Mister No: L'Immutabile

Mister No: Tette mercenarie

Mister No: La Valle dei Morti

Hiras: La Donna del Fuoco

Tex: L'Oro perduto di Klaatu

Impossibile

MISTER NO: L'IMMUTABILE

di Salvatore Conte (2024)

Anna Frezzante è una mercenaria italiana famosa per la stazza, l'avvenenza e i camicioni sbottonati.

Ex collaborazionista nazista, fuggita come tanti altri in Sud America, adesso lavora a chiamata per chi paga meglio, e nei tempi morti mette su qualche colpetto; come quello di Pasto, in Colombia, verso il confine con l'Ecuador e poco distante dal Bacino delle Amazzoni.

Sulla loro strada c'è la Gendarmeria colombiana, che srotola fasce di gomma chiodata per impedire la fuga ai due rapinatori.

La Frezzante, però, non si perde d'animo, ne ha viste di peggio in passato e l'ha sempre fatta franca.

In maniera piuttosto arrogante, ordina al suo complice americano di dare gas; al resto penserà lei.

Anna Frezzante è stata di parola! Alla fine è una strage di gendarmi!

Sorpresi dall'audacia dei due banditi, e soverchiati dalla potenza di fuoco della mitragliatrice imbracciata dalla donna, utilizzata a regola d'arte, i gendarmi non riescono ad arrestare il fuoristrada dei criminali e diversi tra loro rimangono stesi a terra.

La jeep si allontana, la Frezzante è illesa, ci vuole altro per fermarla.

Attesi da un esperto contrabbandiere, i due fuggitivi varcano il confine con il Brasile  a bordo di una canoa a motore, percorrendo un affluente del Rio Negro.

Cinque mesi dopo questi fatti, Mister No viene contattato da una certa Linda Parker.

       

La donna questiona su quanto Mister No ce l'abbia piccolo, e lui reagisce vibratamente.

Arrivati al dunque, viene fuori che Linda è la figlia del Professor Parker, dato per disperso dopo una spedizione nel cuore dell'Amazzonia.

L'importante bionda offre a Mister No 5.000 dollari per condurla alla ricerca del padre.

Il vecchio Jerry accetta con entusiasmo e si prepara a partire.

Accade però che il suo Piper prenda il volo senza di lui!

A questo punto Mister No chiede aiuto a un amico e insegue sé stesso a bordo di un idrovolante, da cui avvista infine il suo Piper, atterrato presso un villaggio a nord di Manaus.

Nei pressi del suo velivolo, Mister No rinviene diversi cadaveri: c'è stata una vera e propria battaglia, di cui sono rimaste vittime un meticcio e alcuni indigeni; di Linda Parker non c'è traccia.

Dalla fitta macchia amazzonica si appalesano numerosi guerrieri indios, appartenenti alla caratteristica tribù dei Suyà. Mister No decide di far buon viso a cattivo gioco e si rassegna a seguire i guerrieri al loro villaggio.

Mister No viene condotto al cospetto del capo spirituale della tribù, che - sorprendentemente - è un uomo bianco, un anziano missionario trasformatosi in eremita.

Jerry apprende da Padre Enrique che Linda è stata catturata dagli indios e condannata a fungere da lauto pasto a un gruppo di caimani molto affamati.

Ma in realtà, vedendola non più bionda, capisce che non è affatto la figlia del Professor Parker, bensì una pericolosa avventuriera, che Esse-Esse - il rissoso pard tedesco di Mister No - riconosce essere Anna Frezzante, la nota mercenaria italiana, ex fiancheggiatrice, informatrice e delatrice dei nazisti.

La Frezzante è una macchina da guerra, pronta a uccidere, anche se stavolta è lei a rimetterci la pelle.

Padre Enrique racconta quello che è venuto a sapere.

Mister No è tacitamente ammirato dalla potenza di Anna, che ha saputo tenere testa a tanti avversari, e benché colpita, non è rimasta uccisa.

Jerry baratta la vita della Frezzante con le merci in suo possesso e con la promessa di armi per i guerrieri Suyà.

Durante la marcia nella giungla, Jerry Drake si accosta alla Frezzante.

«Hai rischiato di rimanere uccisa, Anna, te ne rendi conto?».

«Mi è già successo diverse volte... a te, poi, cosa te ne importa?».

Lo sguardo allusivo di Mister No, sul camicione sbottonato, in risposta alla domanda.

Fatto ritorno al Piper, Mister No si congeda dall'amico pilota che lo ha trasportato fin lì e si prepara a ripartire verso Manaus, con Esse-Esse e la donna, deciso a raccontare tutto alla Polizia.

Anna si dilegua e si ricongiunge al suo complice, mentre Jerry si imbatte nella vera Linda Parker e la accompagna nei pressi del misterioso cratere.

Durante la notte, l'accampamento di Mister No viene attaccato da un pipistrello gigante, prova inconfutabile di incredibili mutazioni.

Avvicinandosi al cratere, il terzetto scopre una base segreta; ne scaturisce un violento scontro a fuoco, da cui esce malconcio Sinclair, il principale complice di Anna.

Avanzando ancora in direzione del cratere meteoritico, altre terribili mutazioni si appalesano agli occhi di Mister No e compagni.

Mister No ed Esse-Esse se la cavano, grazie all'intervento di Linda Parker e dei membri superstiti della spedizione del padre.

Anna Frezzante è costretta alla fuga, ma fuori dalla grotta si imbatte in una spiacevole sorpresa.

«Se la caverà?».

«Sangue di Giuda, penso proprio di sì!

L'erba cattiva non muore mai e non muta mai...».

MISTER NO: TETTE MERCENARIE

di Salvatore Conte (2024)

Ci risiamo.

Mister No è alle prese con l'ennesima spedizione archeologica della sua "fidanzatina" Patricia.

Stavolta, però, il boccone honduregno è particolarmente grosso.

Duarte è spalleggiato da una potente mercenaria quale Layla Mendez, una zoccolona ambiziosa e prepotente.

Alla partenza, dal villaggio honduregno di Agua Clara, la spedizione è composta da dieci elementi: Jerry Drake, Esse-Esse, Patricia Rowland e due colleghi professori, tre portatori e due guide armate.

Giunta presso un villaggio apparentemente deserto, la spedizione viene accolta in maniera ostile.

Tuttavia l'incidente si chiude senza conseguenze, e la marcia riprende.

I membri dell'importante spedizione riposano...

La potente Layla Mendez comincia a muovere le sue pedine?

Mentre la presenza della spedizione è stata ormai segnalata, i nostri possono finalmente sorridere...

La gioia per lo straordinario ritrovamento è presto soffocata dalla minacciosa irruzione di un gruppo armato, che però - fortunosamente per la spedizione archeologica  - viene a sua volta attaccato.

Le perdite sono ingenti su tutti i fronti.

Ma il peggio deve ancora arrivare...

«E poi quella è una grossa fica», aggiunge a sua discolpa Mister No.

Sangue di Giuda, la resa dei conti è rimandata...!

MISTER NO: LA VALLE DEI MORTI

di Salvatore Conte (2025)

È da qui che fugge Carlos.

Purtroppo per lui, quel gringo ha predetto il falso: lo smeraldo non gli ha portato fortuna, ma una bella cassa da morto.

Aveva una grossa fica da mantenere, e tanta premura l'ha tradito.

Ma questa Maria è davvero così fica?

Sembra di sì; Carlos morirà per qualcosa di grosso.

Carlos è ormai alla fine.

Recuperato da un battello di linea in transito, sta blaterando qualcosa a proposito di certi smeraldi, e un farabutto di nome o soprannome Big Bag, detto anche Bag, si lascia subito affascinare dal verde miraggio.

Maria Stuqui è la più grossa puttana di Esmeralda, un piccolo centro sulle sponde del Rio Negro.

È grossa e perfetta, senza età, e allegra come tutte le brasiliane.

Di sicuro piacerebbe molto a una nostra vecchia conoscenza; è una di quelle che potrebbe far mettere la testa a posto perfino a lui.

Ecco perché Carlos era disposto a tutto pur di tenersela.

L'avida Maria non si fa scappare l'occasione: Carlos può anche crepare, ma la ricchezza deve passare a lei.

Però la grossa zoccola, che farebbe scalpore anche a Manaus, non si fa troppe domande sulla tosse mortifera che ha colpito il suo compagno; quando, invece, qualche domanda sarebbe più che logica.

L'alleanza con Big Bag viene da sé: lui viaggia spesso in quelle zone e lei non può certo scalare il Picco delle Nebbie da sola.

La spedizione, in ogni caso, necessita di varie attrezzature; i due si recano a Manaus, ma non hanno un soldo, e sono costretti a impegnare lo smeraldo raccolto da Carlos. Con la complicità di Maria, Bag riesce a turlupinare un ingenuo studioso di Chicago, giunto in Amazzonia alla ricerca di un grande cimitero di dinosauri, facendogli credere che detto cimitero possa trovarsi alle pendici dell'inesplorato Picco delle Nebbie, al confine con il Venezuela.

Mister No, che era in trattativa con lo stesso studioso per accompagnarlo nelle sue ricerche, sente puzza di bruciato, ma al tempo stesso rimane affascinato da Maria, di cui aveva sentito parlare nei bar più malfamati di Manaus: Maria Stuqui, il famoso troione di Esmeralda.

La sua leggenda adesso non gli pare più tanto esagerata.

Jerry, pertanto, si mette a pedinare il terzetto, ma già Maria accusa quella brutta tosse con sputacchi di sangue.

Maria è stata a contatto con lo smeraldo per tutto il viaggio da Esmeralda a Manaus; forse Carlos l'ha avuto con sé più a lungo, ma la situazione per la grossa troia si fa brutta...

Tuttavia, l'importante donna - avida di potere - non ha alcuna intenzione di lasciare le redini dell'impresa agli altri due.

 

Seguendo le tracce dei tre, Mister No raggiunge le pendici del Pico da Neblina e deve abbandonare la canoa a motore con cui ha viaggiato finora.

Jerry decide di aspettare che i tre arrivino sul posto, prima di intervenire.

E quando ciò avviene, lo spettacolo è sconvolgente...!

Il professore di Chicago non tarda a evocare il precedente storico relativo alla famosa eruzione vulcanica di Pompei del I secolo dopo Cristo.

Ma invece di ascoltarlo, Big Bag è preso dalla frenesia di scavare.

E quando si accorge che gli smeraldi ci sono davvero, decide di sbarazzarsi subito dello studioso, sparandogli, ma senza riuscire a colpirlo.

Ben presto, però, anche lui comincia a tossire, in maniera convulsa e violenta, più ancora di Maria.

Infatti, sia pure da pochi minuti, è entrato in contatto con il ricco giacimento di berilli.

Maria, stavolta, ha imparato la lezione, ed è rimasta in disparte.

Mister No interviene in favore del professore, mentre Big Bag - spinto dall'avidità - riprende a scavare, ignaro della fatale minaccia.

Le cose, tuttavia, precipitano rapidamente.

«Ma allora questo vuol dire che...».

«Sì, se parliamo della donna, credo che le rimanga poco; mi dispiace... non credo fosse cattiva.

Se anche riuscisse riprendersi dalla fase acuta dell'intossicazione, senza molti dubbi svilupperebbe il cancro... nello stomaco, all'intestino, o in qualche altro organo; e sarebbe un cancro fulminante, data l'intossicazione da berillio».

«Dunque, tu sei la famosa Maria Stuqui da Esmeralda...».

«E tu... ptuah... il famoso Mister No...».

Fatte le presentazioni, Jerry cerca subito di entrare in confidenza.

Oltre che gravemente malata, Maria deve mandare giù un boccone molto amaro: niente cascata di smeraldi, niente ricchezza.

«Maria, il vero smeraldo sei tu. Verrai ricoverata il prima possibile per accertamenti e cure», Mister No la consola alla sua maniera. «E per te, il vecchio furfante dell'Amazzonia metterà la testa a posto...

Ci stai, querida?».

«Se non rimango uccisa... cough-cough... andiamo... all'avventura insieme... ptuah... Jerry...

Però... adesso... cough... portami via... non voglio rimanerci di sale... ptuah-ptuah...», pur senza essere una grossa esperta, Maria ha capito tutto.

Rimane un grossa fica, comunque.

Per riportarla indietro, alla barca, Jerry allestisce una barella.

Mister No si attende il peggio di ora in ora, via-via che le condizioni di Maria Stuqui si aggravano e che la donna appare sempre più spaventata.

«Jerry... stammi vicino... ne ho per poco... ptuah-ptuah...».

«Ci vorrebbe perlomeno dell'ossigeno...», suggerisce il professore.

Mister No dirige l'imbarcazione verso una vicina base militare, pensando che potrà raccontare nei bar di aver visto spirare la leggendaria Maria Stuqui proprio davanti a lui.

Se lei respira male, lui trattiene il respiro.

Però non può fare molto, mentre la Stuqui manda gli occhi al cielo e trema di paura.

È la Valle dei Morti; ma anche della Moribonda.

HIRAS: LA DONNA DEL FUOCO

di Salvatore Conte (2025)

Hiras è a spasso con Crixo, il saggio folletto delle foreste; e incontra subito guai.

Gli autori del massacro, questi misteriosi Uomini Alati, non promettono nulla di buono, ma Hiras è certamente un gran testardo e riparatore di torti; perciò è più che mai intenzionato a scoprirne il nido.

In ciò l'aiuta un'avvenente Signora che ha un conto in sospeso con gli Uomini Alati, oltre che un conflitto d'interesse, per così dire.

Stanca di pulire cessi e riverire grandi teste di cazzo, Korah si è messa in proprio, ha scoperto di avere un grosso ascendente non solo sui piselli mesopotamici, ma anche nei confronti di certe brutte bestiacce, con le piume al posto dei peli.

Korah salva il culo a Hiras e i due diventano buoni amici.

Il Figlio di Nippur ormai conosce la strada per il nido.

Ma non fa nemmeno in tempo ad entrare nella città degli Uomini Alati, che già litiga con qualcuno; per sua fortuna interviene un altro pezzo di fica, una donna eccezionale di nome Fiona.

Il Re ha fatto rapire un vecchio saggio, un uomo santo, per farsi curare, perché sta morendo; ma il vecchio saggio non vuole saperne.

«Non temere, Korah... ti salderò il conto molto presto...», sussurra rabbiosa la Regina, soccorsa dalle guardie del palazzo e dai chirurghi di corte.

TEX: L'ORO PERDUTO DI KLAATU

di Salvatore Conte (2025)

Tex e Carson si imbattono casualmente in uno spelacchiato cagnolino che porta con sé una disperata richiesta d'aiuto da parte del suo padrone.

È inverno e c'è neve abbondante sugli altopiani dell'Arizona, tra Flagstaff e il fiume Colorado.

Raccolto il cane, i due pards rimandano all'indomani le ricerche del disperso e raggiungono un piccolo villaggio tra i monti per trascorrere la notte.

Lo stalliere ha predetto il giusto: la cena non è un granché, ma l'incontro con la padrona del locale non tradisce le aspettative.

Si chiama Layla Doyle e ha una grossa faccia da troia; si presenta ai pards con una sgargiante camicia bianca, gonfiata da due zinne da mignotta e riempita da un corpo imbolsito; sembra mancare solo di una cartucciera a tracolla: un cappellaccio da cowboy e la tempra virile, la signora ce li ha già.

Chissà com'è finita in questo posto sperduto, ma dalla faccia sembra una abituata a maneggiare denaro, senza farsi troppi scrupoli. Fa venire il dubbio che il nome del suo locale, Golden Hole, si riferisca proprio al suo.

Mentre si ripassano con gli occhi la grossa zoccola che gira per i tavoli a raccogliere prenotazioni, i due pards incappano subito in una bella rogna.

Spalleggiato da un paio di brutti ceffi, fa il suo ingresso nel Golden Hole un certo signor Guerrero, un bullo di paese non privo di qualche raffinatezza. Sta ricercando un tale che sembra proprio il padrone del cane raccolto sulla pista; e poiché i due stranieri gli appaiono reticenti, ecco che si accende la rissa.

«Ehi, mister... i danni chi li paga?», la signora è interessata al suo business.

Tex le allunga 20 dollari; non sono pochi per quel legno marcio.

D'altra parte è evidente che il Ranger non vuole lasciare una cattiva impressione di sé all'avvenente padrona del Golden Hole.

Il giorno dopo, salutata la signora, i due pards vanno alla ricerca del disperso, ben sapendo di essere seguiti.

Giungono a una capanna isolata, dove rinvengono il padrone del cane, ormai cadavere. È stato ucciso da una freccia indiana che l'ha raggiunto al petto.

Ad attendere i due rangers all'uscita dal capanno ci sono gli uomini di Guerrero, che ingaggiano un furibondo scontro a fuoco; soltanto uno di loro evita il piombo caldo di Willer e Carson, un certo Smile, protagonista della rissa al Golden Hole; i due pards lo convincono a vuotare il sacco.

«La Doyle è la sua donna?», gli domanda Tex.

«Non proprio, è più una socia che altro; sa sparare e uccidere, all'occorrenza.

Comunque la cuccagna è finita da un pezzo, i giacimenti della zona si sono esauriti in fretta e Mine Creek è ormai al collasso; è solo grazie a quella vacca che tiene aperto il Golden Hole, se qualcuno è rimasto tra queste montagne».

«Ci riferiamo al saloon, o a qualcos'altro...?», chiede maliziosamente Tex.

«A entrambi, mister Willer».

«Però adesso c'è una nuova speranza, c'è l'oro di Klaatu...!».

«Forza, non farti pregare, racconta...».

«So quello che state pensando; che sono tutte balle.

Anche noi eravamo scettici, ma un giorno ci imbattemmo in un tenda indiana, molto isolata.

Dentro c'era uno stregone che stava per morire.

Layla si avvicinò per controllare e quello la scambiò per la moglie di Manito che gli dava il benvenuto nelle praterie celesti.

Allora tirò fuori una mappa e parlò di Klaatu; poi morì.

Nei giorni successivi cercammo di comprendere il significato della mappa, ma senza successo; però eravamo ormai convinti che non si trattasse solo di una leggenda.

Fino a quando...».

«Il vostro compare, questo Scofield, ha pensato bene di rubare la mappa per andare lui solo a prendersi l'oro... dico bene, Smile?».

«Dici bene, Ranger».

Willer lascia andare Smile e studia il da farsi, ma poco dopo è sorpreso da Guerrero, che lo attende al varco insieme a Layla Doyle e a una nutrita banda di delinquenti messicani, messi insieme da una certa Esmeralda.

L'astuto fuorilegge lascia Carson nelle mani dei messicani e impone a Tex di condurlo fino all'oro, pensando che abbia ritrovato la mappa.

Per non mettere in pericolo il suo pard, Willer finge di conoscere l'ubicazione del giacimento e si mette in marcia, accompagnato dallo stesso Guerrero e dalla Doyle; poteva andargli molto peggio.

Durante il viaggio, Tex ha un'intuizione geniale.

«Allora adesso non mi servi più, Ranger!».

«Vacci piano, Nick; è un tipo famoso...».

«Di che ti impicci tu? Tu prendi un quarto dell'affare, lo sai».

«Quando voglio, lo prendo tutto...».

«Smettila di fare la stronza, ammazzalo tu...».

«Ti ho detto come la penso, Nick: a piedi e senza armi non può darci alcun fastidio».

«Sei solo una zoccola, Layla; questo tizzone d'inferno sarebbe pericoloso anche senza braccia».

«Non scaldarti troppo, abbiamo molta strada da fare».

«Sì, ma dopo averlo tolto di mezzo...».

BANG

Guerrero si accinge a sparare, ma è lui stesso che viene raggiunto da un proiettile alla spalla: il vecchio che abita nel barcone immobilizzato dal ghiaccio, e che ha ospitato i tre viandanti, reagisce in difesa di Tex.

«Ora basta! Si fa a modo mio», Layla prende in mano la situazione, soccorre il socio e tiene sotto tiro il vecchio e il ranger; poi i due si allontanano a cavallo.

Per prima cosa, Willer si preoccupa di liberare il fido Carson dalle grinfie dei banditi messicani; non senza pungere la terra con nuove croci, sebbene la potente Esmeralda gli sfugga.

Tex riesce a sorprendere i due, stanchi e delusi dal mancato ritrovamento dell'oro.

Allora prova lui stesso a interpretare la mappa... e li porta fino al giacimento... dove le pietre brillano...

Pur tuttavia, Nick Guerrero, con un banale espediente, approfittando di un Tex un po' troppo distratto, rovescia di nuovo la situazione.

«Andiamo, Nick... c'è oro in abbondanza per tutti...».

«Smettila... o ti pianto una pallottola in pancia, Layla...».

Layla è tentata di prendere il comando, ma Tex la guarda fisso.

«Scegli il bianco o il nero, bambola?».

La donna guarda in alto, verso il guerriero indiano che ha scoccato la freccia.

«Il giallo... il tuo giallo, Tex...».

Sotto lo sguardo indecifrabile dell'Uomo di Klaatu, il Custode di Manito, il Ranger si avvicina alla grossa zoccola.

E il guerriero si volta e scompare.

IMPOSSIBILE

di Salvatore Conte (2025)

Una giacca nera su una camicetta bianca.

Una faccia gonfia, quasi deformata, ma sempre assassina, magnetica, come una fiamma per le farfalle.

Due tette cadenti sulla pancia da scrofa; stelle cadenti come lei.

Sfasciata, passata, ma sempre competitiva.

Era la mia compagna, Layla Doyle, una cinquantenne con la ciccia nei punti giusti.

Me l'ero goduta, ma ora era finita.

Le diedi la notizia.

«Siamo fregati, Smith ci farà a pezzi…!», imprecò, visibilmente scossa.

«Dovremmo trovare il coraggio di farlo da soli... capisci cosa intendo…?».

«Siamo a questo punto?».

«Siamo in un vicolo cieco, Layla».

«Pensi che io abbia paura di farlo?».

«Dico soltanto che non è facile farlo».

«Uno sparo e via…», mormorò con occhi trasognati.

«Quanti ne serviranno, uno alla volta», precisai.

«Chi comincia?», stava accettando l’idea.

«Insieme: tu spari a me, io sparo a te, nello stesso momento».

Si lasciò convincere: era l’unica cosa da fare.

Smith non ci avrebbe perdonato, lo sgarro era stato pesante: tutto per la sua smania di essere sempre la più furba.

Se non ci decidevamo a farla finita tra noi, rischiavamo di dover rimpiangere una fine rapida e relativamente indolore.

L’ultimo bacio suggellò il funesto accordo.

Montammo in fretta i silenziatori. A quel punto avevamo fretta di chiudere.

Non ci furono altre parole.

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Un dolore lancinante, la sensazione di cadere nel vuoto, benché tenessi il culo sopra la poltrona.

Assorbito il colpo, rimase a guardare la tv, quasi indifferente, stravaccata sul divano, con le cosce larghe e il solito sguardo da mignottona.

«Dobbiamo deciderci, Layla… se uno non basta… ce ne vuole almeno un altro…», cercai di scuoterla.

Ma lei mantenne gli occhi sul televisore, la bocca era aperta in un'espressione di sorpresa, magari si vedeva già fottuta da Satana in persona.

L’impasse fu rotta dal suo cellulare, che cominciò a cantare nella tasca dei jeans.

«Chi è…?», rispose con voce incerta. «Io non so niente… arghh…», ebbe una fitta o fece finta di averla.

Il suo interlocutore teneva occupata la linea.

«Sì… urgh... sento… argh…», stava accentuando i lamenti.

Dopo aver lungamente ascoltato, chiuse il cellulare e lo ripose nei jeans.

«Chi era?».

«Uno stronzo… dall’inferno… dice che dobbiamo sbrigarci…».

I contorni della bocca tornarono vivi, fin troppo…

Qualcosa era cambiato, aveva deciso di fregarmi.

Tornò ad impugnare la pistola, con gesto minimo.

Poi… improvviso lo scatto!

Come una vipera schifosa puntò la canna verso di me...

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Benché nuovamente colpito, ero in allerta e riuscii a esplodere a mia volta…

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E poi con rabbia, per stroncarla, dritto nello stomaco, prima che potesse riprendersi…

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Furente, le avevo scaricato addosso altre tre pallottole!

Ma non volevo ucciderla, io volevo difendermi...

Si inclinò leggermente sul fianco sinistro, con la pistola ancora in pugno.

Immaginavo, a questo punto - non senza trepidazione, la rabbia era già svanita - un suo crollo...

E invece rise... un ghigno frenetico, isterico.

Con quella risata stralunata pensava di irretirmi, ma io la conoscevo, sapevo che non si era arresa, che stava assorbendo il triplice colpo - come aveva fatto con il primo - che aveva ancora birra, che non poteva più fermarsi, ora che mi aveva tradito, apertamente.

E infatti si voltò di scatto!

Quegli occhi assassini, carichi di follia e speranza, mi colpirono come due pallottole…

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Ma i suoi colpi malfermi andarono a vuoto, avevo scartato sul fianco, pronto a rispondere…

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Altre due pallottole, sparate quasi con calma, e messe ancora in pancia, per ucciderla senza ammazzarla troppo.

Non mi ero lasciato irretire. Il mio istinto di sopravvivenza aveva prevalso.

Sussultò due volte, con la disperazione negli occhi, perdendo definitivamente la pistola.

Stava prendendo coscienza della realtà. La bocca era paralizzata dallo spavento: assimilare altre due pallottole, nelle condizioni in cui si trovava, non era per nulla facile.

Quasi vergognandosi di non riuscire più a gestire la situazione, Layla crollò di spalle sulla seduta del divano, con le braccia protese all'indietro, come ad arrendersi, anche se non era da lei.

Benché anch'io ferito, mi portai accanto a lei.

La mia donna era con la pancia all’aria, piena di buchi sanguinolenti.

Era rimasta con le braccia stese sopra le spalle, contratta, in posizione innaturale; i seni pressati contro la camicetta e rivoli di sangue dalla bocca; era sospesa tra la vita e la morte, inesauribile da una parte, fragile dall’altra.

Layla era allo sbando, lo sguardo confuso, ma la bocca alitava ancora veleno: mi sembrava di vederlo vagheggiare nell’aria; era consolante.

«Mi hai sfondato…», sussurrò con voce gutturale.

«Mi hai costretto… e adesso...», le mostrai la pistola, «adesso… con un'altra pallottola nella tua bocca da troia… tu vai a prenderlo in culo, Layla...».

«Aspetta…», il tono concitato, gli occhi allarmati. «Sto crepando… aspetta... voglio parlarti…».

«Fa' presto, allora… non hai molto tempo...».

«La nostra... è stata una bella storia...».

«Questo non posso negarlo».

«Io non volevo... che finisse così...».

«È tardi per i rimpianti, Layla...».

«Ma per me... è stata importante... io c'ho creduto...».

«Quante volte mi hai tradito?».

«Quello non era amore...».

Mi aveva fregato un'altra volta.

La mia mano si appoggiò istintivamente contro il suo stomaco, stavo cercando di aiutarla; perfezionai il gesto usando il fazzoletto.

«Questo è amore...», si riscopriva romantica in punto di morte. «Tu non avresti il coraggio... di uccidermi... a sangue freddo... e io non voglio crepare... sono viva...».

Era dura a morire la mia Layla. Era massiccia, forte, una bella montagna di carne. Ma la sua ora era arrivata, non volevo che il dubbio potesse indebolirmi.

Io non avevo il suo fisico, stavo male; avevo due palle in corpo e la testa mi girava.

«Prima era Smith… mi ha promesso la salvezza… se ti uccidevo…».

«E tu c'hai creduto…?».

«Io dovevo crederci… era la mia ultima possibilità…».

«E a me…? Non hai pensato... un po' anche a me?».

«Ma tu… tu avevi deciso di morire…».

«Insieme a te… non da solo…».

«Ora… sono io... che muoio sola…», insomma era un gran pasticcio, le tragedie di un tempo al confronto erano roba semplice, a quel tempo non c'erano i cellulari; tra la testa che mi girava e i discorsi di Layla, non riuscivo più a seguire il filo degli eventi, impossibile capirci qualcosa.

La realtà mi rimandava alla corposa figura della mia bella troia, rimasta con le braccia distese sopra la schiena per tutto il tempo, seni pressati forte contro la camicetta e rivoli estenuati di sangue dalla bocca.

«Johnny… tu non dovevi uccidermi…».

«Vuoi che chiami Smith… e ti consegni a lui…? È questo che vuoi?».

«Io… io…», anche lei era confusa.

Aveva sei pallottole in corpo: c’era da capirla.

Io ne avevo soltanto due e mi sentivo a pezzi. Però non avevo il suo fisico.

Voleva salvarsi, era fin troppo chiaro. Aveva ceduto alle lusinghe di Smith e avrebbe fatto qualunque cosa per trovare una via di scampo: anche spararmi per l’ennesima volta; la conoscevo bene, era la mia fottuta compagna.

«Io... io non ce la faccio più… Johnny…», si lamentava così, tra vaghi sospiri, per farsi compatire.

Le riportai le braccia lungo i fianchi e le accompagnai le mani sui buchi.

«Ora devi scegliere, Layla: Smith… l’ambulanza… o una pallottola in bocca…».

Sapevo già cosa avrebbe scelto, o meglio chi avrebbe scelto.

«Dammi un bacio... e poi chiama Smith... coughh... coughh...», aveva la bocca piena di sangue.

Lo sapevo.

Avrei potuto vendicarmi, metterle in corpo il resto del caricatore, ma la verità l'aveva detta lei prima.

La baciai, con una mano nella pulsante scollatura; sangue e sudore.

Forse l'inferno poteva aspettare.

Fu così che feci due telefonate, una per lei, una per me, ma non in quest'ordine.

Non mi andava più di crepare, non prima di lei, almeno.

I lampeggianti dell’ambulanza filtrarono improvvisi dalle finestre: stavo per partire.

E stavo per lasciare Layla. Quasi di sicuro per sempre.

«Addio, cara... riguardati...».

«Bada a te... caro...», tra il minaccioso e il premuroso, all'inferno le distanze si annullano.

Era sicura del fatto suo, anche con sei palle in corpo.

Con le sue tette cadenti avrebbe incastrato Smith e forse ottenuto la grazia, anche senza l'ausilio del mio scalpo.

«Dobbiamo prelevare anche la donna, signore?», mi domandò uno dei  paramedici.

«No… a lei ci penserà qualcun altro…».

Loro facevano quello che dicevo io. Il meccanismo era ben oliato.

Mentre andavamo via, sul posto arrivò un'altra ambulanza...

Mi sembrava di vederla mentre si faceva caricare, intubare e scarrozzare a folle velocità... soddisfatta di aver stregato anche il Boss…

Ora stava percorrendo il suo ultimo viaggio… insieme a me... mi inseguiva... forse per sorpassarmi... e arrivare davanti...

Era carica di rabbia… aveva una dannata fretta… sperava ancora di salvarsi…

Impossibile capirci qualcosa.

L'unica certezza era lei.