di dolci con dei bastoni.
I mariachi suonano, le señoritas ballano, i charros sparano in aria, dei
ragazzini attaccano dei mortaretti alla coda di un malcapitato asinello; gira
parecchia tequila e ci vuole poco perché qualcuno urti qualcun altro, o gli si
rivolga in malo modo, e così scoppiano risse e scazzottate.
Se hai ucciso, o comunque ridotto in fin di vita, Black Queen, vai al
436; altrimenti vai al 336.
Nel vociare caotico dello
spogliatoio, ti sembra di riconoscere una voce proveniente dall'area delle
vasche singole.
Quando ti avvicini al corridoio la cinese ti ferma: «Prego, signora, qui no
pistola, no stivali, prego… prima spogliatoio, prego».
Ignori l’inserviente perché quella voce ha destato in te un vecchio sentimento
di rancore, più ti avvicini e più non hai dubbi: è la voce di Black Queen...
Ti scrolli di dosso la cinese con una manata, mentre entri nel corridoio delle
vasche singole, facendo cenno a Bochra e a Najada di rimanere indietro.
Ti fermi davanti alla tenda da cui
proviene la voce dell'ex socia.
Impugni la pistola e con l'altra fai scorrere di lato la tenda: «Il Texas è
piccolo, vero Queen?».
Black Queen è seduta nella vasca, con l'acqua fino al petto, dietro di lei c'è
una donna cinese che si spaventa nel vederti.
«Fila via, tu», le intimi, ma quella non attende nemmeno il tuo ordine, perché
si è già levata di torno. «Ti fai pure grattare la rogna, adesso?».
Black Queen - una grossa mulatta che a parte il bagno veste camicette nere molto
sbottonate - alza le mani: «Dico, non ce l'avrai ancora per quella storia,
vero?».
«E invece sì», rispondi, con il dito sul grilletto.
«Non era nulla di personale, lo sai, si trattava di soldi. La Diabla mi ha dato
di più, tutto qui».
«Rivedrò anche lei, prima o poi, e me la guarderò un po', prima di bucarle la pancia.
Intanto, però, voglio sapere se il suo denaro ti servirà a qualcosa,
nel posto in cui stai andando...».
«No, aspetta! Sono disarmata! Non vorrai uccidere una donna disarmata?!»,
esclama la gran puttana.
«Beh, tu cosa hai fatto con me? Mi hai colpito a tradimento...».
Noti un rapido movimento di Black
Queen verso il sombrero appoggiato sulla sedia alla sua destra e capisci, non è
una sprovveduta, lo sai bene, come non lo sei tu, e da sotto il cappello estrae
la pistola...
Vai al 22.
Mentre assistete
alle danze e alla confusione, un paio di indios iniziano a dare fastidio a Keoma:
«Ehi, ce l'hai un paio di dollari per i tuoi fratelli? Ci beviamo una tequila
alla tua salute».
«Ne avete già avuta abbastanza, sloggiate».
«Mestizo, bastardo!».
I due mettono mano ai coltelli, sono visibilmente ubriachi e hanno preso la
reazione di Keoma come un affronto.
In questa calca è impossibile estrarre la pistola, si potrebbe colpire qualcuno.
È Cuchilla a intervenire, infatti!
Vai al 102.
Attraversate un
salone dove una dozzina di donne sta sparando contro una serie di bersagli più o
meno improvvisati: da manichini ad assi di legno dipinte, da vecchie lattine a
sagome di cartone.
Il rumore è assordante e le donne ci prendono gusto a fare fuoco con vari tipi
di pistole e fucili. Quelle che sembrano più agguerrite e determinate hanno i
capelli grigi.
Oltrepassate una porta ed entrate in un ufficio dove il rumore si attenua.
Dietro a un tavolo sommerso di carte, trovate Johnny Yuma, un uomo sui quarant'anni,
dai capelli neri e lo sguardo intelligente, indossa un gilet beige sopra ad una
camicia rossa.
«Così è la sceriffa che vi manda...», dice scrutandovi, poi vi fa cenno con la
mano di accomodarvi sulle sedie.
Sartana non perde tempo e gli racconta del colonnello Jackson; all'udire quel
nome Yuma drizza le orecchie e si adombra il viso.
«Kleo vi ha spiegato perché ha fatto il mio nome?».
«Dice che conosci Jackson, che sei stato un suo sottoufficiale», gli rispondi.
Yuma sbuffa: «Quel vecchio pazzo... che il diavolo se lo porti.
Il giorno della
resa del generale Lee era come impazzito, diceva che per lui la guerra non era
finita, che non era mai stato sconfitto, e che avrebbe continuato a combattere
contro i nordisti, o chiunque sarebbe arrivato dopo di loro», apre un cassetto e
prende una sigaretta. «All'inizio eravamo tutti con lui, anche noi eravamo
orgogliosi, uomini scelti, in gamba, e nessuno ci stava a tornare al forte
disarmati e derisi dagli unionisti.
Così iniziammo ad organizzare degli agguati alle giacche blu che incontravamo,
li derubavamo degli averi e delle armi, e poi nei villaggi reclutavamo ex
soldati che sposavano la causa di Jackson.
Poi però... il
colonnello si fece prendere dall'avidità e dalla pazzia, non faceva più
distinzione tra nordisti, sudisti o esercito dei nuovi Stati Uniti, voleva
combattere tutti, incendiare i forti, depredare le diligenze e assaltare i
treni.
La notte si ubriacava e iniziava a inveire contro Lee, contro Grant e il mondo
intero.
Anche i miei
compagni presero ad ubriacarsi sempre più, e poi anche a sparare e a uccidere
chiunque li ostacolasse, gente inerme, soldati disarmati o messicani la cui
unica colpa era quella di non aver preparato un pasto decente al colonnello.
Poi ci furono le violenze a carico delle donne... bianche, rosse, messicane...
senza distinzione...», Yuma fissa il vuoto, raccontando, «e così, quando ne ebbi
la possibilità, fuggii. Dovetti scappare come un ladro, altrimenti mi avrebbe
certamente fatto fucilare.
So che mi cercò per alcuni giorni, ma riuscii a nascondermi bene, e dopo un po' lasciò perdere, così arrivai ad El Paso e aprii questa attività.
Solo
Kleo qui
conosce il mio passato, gliel'ha raccontato il fratello, Sabata; avrebbe potuto
arrestarmi e mandarmi a processo, ma non lo fece, credo che avesse capito che io
non ero che una delle tante vittime di Jackson e della sua follia».
«Abbiamo bisogno di te per fermarlo. Lo conosci bene, sai come si muove, conosci
i suoi uomini, i suoi nascondigli, la sua strategia».
Yuma scuote il capo: «Dopo tutto quello che ho fatto per non rivederlo più, ora
voi mi chiedete di ritornare da Jackson? Dovete essere pazzi almeno quanto lui».
«Potrebbe essere l'occasione per metterti a posto con la coscienza», mormora
Sartana. «Hai partecipato anche tu alle scorrerie di Jackson, ed è chiaro dal
tuo racconto che provi rimorso per quello che avete fatto».
«Quello che c'è tra me e la mia coscienza non è affar vostro», esclama irritato
Yuma. «Comunque... possiamo trovare un accordo».
«Il lavoro è ben retribuito, Yuma. Tra taglie e premi per aver recuperato il
maltolto, sono parecchi soldi, anche dividendoli».
«Non sono i soldi il problema, ma due pistoleri».
Guardate Yuma con aria interrogativa...
«Dovete sapere che
tra le mie clienti più affezionate c'è questa meravigliosa ragazza di nome
Clementine; ci amiamo e vorremmo sposarci, ma è praticamente tenuta prigioniera
dai suoi due cugini, Ursus e Slim, che le impediscono di fare vita sociale, la
obbligano a stare in casa a far loro da serva; l'unica distrazione che le
concedono è venire ogni tanto qui al club».
«E noi cosa dovremmo fare?», domandi.
«Vedete... se io sfidassi i due cowboy e li facessi secchi, Clementine non me lo
perdonerebbe mai, dopotutto sono sempre i suoi cugini.
Però se ci pensasse
qualcun altro...».
«Avresti campo libero», termini la frase, mentre Yuma mostra un sorriso tutto
denti.
«E dove li possiamo trovare questi galantuomini?», chiede Sartana.
«Saranno qui fuori, ad aspettare che Clementine finisca la sua sessione di
spari.
Non potete
sbagliare: Ursus è piccolo, tozzo e con una barba bella folta; Slim è alto e
secco come un'acciuga; sono sempre insieme».
«Sparano bene?».
«Sono ancora vivi e vegeti, nonostante il loro carattere burrascoso».
Vai al 128.
446
Nel frattempo Sartana si è recato all'ufficio del telegrafo per mandare un
messaggio ad El Paso.
«Non ci hai ancora detto chi dobbiamo incontrare a El Paso», dici a Sartana.
Legate i cavalli al carro e salite sulla diligenza.
«Un vecchio affiliato del colonnello Jackson, dovrebbe sapere dove possiamo
trovarlo», ti risponde, mentre prendete posto.
«E
ha un nome questo tizio?».
Sartana vi guarda: «Sabata».
«Sabata?», era parecchio che non sentivi quel nome. «Pensavo fosse morto a
Silvertown».
«Infatti. In realtà si tratta della sorella di Sabata: Kleo.
A El Paso fa lo sceriffo, e adora il giallo, a differenza del defunto fratello,
tanto da essere chiamata “la Sceriffa in Giallo”».
«Una sorella di Sabata che fa la sceriffa a El Paso?», anche Keoma è sorpreso.
«Questa è bella».
«È una vecchia pellaccia, scaltra e veloce; per un po’ è stata al servizio di
Jackson, pare se la sia anche scopata. Ma poi il colonnello deve aver perso la
testa per la famosa messicana», conclude Sartana.
L'impiegato della Wells Fargo chiama tutti a bordo, salgono alcuni nuovi
passeggeri e riprendete il viaggio.
Se hai mangiato al ristorante vai al 285, altrimenti vai al 292.
La signora torna
dopo un minuto, tutta sorridente: «Prego, venite con me, il signor Yuma vi
attende».
Vai al 439.
«Oh,
quell'hombre es loco, señora», ti dice, «è un gringo che cerca una donna che
ogni tanto passa per Agua Santa, così si è stabilito qui, in attesa di
ritrovarla».
«Non sai chi stia cercando?».
«No, lui dice una bionda dai capelli lunghi e uno spolverino nero, ma da queste
parti è molto più comune la combinazione opposta...».
L'uomo continua a fissarvi, poi d'un tratto si alza e vi raggiunge.
«Ehi, americani, sto cercando una donna bionda, capelli lunghi e spolverino
nero.
L'avete vista?».
Alzate le spalle, se non che Yuma si lascia sfuggire: «Potrebbe essere Cjamanga».
Il cowboy si avvicina a Yuma: «Cosa hai detto? Cjamanga?».
Johnny lo guarda: «Non so se sia la stessa donna, amigo; è solo una che conosco
di fama e che corrisponde alla tua descrizione».
«Sai anche dove si trova?», il cowboy ha la voce tremolante, forse Yuma gli ha
dato una pista da seguire dopo parecchio tempo.
«No,
ma se proprio vuoi saperlo, la stiamo cercando anche noi, lei e la sua
banda...».
«Allora fatemi venire con voi», grugnisce.
«Ehi, amico, non sai nemmeno se la donna sia la stessa», gli dici.
«Mi chiamo Ciakmull e non sono tuo amico», ringhia. «La donna che sto cercando
ha ucciso mia moglie, non più di due settimane fa, poi è scappata con i suoi
compari verso il Messico».
«Forse sono gli stessi che hanno rapito mia moglie», interviene Ringo, «il modo
mi sembra lo stesso».
«Fatemi venire con voi...», ora Ciakmull vi sta implorando, mentre i suoi occhi
luccicano di rabbia e di speranza.
Tu e Sartana vi guardate.
«Lo sai a chi somiglia?», gli sussurri all'orecchio. «Al
tizio coinvolto nell'attentato a Luciana Paluzzi... quando la potente
signora venne ferita da un colpo di derringer... sembrava una cosa da niente e
invece se l'è vista brutta...
Comunque una
pistola in più potrebbe farci comodo», concludi.
«Sai sparare?», gli domanda Sartana.
Ciakmull afferra il fucile Spencer dalla tracolla, mettendovi tutti sul chi va
là: «Con questo... centro l'occhio di un falco a duecento metri di distanza»,
ansima.
«D'accordo», risponde Sartana, «ma non dovrai avanzare pretese su premi o taglie
da riscuotere».
«Non mi interessa il denaro, signore, voglio solo la mia vendetta, non vivo che
di questo ormai».
«Bene, un altro disperato che si aggiunge al gruppo», bofonchia Keoma, finendo
il piatto.
Vai al 453.
«Ehi, Yuma», dice
Keoma, «e la tua ragazza?».
«Clementine?», fa quello pulendo il piatto con del pane. «È tornata a Houston».
Lo guardate con aria perplessa: «Non dovevi sposarla?».
«Beh, dopo che sono morti i suoi cugini ha detto che non aveva motivo di restare
a El Paso, e che sarebbe tornata dalla sua famiglia a Houston, dove c'è anche il
suo fidanzato».
«Fidanzato?», domandi. «E tu non lo sapevi?».
«La conoscevo da tre giorni, non mi aveva raccontato tutto».
Un improvviso calore ti sale alla testa: «Tre giorni? Ho ucciso due uomini e tu
nemmeno sapevi che era già fidanzata?».
«Erano due manigoldi, non accalorarti», la sprezzante risposta di Yuma ti
innervosisce ancora di più.
«Ascoltami bene, se ho provocato e ucciso quei due tizi era solo per fare un
favore a te, altrimenti non ci avresti seguiti. E ora mi dici che la tua bella
se ne torna a casa dal fidanzato?».
«Come se fosse la prima volta che uccidi qualcuno per una banalità», sbuffa Yuma.
«Invece non è mia consuetudine uccidere qualcuno senza un vero motivo»,
puntualizzi.
«Ma certo, solo per vendetta... o per denaro, giusto?».
Alcuni spari vi fanno scattare, ma capite subito che si tratta della fiesta,
fuori sono iniziate danze e musica, e alcuni pistoleros ubriachi sparano in aria
per fare fracasso.
Se possiedi una sella d'argento vai al 333, altrimenti vai al 395.
454
L'ufficio telegrafi di El Paso non è come quello degli altri paesi dei pionieri,
questo è un vero e proprio centro amministrativo: si tratta di un grande ufficio
con sportelli e impiegati, dove si possono inviare e ricevere telegrafi, ma è
anche un grosso centro di smistamento della posta che arriva tramite il treno,
la banca qui si appoggia per la trasmissione di conti bancari dalle filiali,
comunicazioni, quotazioni della borsa di New York.
Quello che a voi interessa però è un particolare sportello che dà direttamente
all'esterno dell'edificio: qui nel porticato, appesi un po' ovunque, ci sono
manifesti dei ricercati con taglie che vanno dai 500 ai 2.000 dollari; talvolta
se ne possono trovare anche più alte, come nel caso del colonnello Jackson.
C'è una piccola folla di pistoleri e bounty killer qui davanti, in coda per
riscuotere la taglia. Portano i cadaveri sul cavallo o su un carretto. Il
funzionario esce a controllare con il manifesto della taglia, e dopo aver
verificato che l'uomo è quello giusto, paga il lavoro svolto.
«Sono otto dollari per la sepoltura in cassa singola o un dollaro per la fossa
comune», dice alla fine l'impiegato al ruvido pistolero che ha appena incassato;
questi mette il dollaro sul tavolo dello sportello e se ne va.
«Tante belle facce», commenti, guardandoti in giro.
Vai al 175.
455
Dopo circa un'ora di strada, in cui incrociate dei carri che portano merci, un
paio di charros a cavallo e qualche sparuta casa, raggiungete un bivio.
Andando dritto vi inoltrerete nella regione, tra fazendas, vecchi pueblos di
peones e campi coltivati; ad un certo punto incrocerete una strada che vi
condurrà alla missione spagnola in cui sono nascosti Jackson e i suoi uomini.
Dall’altra parte, invece, raggiungerete la Sierra Encantada.
«Da qui in poi», dice Cuchilla, «i nostri movimenti saranno controllati; anche
se non sanno che stiamo dando la caccia al colonnello sudista, un gruppo di
gringos si nota qui in giro, e mette tutti in guardia».
«E alla prima sparatoria», mormora Sartana, scrutando il paesaggio, «ci
troveremo gli uomini di Jackson e i messicani addosso».
«Non lo so», interviene Yuma, «la Sierra Encantada era territorio Comanche una
volta, non mi stupirei se ora che è stata abbandonata qualche pellerossa ci
faccia ancora un salto».
«Non ci sono più i Comanche, señor Yuma», risponde Cuchilla, «i minatori e il
governo li hanno cacciati via con la forza per cavare le miniere d'argento.
Ora non c'è più nessuno in quella gola».
«Comunque», aggiunge Keoma, «meglio pochi Comanche che trenta o quaranta
pistoleri».
Fugati i dubbi, prendete la strada che porta a sud-ovest e che, secondo Cuchilla,
dovrebbe sbucare alle spalle del covo del colonnello Jackson, che di certo non
si aspetta di essere attaccato dalla Sierra.
Dopo poco il terreno diventa pietroso, piante e fogliame sono sempre più radi,
la strada sale e il paesaggio si riempie di rocce e creste, qualche cespuglio
spinoso qua e là, radi torrenti stretti e con poca acqua che scendono a valle, e
pareti di roccia che si alzano formando delle piccole gole.
Il caldo inizia a farsi sentire, prendi la borraccia e ti versi un po’ di acqua
sul volto per rinfrescarti.
«Ehi, amigos», Cuchilla indica dei grossi massi più avanti, «lì c’è un po’
d’ombra».
Vi voltate verso Sartana e lui annuisce: «Fermiamoci un po’, i cavalli sono
stanchi e accaldati».
«Fa un caldo d’inferno», borbotti, asciugandoti la fronte.
Raggiunti i massi, scendete da cavallo.
Cuchilla prende un po’ di biada e di acqua per i vostri destrieri, mentre vi
sedete all’ombra per bere e mangiare qualcosa.
Dopo esservi riposati all'ombra, rimontate in sella, ormai all'ingresso della
Sierra Encantada.
La gola si allarga e il sentiero comincia a scendere, scorgete i resti delle
prime miniere abbandonate, con vecchie scalinate e passerelle di legno ormai
consunte che attraversano le pareti di roccia a varie altezze, binari e vecchi
carrelli arrugginiti, qualche piccone rotto, cumuli di detriti, vecchi setacci,
e - in generale - tutto ciò che vedete ha un'aria spettrale.
Vai al 277.
«Sta bene», dice Sartana, dandoti la lista, «ci rivediamo qui tra un paio d'ore».
Poi sale in sella al cavallo e
parte diretto al ranch.
Tu e Keoma guardate la lista: dei nove posti rimasti quattro sono stati
acquistati da un certo Joe Dalton che ha dato come indirizzo l'albergo Tin Star,
poi due appartengono ad un certo Bill Duke, che ha dato l'indirizzo di un
negozio, altri due alla signora Lulù, che puoi trovare al saloon; e infine
l’ultimo ad un certo Sam Wallash, che ha una camera dalla signora Dawn.
Se vuoi cercare Joe Dalton vai al 168, se vuoi andare da Bill Duke vai al 268,
se vuoi parlare con Lulù vai al 64, se invece cerchi di
rintracciare Sam Wallash vai al 490.
476
Dai un'occhiata al terreno, chinandoti e osservando eventuali tracce di
passaggio oltre le vostre.
C'è stato qualcuno prima di voi, ed è anche passato da poco. Il vostro arrivo
deve averlo messo in difficoltà e si è nascosto qui da qualche parte.
Guardi bene gli edifici ancora agibili, le loro finestre senza vetri, le porte
che danno su locali bui, ripari di fortuna dove il vostro ospite potrebbe stare
in agguato.
Ti sembra di notare qualcosa tra le ombre, in particolare nella cabina della
teleferica e nel negozio di attrezzature e indumenti.
Decidete così di dividervi a coppie, tu e Keoma controllate il negozio, Najada e
Bochra la teleferica.
Vai al 294.
Fulmini Ramirez con un colpo
preciso che gli spacca il cuore, il messicano crolla sul tavolo e poi sul
pavimento.
Tutti ti guardano, tu tieni la pistola pronta a tirare, se necessario, ma
nessuno sembra voler fare l'eroe; nello stesso momento Keoma si precipita dentro
arma in pugno.
«Tutto bene?», ti chiede, coprendoti le spalle.
«Sì, abbiamo avuto solo una divergenza di vedute sul suo abbigliamento»,
rispondi.
Dalla balconata del primo piano si affacciano le donne con i loro clienti, vedi
Lulù scendere di gran corsa, stazza permettendo.
«L'hai fatto secco davvero, straniera», ti dice, sorpresa; poi si avvicina al
corpo di Ramirez e lo prende a calci, insultandolo.
«Djanga, meglio levare le tende alla svelta», sussurra Keoma nell'orecchio.
Afferri la donna per il braccio: «Ho fatto come hai chiesto, dammi i biglietti.
E se hai fegato, seguimi: c'è del dinero in ballo...».
La prostituta infila le mani nella blusa e ti passa un biglietto: «Se devo
seguirti, uno serve a me...».
Devi ammettere che il ragionamento non fa una grinza.
La tua curiosità è attratta da uno strano pendaglio tra quelli appesi al sombrero del Cobra; quella incisa sembra la classica immagine velata della Vergine Maria, solo che al posto del volto c'è un teschio, e in piccolo leggi due lettere: S.M.
Poiché sei pratica
di miti e leggende, puoi andare al 17.
Altrimenti esci dal saloon proprio mentre arriva lo sceriffo con due vice armati
di doppietta.
Se lo hai già incontrato vai al 372, altrimenti vai al 106.
Doc e Bogra si
offrono per il primo turno di guardia, tu vai a coricarti sulla coperta cercando
di riposare un poco.
Vieni svegliata da Keoma quando mezzanotte è passata da parecchio, non è
successo nulla e ora tocca a voi prendere turno.
Sbadigli e ti stiracchi mentre Keoma ti passa una tazza con del caffè bollente,
da queste parti la notte è fresca.
I vostri compagni dormono della grossa, tu ti siedi vicino ad una delle
finestre, l'unica luce è quella fioca lunare che illumina debolmente la gola in
cui vi trovate.
«C'è silenzio», sussurra Keoma, guardando fuori, «troppo silenzio».
«Meglio così, no?», rispondi, ancora assonnata.
«Non si sentono animali, non si sente nemmeno il vento, non mi piace».
«È una città-fantasma...», borbotti, «ci saranno i fantasmi».
«Questo è un luogo di morte, costruito su un luogo sacro per i Comanche, non mi
stupirei se qualche spirito vendicativo fosse in vena di scherzi».
«Non dirmi che credi ai fantasmi?».
«Tra molte tribù di pellerossa, compresi i Navajo, esiste un rituale che viene
adoperato per "nutrire il fantasma" di una persona appena deceduta», racconta.
«E cioè?».
«Si chiama Wanagi Yuhapi.
Quando muore un figlio, un fratello o in genere una persona molto amata, la famiglia esegue questo rituale. Normalmente quando una persona muore, la sua Wanagi, cioè l'anima, viaggia verso sud lungo il Tacanku Wanagi, la "strada-fantasma", fino ad incontrare la vecchia. La vecchia lo invia al successivo traguardo, o gli ordina di tornare sulla terra, dove vivrà come un’ombra.
Se un fantasma
viene mantenuto…».
«Mantenuto? Cioè?», lo interrompi, perplessa.
«I famigliari mantengono, o nutrono, la Wanagi tramite dei rituali che
consistono in preghiere, offerte e danze.
In tal modo lo spirito aiuta le persone ad essere consapevoli della morte.
La Wanagi resterà
vicino ai suoi parenti, finché questi non decideranno di lasciarla andare».
«Che storia...», commenti con uno sbadiglio. «E se non avete paura dei fantasmi,
di cosa avete paura?», la tua domanda, buttata lì giusto per continuare la
conversazione e aiutarti a tenere gli occhi aperti, adombra però il tuo amico.
«Dello skinwalker...», bisbiglia.
«Di che?».
«Lo skinwalker... i Navajo lo chiamano yeenaaldlooshii... colui che cammina su
quattro zampe».
Ti verrebbe da ridere, se non fosse che il tono e lo sguardo di Keoma sono
decisamente seri.
«Anche tra i pellerossa, come tra i bianchi e i neri, ci sono uomini malvagi,
che praticano la stregoneria e la magia nera. Alcuni uomini di medicina delle
tribù integrano le loro conoscenze con la magia nera e pratiche demoniache
mirate a infliggere dolore, sofferenza e morte agli altri uomini. Alcuni lo
fanno per denaro o altre ricompense, altri per vendetta o semplicemente perché
godono nell'infliggere sofferenze agli altri. L’uomo di medicina diventa così
uno stregone, estremamente pericoloso per tutta la tribù. Lo stregone, se segue
un percorso di abominio, può acquisire un potere enorme, domina la natura e le
cose, la mente degli uomini, condiziona i loro gesti. Per fare questo, lo
stregone deve compiere atti contro natura, incesti, necrofilia, profanazione di
tombe, omicidi, azioni malvagie e terrificanti come uccidere un amico, un
fratello, una sorella, un genitore. Più il parente è stretto, maggiore sarà il
potere acquisito. Una volta giunti all’apice del loro potere demoniaco, gli
stregoni potranno trasformarsi in altre creature come lupi, coyote, orsi, puma,
o spostarsi da un luogo all’altro con la rapidità di un uccello, potranno
arrampicarsi sulle mesas e sui torrioni del deserto come linci, potranno
strisciare e nascondersi negli anfratti come rettili, o volare come i corvi e le
aquile, cioè saranno diventati skinwalkers...».
Questa storia ti mette i brividi.
«Accidenti a te, proprio in una notte come questa, in una città-fantasma, mi
devi raccontare questa storia?», protesti.
D'un tratto vi sembra di sentire i cavalli nitrire nervosamente.
Se vuoi andare a vedere la stalla vai al 371, altrimenti vai al 46.
487
Vi sedete su alcune rocce poste attorno al fuoco, su cui Keoma sta scaldando del
caffè.
L'aria qui in collina è fresca, il paesaggio verdeggiante e i boschi in
lontananza ti danno una sensazione di pace e serenità, a differenza dei deserti
e dei villaggi dei pionieri, dove le pallottole fischiano e il sole cuoce le
teste.
Sartana si accende un sigaro, tu una sigaretta: «L'affare è per tutti e due», racconta, rivolgendosi anche al compare mezzosangue, «e forse avremo bisogno pure di qualcun altro.
Ve
lo ricordate il colonnello Jackson, dell'esercito confederato?».
«Vagamente», rispondi.
«Beh, è uno di quegli ufficiali del sud che non ha accettato la resa, e che
continua la sua battaglia privata contro l'esercito degli Stati Uniti a distanza
di anni dalla fine della guerra. Ha con sé un plotone di una trentina di uomini,
tutta gente in gamba, che sa sparare bene; in più ha stretto un sodalizio con
una vecchia bagascia che sembra tenerlo per le palle; è la famosa Luciana
Paluzzi, tanto affezionata al potere da riprovarci a 60 anni: è lei che gli
soffia sul collo; hanno provato a farla fuori, ma pare più viscida di un serpente.
Come se non fosse abbastanza tutto questo, el Coronel si è pure alleato con la Bandolera, una potente bandita che indossa il cinturone a tracolla, un volto da signora intorno a cui aleggiano strane dicerie.
Pare che Anna Frazer (questo il suo vero nome) abbia il gusto macabro di finire personalmente, con un colpo di grazia, sia i propri compagni, se incapaci di rimettersi in piedi, sia i malcapitati caduti nelle sue mani, se incapaci di pagarsi un riscatto.
Nessuno è mai riuscito a sorprenderla, nessuno osa spararle addosso, chi la incontra ne rimane ossessionato, per la bellezza, la classe, il fisico strutturato, le zinne morbide e cedenti, la camicetta sbottonata che le cade addosso come un guanto.
Forse si tratta di esagerazioni, ma tutto ciò rende la signora estremamente pericolosa.
All'inizio il governo
ha tollerato il comportamento del colonnello, che si limitava a qualche
scorreria qua e là nelle riserve indiane.
Ora però ha alzato il tiro: assalti a
treni e diligenze, carichi di oro e di armi, razzie in villaggi, omicidi e
violenze a carico di donne e bambini. Si pensa sia stata la nefasta influenza
della Lopez a fargli perdere definitivamente la testa.
Sono come dei pazzi senza freni. Si nascondono presso una vecchia missione
spagnola gestita dai peones al di là del confine, dove l'esercito non può
raggiungerli, e poi rientrano per darsi alle loro scorrerie».
«Tutto in nome del Sud?», chiedi.
«Non so quanto centri ancora la causa confederata, credo sia più una questione
personale. Il colonnello si è sentito tradito quando il generale Lee ha firmato
la resa, e ora lui e i suoi uomini sono carichi di odio e rancore, a cui danno
sfogo in questo modo».
«E noi che c’entriamo?».
«Il governo ha le mani legate, il colonnello Jackson era un commilitone e grande
amico del governatore del Texas, e questi ha per lui ancora un occhio di
riguardo, perché gli salvò la vita in diverse occasioni durante la guerra.
D'altra parte è necessario fermarlo, e andando da una parte all'altra del
confine diventa difficile dargli la caccia. Così è stata messa sulla sua testa
una grossa taglia, diecimila dollari, e almeno altri settemila per il resto del
plotone. Però dobbiamo riportare il colonnello vivo, perché sia processato,
morto non se ne fanno niente».
«Diciassettemila dollari?», gli occhi ti brillano.
«Non solo: da quanto ne so quel briccone ha rubato oro per un valore di quasi
cinquecentomila dollari; se riusciamo a recuperarlo, ci spetterà almeno il dieci
per cento, vale a dire cinquantamila dollari».
Gli occhi brillano ancora di più: «Sono quasi settantamila dollari da dividere».
«Esatto, per questo ho bisogno di pistoleri in gamba e fidati. Allora, ci
state?».
«Solo noi tre contro un plotone di trenta?».
«Troveremo uomini lungo la strada, ho già un paio di idee. Ma dobbiamo fare in
fretta, so che c'è altra gente che vuole quei soldi e che si sta mettendo
insieme, come noi».
«Ad esempio?».
«Cacciatori di taglie».
«Gente in gamba?», chiede Keoma.
«Proprio così; per questo dobbiamo fare in fretta, e abbiamo già perso diversi
giorni per aspettare Djanga. Allora, che ne dite?».
«Ci sto», rispondi senza battere ciglio; poi guardi Keoma, sempre perplesso.
«Non so, ora sono un uomo della medicina, curo gli uomini, non li uccido».
«Per questo avremo bisogno di te».
Keoma scuote prima il capo e poi annuisce: «D'accordo.
E poi è tanto che non diamo la caccia a qualcuno tutti insieme».
Sartana butta il sigaro in mezzo alle braci del fuoco: «Preparate borraccia e
provviste, partiamo tra poco».
Vai al 35.
Con la scusa di
bere un sorso dalla borraccia, ti volti e scorgi, a circa duecento metri da voi,
dietro alcuni massi, qualcuno che vi osserva.
Ti avvicini a Keoma e glielo fai notare; lui, non appena ha l'occasione, si
stacca dal gruppo.
Dieci minuti più tardi sentite un colpo di fucile alle vostre spalle, vi voltate
e vedete Keoma, con lo Spencer in braccio, che segue un giovane cowboy con le
braccia alzate.
«Ehi», dice il cowboy, «io vi seguivo per venire con voi, non ho cattive
intenzioni».
«Chi sei?», gli domanda Sartana.
«Mi chiamo Ringo, e le mie Colt vogliono unirsi a voi».
Se avete parlato con Kleo Madison al ristorante vai al 377,
altrimenti vai al 432.
Il dipinto sul muro
raffigura una donna che stringe una falce in una mano e una bilancia nell'altra.
La donna però è uno scheletro, con le dita ossute e un teschio come volto. Sopra
il dipinto la scritta: "Nuestra Señora de la Santa Muerte".
Se hai già incontrato simboli di questo culto prima d'ora vai al 231, ma se
comunque ne sei curiosa vai al 177.
La vostra prima
tappa è il villaggio di Agua Santa, a una giornata da El Paso, da lì deciderete
poi come procedere.
Secondo Yuma, il colonnello Jackson si nasconde ancora in una vecchia missione
spagnola, ormai abbandonata, che si trova oltre il confine.
Si nasconde anche nei villaggi di peones, dove fa provviste di cibo e armi.
Le strade
principali sono pattugliate, utilizza occhi e orecchi dei messicani per
conoscere gli spostamenti dell'esercito, entro e oltre il confine con il
Messico, o per sapere se ci sono stranieri che fanno domande su di lui.
«C’è un percorso al sicuro da occhi indiscreti?», domanda Sartana.
«Ci sono dei caminos non più battuti», risponde Cuchilla, «que pasan por las
sierras. Potremo sorprendere El Coronel».
«Está bien, Cuchilla, vamos!».
Dopo un'ora circa lungo la strada di pietre, hai l'impressione che qualcuno vi
stia seguendo da lontano.
Vai al 495.
508
Bronson non è una città che offra molti svaghi, abitata per lo più da allevatori
e commercianti, c'è un solo saloon e nemmeno troppo frequentato.
State bevendo l’ultimo bicchiere prima di andare a dormire, quando sentite un
gran baccano provenire dalla Main Street. D'un tratto un uomo mette la testa
dentro il saloon: «Ehi gente! Vogliono ammazzare Najada!».
Tutti corrono fuori dal locale, barista incluso.
Vuotate il bicchiere ed uscite anche voi.
Fuori, armato di torce e fucili, c'è un gruppo di persone assembrate davanti
all'ufficio dello sceriffo, urlano e sbraitano contro questa Najada che, da
quanto intuisci, è chiusa in cella.
Avvicinandoti alla folla di curiosi capisci che Najada, una mezzosangue, è stata arrestata nel
pomeriggio per l'omicidio dei due coloni che avete trovato morti lungo la
strada.
Sembra che lo sceriffo l’abbia arrestata su testimonianza di un certo Garret, un biondo slavato vestito da damerino in prima fila con torcia e corda insaponata.
Fosse stata una yankee, di certo c'avrebbe pensato due volte.
«Ce la dovete dare a noi, sceriffo!», urla Garret, spalleggiato da quelli che
sono con lui. «Dobbiamo impiccarla subito!».
Per nulla intimorito, lo sceriffo esce col fucile in braccio: «Tornate a casa,
tutti quanti! Questa donna ha diritto a un regolare processo, tra due giorni
arriverà il giudice e deciderà lui se impiccarla o meno».
«No, Corbett!», grida Garret. «Najada è più sfuggente di una lepre, scapperà di
certo. Io l'ho vista fuggire dopo che ha ucciso i Johnson, non ci sono dubbi che
sia lei l'assassina!».
«E lei dice che è stato qualcun altro, per cui vedremo se il giudice le crederà
o meno».
«Metti in dubbio la mia parola, Corbett?», esclama sempre più furente l'uomo.
«So cosa ho visto».
«Ne sono certo, ma le indiane sono tutte uguali, lo dici sempre anche tu.
Magari ti sei confuso», noti una punta di ironia nel tono dello sceriffo. «Ora
tornate a casa».
«Non ci muoveremo, finché non l’avremo impiccata, sceriffo!».
«Sì!», grida la folla, agitando forconi e torce. «Impicchiamola!», la folla si
avvicina e così lo sceriffo spara un colpo in aria, disperdendola.
Nel fuggi-fuggi generale, solo Corbett non si allontana.
Vai al 186.
511
El Paso è una città in forte crescita, è ormai diventata un centro finanziario,
amministrativo e anche politico.
Qui si fanno grossi affari: c'è il mercato delle vacche e dei cavalli, si
vendono appezzamenti di terreno, i contadini di tutti i paesi vicini portano la
loro verdura al mercato; non mancano le banche, i notai e gli avvocati che
esercitano in tribunale la propria professione.
Con la ferrovia giunge continuamente il legname per costruire edifici, ma anche
carpentieri, ingegneri, letterati e cronisti.
Ad El Paso si pubblicano ben due giornali, il commercio è fiorente, anche se non
manca il rovescio della medaglia: tanta ricchezza attira banditi, pistoleri,
ladri, e amministrare la giustizia non è facile.
Non ci sono solo commercianti, funzionari, allevatori e coltivatori, sono
numerosi i cowboy, i pistoleri, i cacciatori di taglie, i giocatori d'azzardo,
ma anche musicisti e ballerine che si esibiscono nei saloon e nei casinò.
Non manca nemmeno la povera gente che giunge qui in cerca di fortuna.
In giro si vedono parecchi messicani che si offrono per i lavori più faticosi,
giungono da oltre il confine, che dista poche miglia da qui.
Proprio un gruppetto di tre messicani con i vestiti bianchi dei peones, sandali
consumati e sombreri lisi, vi si avvicina offrendo i suoi servigi: «Buenos dias,
señores. Possiamo prenderci cura dei vostri cavalli? Per solo un dollaro al
giorno li portiamo nella stalla qui vicino, daremo loro da mangiare e da bere,
li striglieremo e ci assicureremo che riposino in tranquillità».
Se accetti vai al 399, se preferisci portarlo nella stalla dell'albergo vai al
350.
Noti qualcosa di metallico sotto la
gonna della donna, ti allunghi e trovi una borchia circolare con incisa la testa
di un cavallo, è una di quelle che si trovano sui cinturoni o cappelli, può
averla persa solo l'assassino. La metti in tasca.
Ritornate quindi alla diligenza e ripartite.
Una volta arrivati alla prossima stazione segnalerete questo luogo di modo che
qualcuno possa venire a prendere i corpi.
Al tramonto arrivate finalmente a Bronson, qui potete cenare e pernottare,
domani riprenderete il viaggio.
Vai al 508.
«Bene, direi che
per oggi siamo a posto. Andiamo a cenare e poi a riposare, domani sarà una
giornata campale».
Se hai già preso stanza in un albergo vai al 398, altrimenti vai al
354.
521
Questa stazione di posta è dotata di un piccolo ristorante gestito da una coppia
di messicani, è a disposizione del personale della Wells Fargo e per i clienti
che, come voi, vogliono fermarsi a mangiare un boccone in attesa della
ripartenza.
Dopo una sosta al bagno, avete ancora una mezz'ora di tempo prima di ripartire.
Sartana si accomoda su una sedia a dondolo nel portico della stazione a
sorseggiare un bicchiere di whisky, mentre Keoma si occupa di rifocillare i
vostri cavalli che vi stanno seguendo nel viaggio.
In compagnia di Bochra, stai scrutando la piazza di questa piccola cittadina,
quando senti degli spari nelle vicinanze, ai quali la gente del posto non bada.
Arrivano altri spari, nell'indifferenza generale.
Se vuoi andare a vedere cosa succede vai al 512, se vuoi chiedere al messicano che gestisce il ristorante della stazione vai al 129, altrimenti puoi sederti anche tu sotto al portico in attesa di ripartire (vai al 446).
Scendete alla locanda e fate colazione con caffè bollente e frutta secca.
Fate il pieno delle borracce, sellate i cavalli e con Agua Santa ancora
addormentata e silente, lanci un'ultima occhiata alla Santa Muerte che sembra
osservarvi dalla piazza, e prendete la strada che si inoltra in territorio
Messicano.
Vai al 455.
«Sarebbe meglio non parlarne qui, ma sono curiosa».
«Uhm... quello che posso dirvi», racconta Johnny, «è che insieme al colonnello Jackson ci sono alcuni uomini validi e svelti di mano, che per lui si butterebbero nel fuoco. Non sono sprovveduti, anzi è gente che ha passato anni sui campi di battaglia, e ne è uscita viva. Non dobbiamo sottovalutarli.
In particolare fa paura il mastino di Jackson, il caporale Wallace, una montagna d'uomo, con braccia grosse come tronchi d'albero, dicono che abbia strangolato un bue, per quanto mi riguarda l'ho visto uccidere uomini a mani nude, pestandoli a sangue.
Poi c'è il gruppo della Bandolera, quasi tutte donne, a cominciare dal suo braccio destro, Romina Lopez Martin; le più pericolose sono Djurada, la sciacalla, Tigrera, la carogna, Cjamanga, la selvaggia, e Cisca, la becchina».
«Una bella squadra, non c'è che dire», commenta Sartana.
«Gli altri sono tutti dei subordinati, ma ligi e obbedienti; ci sono anche molti messicani, non so quanti, con esattezza, possano essere al servizio di Jackson, ma ho visto parecchi charros, bandidos e peones al suo servizio. Li paga con l'oro e il denaro che trafuga, per avere la loro lealtà.
Loro
riforniscono il plotone di viveri e di armi, di donne ed alcol, gli riferiscono
ogni movimento in zona, chi arriva e chi va via, probabilmente qualcuno sarà
andato ad avvisarlo del nostro arrivo, ma qui ad Agua Santa arrivano tutti i
giorni un sacco di balordi e di desperados, non ci farà caso più di tanto».
«Speriamo», commenti, mentre finisci la tequila.
Vai al 70.
Trovi un peone che per un dollaro ti dirà dove puoi trovare Cuchilla.
Sborsi la moneta: «Canta», gli dici.
«Oggi Cuchilla dovrebbe trovarsi al mercato, oppure ai bagni pubblici, señora».
«Sì, e io sono Tex Willer... di questo passo ci rimetteremo la suola degli
stivali...», sbuffi, rivolta alle tue compagne.
Se vai al mercato vai al 367, se vai ai bagni pubblici vai al
121.