Il Nettare

IL NETTARE

di Salvatore Conte (2024)

È difficile correre con la pancia imbottita di piombo.

Ma Layla sapeva farlo.

Anche se appesantita da cinque pallottole .223, la possente libanese non era tipo da mollare.

Layla Dakmak era considerata l'assassino freelance più efficiente al mondo.

Cinque colpi in pancia non erano sufficienti a fermarla, almeno non subito.

Tutto era cominciato con un incarico troppo invitante per essere rifiutato.

Layla era la migliore e lei lo sapeva.

Nessuno era mai riuscito a fregarla, né i poliziotti, né i giudici, e nemmeno gli altri criminali.

Tuttavia aveva dovuto pagare un prezzo: in diverse occasioni aveva rischiato di rimanere uccisa.

Le sue budella aveva assaggiato più piombo di un intero plotone di marines in Vietnam.

La differenza con gli altri l'aveva fatta la sua quasi soprannaturale capacità di assorbire le ferite, che andava ben oltre la casistica medica.

In quei momenti, Layla non si faceva travolgere dal panico, anzi quasi riusciva a godere di quei buchi in corpo.

«Ooogh!».

Era questa la sua esclamazione fatale di dolore, sorpresa e piacere, insieme.

La libanese preferiva esporre la pancia, piuttosto che il petto o la testa, perché fino a quando il cuore avesse battuto e il cervello funzionato, lei avrebbe lottato per rimanere viva.

E di nuovo avrebbe smentito i medici.

Per il resto Layla aveva superato la cinquantina e si era molto ingrassata; però rimaneva una donna interessante, fasciata da camicioni a tunica tempestati di invitanti bottoncini.

«Nettare», disse l'italiano, dalla figura distinta.

«Dimmi di più», gli rispose la libanese.

Lo conosceva come "Sal", niente di più.

L'aveva contattata come molti altri prima d'allora; con un mucchio di soldi d'anticipo, per sollecitare la sua attenzione.

«La Società Bilderberg lo chiama così.

È un siero in grado di rianimare i morti, da somministrare tramite iniezione, entro un'ora dal decesso.

L'hanno già sperimentato su tre condannati a morte, a mezzo di fucilazione.

I tre sono stati poi giustiziati una seconda volta, ma non si sono ripresi.

Il siero funziona una volta sola.

Ebbene... io rappresento un'ala della Bilderberg che intende produrre il siero su scala industriale, in modo da rifornire chiunque abbia abbastanza soldi da rifarsi una vita... diciamo così».

«Vai avanti».

«La formula del siero è tenuta nascosta nel sottosuolo di Ginevra, all'interno di un'installazione segreta della Società, collegata alle fognature della città.

Il tuo obiettivo è penetrare all'interno e creare un diversivo, tenendo impegnate lo loro difese, mentre io mi occuperò di portare via la formula con tutte le dosi di siero che riuscirò a trovare.

La struttura è difesa da decine di paramilitari, tra cui molte donne, perché i gerarchi della Società, credendosi intoccabili, le usano più che altro per sollazzarsi.

Pertanto non incontreremo una grande resistenza».

«Va bene, ci sto».

I due sicari si erano calati sotto la città da un tombino fognario.

Attraverso una mappa in possesso del killer italiano, avevano raggiunto la zona rossa.

«Ormai ci avranno rilevati: qui ci separiamo, Layla.

Questo corridoio ha un andamento circolare: spara a tutto quello che incontri e vai avanti. Io farò lo stesso.

Ci rivediamo alle tende rosse, l'uscita è lì».

La libanese cominciò subito il suo lavoro.

Dopo non più di cento metri, Layla si vide venire incontro tre uomini armati di AR-15.

Pfft-Pfft-Pfft...

La Dakmak prese la mira e li abbatté con tre colpi silenziati in fronte, precisi al millimetro, utilizzando la uzi in modalità tiro singolo.

Poi ne avvistò altri due.

Pfft-Pfft...

Rattattatta!

Stavolta uno dei due lasciò partire una raffica al cielo, prima di cadere morto.

Le sirene d'allarme cominciarono a strillare. Il silenziatore non era più necessario.

Mentre continuava ad avanzare nel lungo corridoio circolare, Layla sentì arrivare diversi uomini.

Appena a tiro, aprì il fuoco a raffica.

Erano donne, le mignotte di cui aveva parlato Sal.

Ne fece fuori una mezza dozzina, ma una si salvò e rispose.

Rattattattatata.

«Ooogh».

Pow-Pow!

La puttanella cadde morta a terra, ma Layla aveva incassato due pallottole in pancia...

Altri quattro uomini sbarrarono la strada alla libanese.

Con una mano sulla pancia e l'altra sulla fedele uzi a tiro multiplo, Layla fece partire una raffica.

Rattattattata!

Rattattattata!

«Ooogh!».

Non fu solo l'eco a rispondere!

Uno degli uomini era riuscito a sparare.

E altre tre pallottole calibro 223 l'avevano raggiunta nel pingue addome.

Gli avversari, però, sembravano finiti. E le sirene si erano spente.

Adesso doveva trovare le tende rosse!

Le tende c'erano, l'italiano no.

«Dove cazzo... ukh... sei finito...», sussurrò tra sé la libanese, con le mani pressate sulla pancia e la uzi a tracolla.

Quando la vide, fu troppo tardi.

Una puttana ferita le puntava contro la canna del suo AR-15.

«Maledetta troia...».

«NO!!», Layla urlò disperata.

Ma l'altra non si fece irretire.

Rattattatata!

«OOOHGGH!!».

Altre cinque pallottole in pancia!

Ma poteva gestirle...

«Aspetta... ukh... aspetta...!».

Inutile.

Rattattata!

«Hougghk…!? Houghhk…! Hooughhk!!».

Stavolta quattro pallottole nel petto!

Erano ferite mortali!

Layla era impietrita, ma ancora in piedi.

«Maledetta... houghhk...».

Rattattatata!

Stavolta, però, non si aprirono altri buchi.

Almeno non nel suo possente corpo.

«Mi dispiace non essere arrivato prima...

Ma ho con me il siero; se occorre, ne avrai una dose...».

Sal aveva liquidato la mignotta troppo zelante, con una raffica nella schiena.

«Peccato... ukh... grossa puttana...».

«Era Anna Frazer, l'amante di James Bond; in questo periodo faceva servizio qui.

Quando lo verrà a sapere, si incazzerà da morire...».

«Allora... dalle una fiala... meglio... ukh... non averlo addosso... quello...».

«Okay, poi ti metto su una carrozzina e andiamo via».

Superarono insieme le tende rosse, che si aprivano sull'ingresso principale della struttura, il seminterrato dell'obitorio di Ginevra, un posto in cui nessuno sarebbe andato a ficcare il naso, ma comodo per gli esperimenti in corso, soprattutto per quelli che fallivano...

IL RITORNO DELLA GRAN PUTTANA

Depressa e stravolta, pallida come un cadavere, Layla era stata trasportata a casa di Sal in gran segreto.

Massacrata dalle pallottole, aveva subito tre interventi chirurgici ravvicinati.
I medici avevano cercato di ricostruire - con protesi artificiali - parte dei suoi intestini, completamente distrutti dalle devastanti raffiche di piombo.
Lo stomaco era stato ridotto a un quarto, nella prospettiva che potesse lentamente espandersi.
Fragile e malconcia, difficilmente sarebbe tornata a camminare sulle proprie gambe, e alla minima complicazione c’avrebbe lasciato la pelle.
Tuttavia era tornata. Senza bisogno del Nettare.
E con 14 pallottole in corpo non era stato un scherzo.

Sal le era rimasto accanto, anche dopo la fine della missione.
Faceva le nottate per assisterla, appesa alla flebo, depressa e piena di dolori.
Layla, infatti, contrariamente al suo carattere, appariva smarrita e titubante.

Sal le tamponava i buchi con la mano, in maniera puramente simbolica, visto che erano bendati accuratamente.

«Sono invecchiata...».

«Mi vai bene così».

«Allora toccami le zinne... voglio ripartire...», gli disse la libanese.

Era tornata.