Due pallottole non sono abbastanza (ma due parole sì) DUE PALLOTTOLE NON SONO ABBASTANZA (MA DUE PAROLE SÌ) di Edgar Wallace e Salvatore Conte (1927-2020) PERSONAGGI
IV. UN WEEK-END COMINCIATO MALE
(Mercoledì, 14 Maggio 1924)
Invece di avere con Cardew una di quelle conversazioni nel corso delle quali i due uomini si punzecchiavano a vicenda, pensò che lo avrebbe maggiormente soddisfatto un incontro con Hannah Shaw.
Questa donna, nota principalmente per la sua
notevole mancanza di perspicacia, detestava di tutto cuore il vecchio
sovrintendente di polizia, arrivando fino a provare, per la natura delle sue
funzioni, come per lui stesso, un disprezzo che si guardava bene dal
dissimulare.
E comunque state pur certa che quando penso a voi
penso sempre a una signorina. Proprio l'altro giorno dicevo al mio sergente:
"Come si spiega che quella donna non si sia ancora maritata? Non capisco. È
ancora giovane... è interessante... è in salute..."».
Comunque io non ho tempo da perdere, Minter...».
«Non fate troppo lo
spiritoso e permettetemi di dirvi che a Londra c'è molta gente di fronte alla
quale siete ben poca cosa; e se il signor Cardew andasse a trovare il capo della
polizia e gli raccontasse la quarta parte di quello che voi dite e fate, non
conservereste molto a lungo la vostra uniforme».
«Che cos'ha la mia
uniforme?», esclamò mentre lei gli chiudeva
brutalmente la porta in faccia.
Una mezz'ora più tardi dichiarava, strizzando
l'occhio al giovane ufficiale di polizia seduto in faccia a lui:
«Quando un uomo ha raggiunto il grado sociale che io
ho raggiunto, vuol dire che possiede un certo... temperamento. Ebbene, oggi più
che mai ho del temperamento. Ora, c'è qualche cosa di primaverile nell'aria e
scommetterei che la domenica scorsa ho sentito cantare un cuculo. Orbene, quando
i cuculi cantano e le primule spuntano, io ho del temperamento. Ho avuto or ora
una conversazione con la bella di Barley Stack e ho la testa piena d'idee
sentimentali. Voi mi consigliate d'interrogare quel vagabondo e io vi
rispondo che preferirei andare a cogliere fiori sulla riva del fiume».
«Non si tratta di un
furto ordinario, capo. Secondo quanto dice Sullivan, il vagabondo, lui non
voleva entrare nella casa del signor Elson per rubare
denaro. Doveva cercare un'altra cosa...». Super abbandonò il suo subordinato e saltò in sella alla motocicletta. Era stranamente inquieto. E troppo svagato per accorgersi che un'automobile lo stava seguendo. Dopo un breve giro nella soleggiata campagna, Minter stava per ritornare presso il suo Comando di polizia, quando avvistò un'auto accostata al margine della strada. Riconobbe subito la figura imponente di Hannah Shaw, ferma in piedi accanto al veicolo. La donna alzò un braccio al suo indirizzo: «Potete aiutarmi?». In verità, il suo corpo esuberante, florido, sembrava trovarsi nel suo habitat, in quel luminoso e prospero giorno di primavera. A dispetto, però, della temperatura molto mite, la camicetta di Hannah era abbottonata, come al solito, fino al collo. Ce n'era comunque abbastanza per attirare Minter come una mosca su un frutto sfatto. Il sovrintendente si piegò sulle ginocchia per controllare una gomma dell'auto che sembrava bucata. La Shaw si fece vicino, torreggiando su di lui. La sua camicetta era adesso sbottonata aggressivamente fino allo stomaco, e offriva un intrigante spaccato del cadente seno, sul punto di sbocciare come i fiori intorno. «Fa davvero molto caldo, quest'oggi, signor Minter... Non lo pensate anche voi?», passandosi la mano sulla camicetta, allentandone ancora di più i lembi. «Fa davvero molto caldo, quest'oggi, signorina Shaw...», tirandosi in piedi come d'impulso. «So come mi guardate, Minter...», sussurrò Hannah. «Non sono quella stupida che credete. E non sono una donna passata; mi sono ingrassata, ma così mi piaccio anche di più; non mi manca niente e posso ancora scegliermi gli uomini...», concludendo con un'arroganza non certo infondata. Super era estasiato. «Fa molto caldo, Minter. Ho bisogno di un po' d'ombra...», Hannah portò la mano sulla fronte e si avviò verso un folto cespuglio. Dopo un attimo di esitazione, il sovrintendente la seguì dietro la macchia e la ritrovò a terra, prostrata nell'erba, come se si sentisse mancare. Super si piegò nuovamente sulle ginocchia.
«Mi sentite,
signorina Shaw?». Minter era finito nella ragnatela della Shaw e perse completamente il senso del tempo e dello spazio. Non sapeva dire se fossero passati cinque minuti o un paio d'ore. L'unica cosa certa era che Hannah non c'era più. Si rialzò in piedi e tornò verso la strada. La Shaw era seduta in auto al posto di guida. La camicetta perfettamente abbottonata fino al collo. Lo show era finito. Il sovrintendente sostituì la ruota senza farla scendere dall'abitacolo: «Non credo abbiate bisogno di ripararla...». «Lo penso anch'io. Deve aver perso pressione all'improvviso, la farò rigonfiare. È stato uno scherzo del destino. Cose che capitano in una primavera così calda...», ma il suo sorriso era freddo come il ghiaccio. «Se solo non foste un povero poliziotto... Ad ogni modo, grazie per il vostro aiuto, signor Minter». E se ne andò come era venuta. (Mercoledì, 14 Maggio 1924)
«Ho arrestato Sullivan perché si era addormentato nel parco
di una proprietà privata. Super lo fissò con occhi vitrei, come assorbito da un sogno. «Sì... certo...», scuotendosi dal torpore, «andate... andate e non dimenticate soprattutto di osservargli le orecchie: avete osservato che le orecchie dei criminali e dei paranoici hanno sempre la forma di un parabrezza? L'ho letto in un libro e i libri non mentono. Il mestiere dell'investigatore non è più quello di una volta, sergente. Adesso occorre essere esperti di fisiognomica, e di chimica, e di psi... psiqualcosa». Quando Super cominciava a parlare era ben difficile farlo smettere. Il sergente, pur con molto rispetto, emise un lungo sospiro. «Volete interrogare quell'uomo, Super? Ha confessato un tentato furto con scasso...». «Ho un'idea migliore. Farò un sopralluogo sulla scena del crimine, secondo i dettami dei nuovi manuali di scienza dell'investigazione perfetta. Se anche lo interrogassi, potrebbe mentire: le tracce sul campo, invece, non mentono».
Super aveva una motocicletta
d'aspetto del tutto particolare, che stava a una
motocicletta normale come una capanna di frasche sta a Buckingham
Palace. Appoggiata la sua moto contro un albero, si diresse lentamente verso la sontuosa villa di Stephen Elson.
Il vestibolo era deserto, ma egli udì due voci, una femminile, con qualcosa di famigliare, e l'altra maschile.
Sembrava provenissero da una
stanza che si apriva sul vestibolo stesso e la cui
porta era socchiusa. Apparve una mano, le cui dita si posarono
sullo stipite di quella porta, ma non l'aprirono. Ci mancava solo questa vecchia puttana, adesso!».
In quel momento la porta si aprì e Super vide la persona che aveva parlato.
Per quanto non l'avesse vista
che di spalle, il sovrintendente riconobbe
facilmente Hannah
Shaw. Hannah non aveva visto neanche la sua ombra. Per esser più sicuro di far passare inosservata la sua presenza a Hill Brow, Super portò la motocicletta a mano per un bel tratto di strada. (Giovedì, 15 Maggio 1924)
Jim
Ferraby si domandava per quale
ragione, per la prima volta da cinque anni che si
conoscevano, Cardew l'avesse fatto entrare nel suo ufficio. «Ho pensato a voi tutta la mattina», dichiarò a un tratto, «e mi sono chiesto se dovessi consultarvi o no.
Voi
conoscete, vero, la mia governante,
Hannah Shaw?».
«Lo so che quella
donna non vi piace. È stata scortese con voi l'ultima volta
che siete venuto.
«Leggete»,
disse. Il testo era composto di tre linee manoscritte in lettere maiuscole:
VI HO AVVERTITO GIÀ DUE VOLTE
Il foglio era firmato "Big-Foot". «No. Questa carta è venuta in mio possesso in uno strano modo. L'ultimo giorno del mese Hannah mi porta in ufficio le fatture dei fornitori e le posa su questa cartella. Ha l'abitudine di buttarle alla rinfusa nella sua borsa, senza metodo, senza ordine.
La lettera che
avete letto si trovava nelle pieghe di una
fattura, quella
del droghiere, ed evidentemente ce l'ha lasciata lei senza
accorgersene». «No», rispose. «Le ho spiegato che aveva in me un protettore e che in caso di pericolo non doveva esitare a ricorrere a me per cercare aiuto. Per tutta risposta, lei si è limitata a digrignare i denti, letteralmente: "Io non ho paura di nessuno! So badare a me stessa! Non sono una vecchia ciabatta!"; non c'è altra espressione: ha digrignato i denti. Hannah sembra ossessionata dall'età e dal peso: si è molta ingrassata negli ultimi mesi; si rende conto di essere ormai una donna passata, in pieno declino, ma non vuole ammetterlo». «Non si è mai sposata?». «Mai». Sospirò profondamente e riprese: «Io detesto le facce nuove e sarei seccatissimo se dovessi perdere Hannah. Se il suo comportamento fosse diverso, l'avrei informata subito della mia scoperta, ma per dirvi la verità, mi sentirei molto, ma molto imbarazzato, se dovessi dirle che una lettera appartenente a lei si trova in mio possesso. Abbiamo già avuto, una volta, una scena molto sgradevole a proposito di qualche cosa di simile e una nuova discussione di questo genere rischierebbe di separarci definitivamente.
Che cosa ne pensate di questa
lettera?». «Ossia al sovrintendente Minter, detto Super, non è vero? E voi credete che io possa rivolgermi a quella specie di poliziotto, stupido e senza immaginazione? No. Se la lettera in questione nasconde un mistero, credo che sarò capace di metterlo in chiaro da me. E credo che un mistero esista». Poi, sottovoce: «Come sapete, io possiedo una casetta, una specie di bungalow, sulla spiaggia di Pawsey Bay. È una vecchia abitazione di guardacoste. La comprai per poche sterline durante la guerra e vi ho trascorso ore gradevoli. Oggi non ci vado che molto di rado e quella piccola proprietà è diventata come la casa di campagna dei miei domestici. Questa mattina sono stato molto sorpreso quando Hannah è venuta a domandarmi se poteva passare il prossimo fine settimana al bungalow. Infatti non solo erano anni che non ci andava, ma ha un vero odio per quel luogo e me lo ripeteva non più tardi di una settimana fa. Ora io mi domando se quest'improvviso viaggio a Pawsey non abbia qualche rapporto con la lettera».
«Fatela sorvegliare da un investigatore», consigliò Jim; poi aggiunse con trasporto: «Da un investigatore privato... La vostra governante non è così malandata come la ritenete. Forse qualcuno le ha messo gli occhi addosso». «Ad Hannah?!», esagerando volutamente la sorpresa. «Penso siate troppo indulgente, mio caro Ferraby. Mi duole dirlo, ma la mia povera governante è ormai un tipo che i teppistelli di Londra definirebbero "vacca smunta" o "vecchia cessa", troppo grassa e sfatta anche per infinocchiare un semplice impiegato di banca. Comunque non nego che vi siano uomini a cui questo tipo di donna piaccia. Perciò avevo già quest'idea, ma mi ripugna far spiare Hannah. Ricordatevi che è al mio servizio da quasi quarant'anni. Naturalmente le ho accordato il permesso che chiedeva. In generale, Hannah passa il tempo libero a percorrere la campagna in una vecchia Ford che il mio autista le ha insegnato a guidare alcuni anni fa. Ma non si tratta di un cambiamento d'aria. Io le passo un buon salario e potrebbe permettersi di alloggiare in un buon albergo, senza finire sulla spiaggia di Pawsey Bay; a meno, beninteso, che ella non vi abbia dato appuntamento a questo misterioso Big-Foot. Mi domando davvero cosa vada a fare laggiù quel demonio di Hannah. Pagherei non so cosa per saperlo.
Qualche volta mi domando perfino se non sia
un po'...», e si toccò la fronte con l'indice. Decise subito che ne avrebbe parlato al vecchio sovrintendente Minter, di cui era buon amico.
IV (Venerdì, 16 Maggio 1924) L'automobile che conduceva Ferraby e Super in direzione di Pawsey aveva appena oltrepassato Horsham, quando cominciò a cadere una pioggia diluviale, subito seguita da lampi e tuoni. I due uomini non avevano ancora scambiato una parola da Londra.
Minter, come se un tuono scoppiato
in quell'istante lo avesse distolto dai suoi pensieri,
ruppe infine il silenzio: «Credo che faremo bene a
tenere gli occhi spalancati questa sera, se vorremo capire
quello che succederà. Mi dispiace che Cardew non sia
con noi. Che cosa ne pensate della sua assenza?». E poi quel modo di disprezzarne la matura bellezza e di esagerarne i difetti, mi sembra decisamente sospetto: che gli dia fastidio che lei abbia ricevuto delle attenzioni? Senza contare che a Londra se la intende con una certa Milena Vucic, una vecchia prostituta di lusso...».
«Cardew ha degli strani gusti,
signor Ferraby».
«Stiamo per
arrivare», osservò Super. «Se
non avete nulla in contrario, portate l'auto
oltre il villaggio. C'è una specie di cava abbandonata».
Eccoci... entrate qua dentro e
fermatevi, signor Ferraby».
«Ancora
nessuno», disse, mentre Super e Jim uscivano
dall'automobile.
«Assolutamente
sicuro. La porta è chiusa con un lucchetto».
Si avvicinò e tentò, senza riuscirvi, di aprire porte e finestre.
Jim constatava,
intanto, di non aver mai contemplato un paesaggio più
desolato.
«Le
undici», annunciò. «Aspetteremo
fino a mezzanotte, dopo di che vi presenterò tutte le
mie scuse». Forse mi aspettavo che la Shaw avesse dei problemi, oppure che...», Super afferrò improvvisamente il braccio di Jim. «Dietro quella roccia, svelto!», sussurrò. Sulla strada erano apparse due deboli luci, due fanali d'automobile. Nella fretta, Jim fece un capitombolo sul ciglio della strada e si ritrovò in terra accanto a Super.
Dietro di loro,
c'era Lattimer. Pochi secondi più tardi l'automobile accostava presso Beach Cottage. Passò un quarto d'ora, ma anziché veder giungere un'altra auto, come era logico aspettarsi - l'auto del misterioso Big-Foot, o di qualche focoso spasimante - fu il veicolo di Hannah Shaw a riprendere la strada. Due fasci di luce squarciarono l'oscurità, ma sparirono quasi subito. La vettura lasciò il cottage e risalì la strada nella direzione dalla quale era venuta. Una volta ancora, i tre uomini scorsero la testa protesa in avanti e il cappello dalle larghe falde.
La Ford si allontanava
nella notte ed essi non vedevano più ormai che il fanalino
posteriore. Lei entra, esce, scompare e nessuno sa da dove viene e dove va. Con un po' di fortuna, arriveremo forse a raggiungerla, a pedinarla e a sapere dove andrà realmente. A meno che... ma spero di sbagliarmi...».
Il sovrintendente
cominciò a correre verso il cottage, presto seguito da Ferraby e Lattimer. «Super! Ma che succede?», esclamò Ferraby, stupito. Ma il sovrintendente non aveva tempo per ascoltarlo: era già dentro e squarciava il buio interno con la torcia elettrica. Si trovava in un piccolo atrio, sul quale si affacciava una seconda porta. L'aprì ed entrò in un stretto corridoio, che correva lungo la casa, dall'ingresso al retro.
Le prime ad essere visitate
dal poliziotto furono due camere che davano a destra
del corridoio. Erano camere da letto, ammobiliate con
semplicità. I letti erano senza lenzuola né coperte.
«È odore di polvere!»,
esclamò finalmente. «Hanno sparato
qui... e non è molto».
La porta
è chiusa dall'interno». Ma visto che poteva trattarsi della scena di un crimine, era meglio non buttare giù un'altra porta.
Un vecchio cacciavite
arrugginito, trovato da Lattimer, ebbe
subito ragione del sottile pannello di legno. L'odore acre della polvere
da sparo si fece subito
più intenso. A un tratto il cerchio bianco di luce inquadrò un volto noto... Una donna era seduta là, per terra, col dorso appoggiato contro la porta e la testa china sul petto. La camicetta era sbottonata fino allo stomaco, segno che Hannah Shaw aveva cercato di irretire qualcuno. Non ebbe bisogno di inquadrare la grondante macchia di sangue sulla parete della cucina per capire che la governante di Cardew non aveva avuto scampo. La primavera era già finita. (Venerdì, 16 Maggio 1924 / Sabato, 17 Maggio 1924) Super si ritirò dalla finestrella. Aveva capito troppo tardi.
«Sergente, andate a cercare un medico... signor
Ferraby, volete accompagnarlo? No, restate. Potreste essere chiamato a
testimoniare, più tardi. «Che cosa è successo?», domandò Ferraby. «Seguitemi, se siete interessato a scoprirlo», e l'investigatore, con un'agilità insospettabile in un uomo della sua età, passò attraverso la finestrella. Super tolse il tubo di un lume a petrolio che si trovava sulla tavola, accese la miccia e posò sulla tavola il fiammifero spento. Jim Ferraby, scolorito in volto, fissava incredulo Hannah Shaw. «Ma...». «Non lo so, non l'ho ancora toccata, e non intendo farlo. Ma a me sembra morta stecchita.
E mi dispiace di non essere stato sempre cortese
con lei. In fondo, non era una cattiva donna, per come sono le donne». No, non è un suicidio. D'altronde, un suicidio mi avrebbe sorpreso.
È stata assassinata,
ma come? La porta è chiusa dall'interno; vedete la chiave? Le imposte della
finestra sono chiuse da questa sbarra di ferro». «Cinquantacinque sterline e duemila dollari», constatò Super, dopo aver contato. «E questo mattone, che cosa significa?».
C'era un mattone rosso da una parte,
sul quale sembrava appiccicato un disco di caucciù, attaccato a sua volta a una
cordicella passata nel suo centro. «Sì... i ragazzi si servono di rotelle come questa, di caucciù o di cuoio bagnato, per sollevare le pietre dei pavimenti. Si vede che anche lei ritirava il mattone in questo modo. C'era qualche cosa qui dentro, ed è proprio quello che lei era venuta a cercare». Quindi si avvicinò al corpo di Hannah. «Impossibile toccarla prima che sia arrivato il dottore», ma si vedeva che stava fremendo per farlo. «Non avevo mai visto la governante di Cardew così...». «Così sbottonata, volete dire, signor Ferraby? Evidentemente era intima con il suo assassino... È stata colpita due volte da distanza ravvicinata: la prima pallottola in pancia, al bersaglio grosso, per farle capire che non scherzava; questa le è rimasta dentro, perché la signora... è bella grassa; la seconda mirata in pieno petto per schiantarla; questa è uscita dalla schiena, guardate la chiazza di sangue contro il muro... questa è mortale e l'ha uccisa. Hannah era in piedi, a lato della porta. Per cercare di fermarlo si è allentata la camicetta; ma non c'è stato niente da fare. Voleva ucciderla e l'ha fatto. La massa corporea l'ha tenuta in piedi, poi è avanzata obliqua di un passo, ed è franata contro la porta, strano che non l'abbia buttata giù... credo sia morta sul colpo, dopo la seconda pallottola: spesso i cadaveri fanno uno o due passi, per forza d'inerzia, prima di crollare.
Osservate qualche cosa, signor Ferraby, qualche cosa di interessante?».
«Ci sono tante cose notevoli che non riesco più a
distinguerle». «Cardew lo avrebbe notato prima di me... il cadavere non ha né il cappello né il trench.
E sotto quell'attaccapanni... vedete qualche cosa
per terra?».
Ora dov'è? Per prima cosa ispezionò gli occhi della donna, mezzi chiusi e con l'iride rivoltata all'insù. La bocca era ancora aperta, come nell'attimo della mortale incredulità di rimanere uccisa, dopo il secondo colpo. Quindi le passò lo stetoscopio sul cuore e rimase più di qualche secondo in ascolto. «Il sergente ha parlato di un cadavere.
Comunque avevo già telefonato per richiedere
un'autolettiga». Super e Ferraby si guardarono con aria interrogativa. «Le somministro adrenalina, nel caso l'ambulanza arrivasse in tempo, ma non credo che riuscirà a raggiungere l'ospedale». Sì, aveva capito bene: Hannah Shaw non era ancora cadavere, ma lo sarebbe diventata presto. Super guardò dentro gli occhi senza vita della governante: sembrava un grosso pesce spiaggiato, morente sulla sabbia. E infatti il cottage era proprio sul mare. Curioso destino. Avrebbe voluto fare qualcosa per lei, ma sapeva che era troppo tardi per chiunque. Quando l'ambulanza arrivò e la povera Hannah Shaw fu portata via, Super si sentì liberare da un grosso peso. Solo lui e Ferraby erano rimasti sul posto. «Siete sicuro di non voler seguire la signora Shaw all'ospedale? È ancora viva, dopotutto», gli aveva detto Jim poco prima, intuendo che il vecchio poliziotto fosse in grave ansia per la sorte della donna. «Lattimer le sarà accanto, nel caso improbabile riuscisse a dire qualcosa, ma temo che noi due saremo più utili qui», aveva replicato il sovrintendente, cercando di mostrarsi imperturbabile. «Ma appena finito, correremo dietro all'ambulanza». Il poliziotto estrasse dalla parete il proiettile che avevano ucciso la governante e lo posò sulla tavola. «Questa pallottola appartiene a una pistola automatica, calibro 42. D'altronde si tratta di un calibro abbastanza comune; cerchiamo di non trarne deduzioni premature. Quest'arma non apparteneva certamente ad Hannah Shaw; sono armi che fanno paura alle donne. Inoltre Cardew l'avrebbe saputo». L'investigatore s'interruppe bruscamente e si mise in ascolto. Attraverso la finestra giungeva l'eterno lamento delle onde sulla sabbia. «È il momento di andare, signor Ferraby. Andiamo a scoprire se l'ambulanza è già diventata un carro da morto». Il procuratore lanciò un'occhiata alla grottesca macchia sul muro, con tre o quattro linee verticali. «È stato terribile per lei. Mi chiedo come...». «Come non sia ancora crepata? Non se l'aspettava e non era pronta. La signora Shaw aveva dei progetti... e se li porta ancora addosso; in qualche modo, li ha usati per tapparsi il grosso buco che ha nella schiena... Questa è psi... psiqualcosa, signor Ferraby». E stava già correndo verso l'auto. (Martedì, 20 Maggio 1924) Quella mattina Super si era alzato provando una strana eccitazione. Viveva da giorni nell'incubo di ricevere una fatale chiamata dall'ospedale presso cui era stata ricoverata, in condizioni disperate, Hannah Shaw. Non le avevano dato molte speranze, ma qualcosa in quella donna era differente da ciò che sembrava. Super aveva tenuto segreta l'ubicazione dell'ospedale, e per essere ancora più sicuro che niente di peggio potesse occorrere alla povera donna, aveva incaricato Lattimer di sorvegliarla strettamente. Per tutti gli altri Hannaw Shaw era già morta, rimasta uccisa all'interno del cottage di Cardew. Quella mattina, infatti, l'ospedale telefonò. Super fu chiamato con urgenza al capezzale di Hannah, perché la governante aveva ripreso conoscenza, ma era fragilissima e in imminente pericolo di morte. Il cuore gli pulsò in gola quando la rivide, ma a stento riconobbe la donna nel letto. Hannah Shaw era invecchiata di almeno 10 anni. «Super... ricordate... la ruota... il caldo... il fuoco...». «È stato fuoco per voi, Hannah?». «Adesso... ho freddo... Super...», la flebile voce di Hannah era carica di ansia. Intuiva facilmente che si stava giocando tutto, e che le prossime ore sarebbero state decisive; ma che forse la davano già per morta. «Non voglio... morire...», sussurrò languida. «Ascoltatemi, Hannah. Non potete parlare a lungo. Ho bisogno di sapere chi vi ha sparato». «Non sento... le gambe...». «Forse tornerete a usarle, non si sa...». «Quanto tempo... mi rimane...», mormorò disperata, aspettando la risposta a bocca aperta. «Nessuno lo sa, Hannah. Ma è meglio che mi diciate chi vi ha sparato». «Che importa... adesso...», divagò la governante, con una folle espressione negli occhi. «Ho perso tutto...». «No, Hannah...», replicò senza troppa convinzione il sovrintendente. I medici erano stato chiari: difficilmente avrebbe superato la notte. «Super... ditemi... la verità...». Un'infermiera lo tolse dall'imbarazzo, avvertendolo che non poteva trattenersi oltre. La paziente era in condizioni critiche. La sua voce, che lo chiamava disperata da lontano, lo perseguitò per il resto della giornata, e ancora di più durante la notte. (Sabato, 24 Maggio 1924) Cardew aveva preso una decisione. Voleva chiudere Barley Stack, congedare i domestici e affittare una casa a Londra; e passare l'estate all'estero. Quanto avesse pesato la fine di Hannah in questa sua decisione, non era dato sapere. Ma anche il misterioso avvelenamento del suo vicino, Stephen Elson, non l'aveva di certo invitato a rimanere. L'ex notaio organizzò una cena d'addio per salutare amici e conoscenti. E invitò anche Super. «Sovrintendente... non vi ho ancora domandato che cosa pensiate in merito all'omicidio della mia povera governante. Mi permetterò quindi di domandarvelo questa sera». L'ora fissata per il pranzo era passata da dieci minuti, quando arrivò Super accompagnato da un ometto dall'aspetto goffo e nervoso. «Vi presento il mio amico Wells.
Poi vi parlerò di lui». «Lattimer, non toccate codesta minestra... Che nessuno la
tocchi, perché...». Quella buona è che non rischiate più di diventare vedovo, perché la vita di vostra moglie è fuori pericolo; la cattiva è che vostra moglie, la signora Hannah Shaw Cardew, sta per diventare vedova...». Di fronte alla meraviglia generale, il sovrintendente cominciò a svelare i fatti. «Sì, è proprio il signor Cardew ad aver sparato contro Hannah Shaw. Lei lo amava, o comunque intendeva migliorare la propria posizione sociale, e perciò voleva sposarlo. Lui si era sempre rifiutato, ma lei lo teneva in pugno, per via di una lettera terribilmente compromettente che egli aveva scritto anni prima e che lei possedeva. Ha così deciso di ucciderla il giorno stesso del loro matrimonio, istigato dalla sua amante, una certa Milena Vucic, a sua volta interessata a sposarlo, che l'ha aiutato a concepire un diabolico piano. Cardew e la Shaw si sono infatti sposati a Newbury, in gran segreto, ma con tutta l'ufficialità del caso. In quanto a lui, dopo essere rientrato in possesso della famosa lettera (era il prezzo del matrimonio), ha assassinato sua moglie. O almeno c'ha provato molto sul serio, sparandole due colpi in corpo, al bersaglio grosso, di cui uno indirizzato al cuore. Quando dunque i coniugi Cardew si recarono a Beach Cottage nella Ford di lei, egli lasciò sua moglie sul sedile davanti, con non so quale pretesto, e montò dietro. Si rannicchiò su un fianco in modo che i passanti non potessero scorgerlo e che Hannah sembrasse sola nella vettura. Appena l'ebbe uccisa, o creduto di averlo fatto, egli indossò i suoi indumenti: il cappello a larghe falde e il trench nero, così da far sembrare a chiunque che Hannah avesse lasciato il bungalow». Cardew non riuscì a trattenere un moto di stizza, sebbene sperasse ancora che si trattasse di un'abile provocazione, ai suoi danni, del vecchio poliziotto. «Da poco tempo la Signora Cardew è stata dichiarata fuori pericolo. Ma la cosa strana è che non voleva rivelarmi chi fosse stato. Ho dovuto lavorare di psi... psiqualcosa per ascoltare dalla sua bocca le due parole fatali: "mio marito"». «Ma perché tutto ciò? Il signor Cardew è un uomo ricco...», Ferraby mosse un'obiezione da avvocato, come a testare la tesi di Super. «Ricco? No. Aveva denaro. Ma come se l'era procurato? Vi racconterò tutta la storia, allora. A pochi giorni dalla fine della guerra, un'imbarcazione americana, in una notte di tempesta, fu silurata da un sottomarino tedesco nei pressi della baia di Pawsey. In quell'epoca, Cardew era rovinato, essendosi impegnato in speculazioni avventate col denaro della sua clientela. La notte del siluramento, il notaio era a Beach Cottage con Hannah Shaw e aveva già deciso di ucciderla, per poi farla finita e suicidarsi. Ma prima, con la precisione che aveva conservato nell'esercizio della professione, redasse la confessione di tutte le sue colpe con l'intenzione di mandarla alla polizia. Aveva appena finito quella lettera, quando sentì l'esplosione e si recò sulla spiaggia. Vide arrivare verso riva una scialuppa con due superstiti. Quei due uomini avevano con sé una cassa del Tesoro americano. Uno era mezzo morto, l'altro era Stephen Elson... il facoltoso vicino di Cardew, di recente assassinato. All'epoca, però, era solo un cow-boy imbarcatosi come marinaio per sfuggire alla polizia americana. Elson svelò a Cardew il contenuto della cassa, che fu portata sulla spiaggia e nascosta a Beach Cottage. In quel momento, però, l'altro marinaio cominciò a riprendere i sensi. A quel punto Elson, con l'aiuto di Cardew, non esitò a liberarsi del compagno. Hannah Shaw assistette a tutta la scena. Il notaio intendeva liberarsi anche di lei, ma Elson lo fermò, dopo averla vista. Quando Hannah si sbottonava la camicetta si sentiva intoccabile e così fu in quell'occasione. Il denaro, quindi, fu diviso in tre parti.
Ma la Shaw fu anche più scaltra, perché quando
Cardew uscì, richiamato dall'esplosione, ella scoprì la confessione che egli
aveva nascosto e la tenne per sé. Lui non lo seppe che molto più tardi. In realtà Cardew meditava da tempo di eliminarla, insieme allo stesso Elson, così da non avere più ombre nel suo passato. E si è deciso a farlo dopo aver conosciuto Milena Vucic, ex prostituta di lusso, che gli ha promesso di sposarlo. Peraltro della famosa lettera esiste una copia autenticata ora in possesso di Scotland Yard. Hannah Shaw non è affatto stupida». Jim Ferraby, seduto al suo posto con la bocca semiaperta, ammirava Super.
«Siete un genio!», esclamò infine. Super non poté fare a meno di pensare, in quel momento, che anche Hannah avrebbe dovuto pagare il suo conto con la giustizia: furto e favoreggiamento, almeno, se non complicità in omicidio e rapina; a parte il risarcimento, naturalmente, ovvero la confisca dei suoi averi. Ma era sempre meglio di una cassa da morto. E poi così gli sarebbe finita tra le braccia, pur di sfuggire al carcere. Hannah Shaw era comunque l'unica ad averla spuntata con qualche pezzo di pelle addosso, dopo una tragica, distruttiva, interminabile storia. All'inizio le cose avevano funzionato abbastanza bene. «Ho provato a fermarlo, sbottonandomi la camicetta, ma non c'è stato niente da fare. Ha sparato... Però quando ho visto che voleva colpirmi al cuore, e fulminarmi... mi sono mossa leggermente a sinistra e l'ho fregato... era troppo sicuro di potermi uccidermi con facilità... Io invece sentivo di potermela ancora giocare... volevo chiamare aiuto... ma non riuscivo a muovermi e a riprendere fiato... poi ho sentito voci intorno a me... ho cominciato a crederci... non era ancora finita...». Gli raccontava questo e lui era contento di ascoltarla. Aveva preso cinque anni con la condizionale; e quale miglior garante del vecchio Super? Ma ben presto l'ambizione e il fascino oscuro di Hannah Shaw tornarono a colpire. La Shaw era tornata signorina dopo l'esecuzione del marito, e la sua libertà vigilata dichiarata non più necessaria, dopo la restituzione di quanto le rimaneva del malloppo sottratto al Tesoro americano; il resto lo avrebbe pagato con l'eredità ricevuta dal defunto marito, che aveva rimesso in piedi un certo giro d'affari. Aveva ancora di che vivere. Ma non si accontentava. Benché fisicamente indebolita, si era messa in caccia e un ricco commerciante di Londra si era invaghito di lei. Super non la trattenne, sarebbe stato inutile. Ma quando si ammalò gravemente, attaccata da un brutto cancro all'intestino, giudicato molto aggressivo, conseguenza di una salute che si era fatta precaria (le due pallottole l'avevano segnata), gli chiese di poter ritornare da lui, che sapeva essere l'unico veramente affezionato a lei. Anche questa volta Super acconsentì. La Shaw non era certo entusiasta di finire la sua esistenza fra le braccia di un modesto poliziotto, ma d'altra parte doveva accontentarsi. Sapeva che degli altri uomini non poteva fidarsi. Le sue condizioni peggioravano fatalmente, nonostante la costante assistenza di Minter e le ricorrenti visite del medico, che cercava almeno di capire quando la morte si sarebbe fatta imminente, per avvertire il sovrintendente. Eppure il tumore li aveva riavvicinati. Lui si prendeva cura di lei, lei cercava di non arrendersi e di tirare avanti il più possibile, per non lasciarlo troppo presto solo. «Ho tentato l'ultimo colpo, Pat; ma la fortuna non gira più dalla mia parte...», alludeva alla storia con il commerciante di Londra. «Mi ha portato sfortuna allontanarmi da te». Sapendo che ormai non aveva molto da vivere, Super la scarrozzava in giro come piaceva a lei, nella dolce campagna inglese. Hannah frequentava feste e festicciole di vicinato; non si mostrava né depressa, né rassegnata; si toccava con discrezione la pancia, quando arrivava qualche fitta. Ma tutti sapevano. In certi giorni, la Shaw sembrava imbalsamata sulla sua poltrona; la vestaglia aperta e la camicetta sempre sbottonata, ripeteva con occhi fissi: «Non mi arrendo...». Però il tumore era inesorabile e la stava affossando. Non c'erano cure, la Shaw reagiva con il fisico, ma il medico aveva avvertito Super: il tempo stringeva. Quando il cancro all'intestino la bloccò a letto, irrequieta come una grossa biscia, inseguita dai rimpianti e dai fantasmi del passato, costringendola a trascinarsi avanti giorno per giorno, si lasciò sposare dal vecchio poliziotto e divenne infine la signora Minter, detta la Super Signora. «Non sei un ripiego per me», ebbe il coraggio di dirgli. Adesso Hannah Shaw aveva davvero paura, aveva capito che mancava poco. La pancia si era gonfiata di ascite, facendola apparire ancora più grassa. Le festicciole erano diventate un miraggio. Le sue amiche temevano di avere brutte notizie da un giorno all'altro.
Ma anche ridotta così, sempre più invecchiata, tirata e sofferente, era in grado di stupire come una brezza di primavera fuori stagione, con la camicetta sbottonata fino allo stomaco e la sua voglia di vivere, o meglio di allungarsi a tutti i costi l'agonia. Se superava un mese, voleva superarne un altro. «Me l'ha mandato lui questo tumore... ma non voglio... sentir parlare della mia fine... sto lottando... la partita è aperta... tutto è ancora da decidere...», rabbiosa e disperata, sapendo di mentire e non di avere alcuna possibilità di farla franca. Tuttavia, chiunque passasse a trovarla, non poteva fare a meno di rimarcare come fosse ancora una bella donna, nonostante tutto quello che le era capitato. Minter era spesso costretto a fornire notizie sulle sue condizioni di salute ai tanti colleghi che glielo chiedevano in vario modo: telefonando, passando di persona, o inviando telegrammi. Al Comando di polizia nacque la bacheca della Super Signora, per tenere tutti aggiornati sulle condizioni di Hannah Shaw; in particolare, Lattimer utilizzò i colori che venivano impiegati sulle strade dal nuovo semaforo elettrificato; un disco verde in bacheca indicava: salute accettabile, sotto controllo, visita facoltativa; un disco giallo: alcune complicazioni, rischio di aggravamento, visita consigliata; un disco rosso: crisi acuta in corso, pericolo imminente di una tragedia, visita obbligatoria e urgente. E Super dirigeva il traffico. Mentre Cardew l'aspettava all'inferno. Lettore, l'attrice che ha ispirato questo racconto è un personaggio vivente. Il racconto è un tributo alla sua bellezza, carisma, personalità. Gli aspetti negativi sono introdotti per mere esigenze di ordine drammatico, narrativo, teleologico. Il ruolo della protagonista va assimilato a quello dell'attrice rispetto a un film. La devozione alla persona in questione, da parte dell'autore empirico, è implicita e assoluta. |