Il sogno di un grande remake omerico

è finalmente realtà:

ODYSSEY

DAWN

[Introduction]

QueenDido.org ha deciso di contribuire alla cronaca degli eventi e ha scelto di inviare, sugli epici teatri del poema, tale Carneade, già sconosciuto narratore in Didone Liberata, l’ultimo su piazza dei cronisti indipendenti:

Nella foto, Minerva Capitolina sullo sfondo delle iniziative mediatiche dell'elite19 marzo 2011 (primo giorno delle Feste Minervali).
Al tramonto di sabato sorge l’alba del domani.
Perché l’elite ha scelto questo giorno?
E’ tra quelli di festa?
Sì, è tra quelli di festa, anche se non cade di domenica.
E chi lo dice?
Lo dice Ovidio.
E Augusto è d’accordo?
Sì, Cesare è d’accordo, almeno fino a Giugno.
Come si fa a dire che un giorno del calendario è di festa, anche se non cade di domenica?
Perché Augusto disse a Ovidio di dircelo, almeno fino a Giugno, e questi ne fece l’oggetto di una delle sue opere insigni.
Ha importanza ciò che dice Ovidio?
Ognuno arriva dove può arrivare.
Ma non era secondo a Virgilio?
Si può nascere secondi e rimanere tali per 2.000 anni, ma si può anche nascere secondi e restare secondi per 2.000 secondi.
Ovidio a parte, la provocazione sulla data prescelta da Omerlite per l’avvento del poema è arrivata da un sito in odor di “autoproduzione” (siti-civetta creati dalla stessa elite, riconoscibili per alcune palesi ridondanze e per mancanza di caratterizzazioni personali):

OPERATION

ODYSSEY DAWN

Another ritualistic blood sacrifice by the Global Elite?

An inside view by Lee Rogers

In effetti, dopo un vivace tam-tam iniziale, la questione libica si era alquanto afflosciata sui mass-media occidentali, tanto che a prescindere da Fukushima, veniva ormai da credere che l’elite ci avesse ripensato.
Pertanto, il tam-tam mediatico non è stato ben cadenzato, oppure lo è stato così bene da aver reso questa provocazione assolutamente credibile: sta di fatto che la situazione è precipitata con grande tempismo e le prime bombe sono piovute sulla Libia al tramonto del 19 marzo, segnando l’alba del Vecchio Mediterraneo.
Si potrebbe obiettare che il giorno 19, a quell’ora del sole (peraltro il culmine delle bombe si è avuto in tarda serata, v. foto a lato), fosse ormai concluso affinché la coincidenza si sostanziasse, ma se si legge Ovidio si trovano conferme che perfino per uno scettico sarebbe imprudente rifiutare (Fasti, 3.809-814; tr. Canali):

V'è un giorno intermedio [rispetto al 17 marzo, ndC],

poi subito si celebrano le feste di Minerva,

che hanno appunto il nome di cinque giorni consecutivi.

Nel primo non si sparge sangue, né è lecito combattere con il ferro;

la ragione è che in quel giorno è nata Minerva.

Nel secondo e negli altri tre si celebrano giochi sull'arena [ovvero sulla sabbia, ndC] rastrellata:

la dea guerriera ama le spade sguainate.

Ma le sorprese, per gli scettici, non sono finite qui, perché poco più avanti nel rotolo si legge (823-826):

Né alcuno, senza il favore di Pallade, confezionerà bene i calzari,

anche se in ciò egli sia più esperto di Tichio.

E sia un altro più abile con le mani a confronto del vecchio Epeo,

se Minerva gli sia ostile egli sarà simile a un monco.

Ebbene, chi era Epeo? Non certo un povero Carneade come il sottoscritto, perché di lui hanno parlato nientemeno che Virgilio e perfino Omero. Ma in cosa era tanto bravo Epeo?

Epeo era bravo nel costruire cavalli giganti di legno, tanto giganti da contenere dei greci. Ne costruì uno, tanto tempo fa, che divenne molto famoso... Ma ascoltiamolo direttamente dalle parole di Ulisse:

Ma su [Demodoco, ndC], cambia tema e canta il progetto del cavallo di legno,

che Epeo costruì con l'aiuto di Atena:

la trappola che poi il chiaro Odisseo portò sull'acropoli,

dopo averla riempita degli uomini che annientarono Ilio.

HOMER

ODYSSEY

(8.492-495, parla Ulisse; tr. Privitera)

Ma per i nostri inguaribile scettici c'è perfino dell'altro: Minerva era libica (!!), ovvero Tritonia (naturalmente le satrapie arabe sono avulse dalla geografia classica). Non dobbiamo cercare lontano, ma possiamo rimanere ad Omero:

E qui, degli immortali che hanno la casa sull'Olimpo,

altra non era che la figlia di Zeus, la Tritogenia gloriosa,

che già onorava e proteggeva il tuo nobile padre tra gli Argivi.

(Odissea, 3.377-379, Nestore a Telemaco, figlio di Ulisse; tr. Tonna)

Giuseppe Tonna, per la prestigiosa Garzanti, registra in nota che Tritogenia è per lui un "epiteto di significato oscuro"; infatti non sembra essersi dato molta pena nel consultare in proposito i Vati, ovvero altri autori classici.

Ad es. Plinio ci dice che "dopo gli altari [dei Fileni], non lungi dalla costa, c'è una vasta palude in cui si riversa il fiume Tritone, che dà a essa anche il nome. Callimaco la chiama il lago di Pallade e la colloca al di qua della Piccola Sirte, mentre molti altri autori la pongono tra le due Sirti" (Storia Naturale, 5.28; tr. Corsaro; N.B.: Callimaco aveva ragione, Plinio dà un nome solo a chi aveva ragione e approfitta per ricordare che il molto parlato è spesso nemico del vero).

Se poi Tonna avesse letto Silio Italico, avrebbe ricevuto un'intera spiegazione sull'oscuro epiteto, giacché tra le genti che si ammassano sotto il comando di Annibale per "mutare il governo del mondo", vi sono anche "le genti che abitano gli stagni profondi della palude di Tritone; dalle sue acque nacque, così vuole la leggenda, la vergine guerriera che, avendo scoperto l'olivo, lo diffuse nella Libia, prima che in ogni altra terra" (Punica, 3.227/322-324; tr. Vinchesi; English text: 1/8 - 9/17).

Definitivo Ovidio: "atque levem currum Tritonida misit in urbem" (Met. 5.645).

Chiarito - pensiamo in maniera definitiva - l'oscuro epiteto, non resta che arrendersi alla provocazione di Lee Rogers, Carneade dell'elite: Pallade Atena Tritonia non tollera più, sulla terra favorita, i pastori maomettani; poiché essi trascurarono i suoi altari, giochino ora tra loro con la spada sguainata e rendano tributo col sangue; e tremino alle ammonizioni del suo Vate: i proci maomettani stiano ammoniti contro l'ira di Odisseo...

Infatti chi conosce l’Odissea, e soprattutto i proci potenzialmente tali, si staranno ponendo l’inquietante domanda: “Chi interpreterà i proci in Odyssey Dawn?”.

Certo può dirsi che i proci del decennio 2011/2020, rispetto a quelli del decennio -1120/-1111, abbiano l'indiscusso vantaggio di aver letto in anticipo l’Odissea e di aver visto come va a finire la storia, ma è pur vero che oramai chi è procio è procio, e cioè che il ruolo sarà attribuito, su casting dell’elite, a chi si è guadagnato questa ingrata parte per fatti passati, già oltremodo determinatisi.
Il tutto porta senza dubbio a Penelope.
Chi ha mangiato in casa sua?
In tanti. I proci rischiano di essere milioni, forse decine di migliaia.
Ma l’elite non è crudele come Odisseo, e poi i lavoratori servono, anche se proci.
E se la nota similitudine analogica fra Penelope e Didone, molestate rispettivamente da proci greci e libici, fosse anche più di una similitudine, ovvero fosse stata così ricercata da Virgilio proprio perché raffigurante, oltre ad affinità teleologiche, una determinata continuità geografica ed etnica?

Ed in effetti, ci era sembrato che qualcosa mancasse, nel kolossal dell'elite. Ci siamo chiesti cosa. Chi viene dopo Odisseo nell'Odissea? Non viene forse Itaca? Tanto che l'Odissea non è il poema di Odisseo, ma l'odissea di Odisseo verso Itaca.

Perché l'elite non ha esposto Itaca? Che fine ha fatto Itaca? Che Odissea Dawn è senza Itaca? Conosciamo ormai da tempo l'elite per non stupircene. Possibile che i giornali non abbiano scritto di un tizio che vive a Itaca (quella oggi chiamata tale), licenziato perché ha parlato male del suo principale su facebook?

L'elite parla per aneddoti o per sovraesposizioni mediatiche (sussulti e respiri dell'elite).
Ci è sembrato quindi molto strano che la moderna Itaca non sia venuta in rilievo.
Però un'altra isola è venuta in rilievo (piatta, in alto mare, ad occidente rispetto alla Grecia, la più ad occidente, ma anche orientata verso l'occidente, e di strada per Cipro, ovvero ottima tappa per una nave mercantile lì diretta per piazzare ferro, magari caricato in Sardegna).

Ora non vogliamo semplificare le cose, perché noi non siamo l'elite che semplifica le cose, ma la sovraesposizione mediatica a cui è stata sottoposta l'isola di Lampedusa, che è geograficamente libica, va nettamente oltre le esigenze oggettive della cronaca. Ed io, Carneade sono, non possiedo mass-media. L'elite invece ne possiede. Li possiede tutti.

Lampedusa è diventata una grande protagonista di Odyssey Dawn: perché?

Abbiamo voluto approfondire la cosa e ci siamo trovati di fronte al solito pressapochismo della filologia accademica. Così l'Itaca di oggi corrisponde all'Itaca omerica più o meno come Las Vegas corrisponde a Venezia e alle piramidi d'Egitto.

E poi c'è la faccenda principale: perché Minerva Tritonia, che ha donato l'olivo alla Libia, amava così tanto un greco? Ve lo ricordate che il letto nuziale di Ulisse era costituito da un gigantesco olivo vivente all'uopo potato ed intorno al quale era stata edificata l'intera casa? E lo sapete che l'olivo ha bisogno di molto caldo per prosperare? E dove li ha piantati Minerva? Dove sono gli olivi più grandi, antichi e belli del mondo?

In Libia. E non è un fatto da cento lire.

Sembra infatti essersene accorta anche l'Unione Europea, in genere lesta a legittimare sofisticazioni alimentari di ogni tipo, ma che in questo caso si è mostrata rispettosa e prudente di fronte al gran dono della potente Minerva.

Come andrà a finire?

Non chiedetemi troppo.

A ciascun lettore la sua risposta...

Carneade

[ndC = nota di Carneade]

D I D O

DAWN

«Ha inventato i bottoni e nessuno sa allentarli meglio di lei».
«Possono chiamarla l’Errante, l’Infelice, la Sidonia: tutti epiteti graziosi, ma lontani dalla realtà.
Didone è la Sbottonata.
Chi la canta diversa non he le idee chiare, o non vuole chiarirle agli altri».
«Hai ragione, amico mio.
Tanto è vero che sempre vi sarà una Didone Sbottonata in ogni secolo a venire, fino alla fine della Storia; e sarà riconosciuta da come si allenterà i bottoncini».

ODYSSEY

DAWN

(by Omerlite)

[Upgrade]

1° settembre 2011.

Parla il fantasma di Antinoo.

Pallade, il tutto visto, al Saturnide
Si converse in tal guisa: "O nostro padre,
Di Saturno figliuol, re de’ regnanti,
Mostrami ciò che nel tuo cor s’asconde.
Prolungar vuoi la guerra e i fieri sdegni?
O accordo tra le parti, e amistà porre?"
"Perché di questo mi richiedi, o figlia?"
Il nembifero Giove a lei rispose.
"Non fu consiglio tuo, che ritornato
Punisse i proci di Laerte il figlio?
Fa’ come più t’aggrada: io quel che il meglio
Parmi, dirò. Poiché l’illustre Ulisse
De’ proci iniqui vendicossi, ei non abbia

Degli altri a temer, e sempre regni.
Noi la memoria delle morti acerbe
In ogni petto accendiam: si perpetui
Il mutuo terror nella città turbata,
E v’abbondin, qual pria, sangue e discordia".
Con questi detti stimolò la diva,
Ch’era per sé già pronta, e che dall’alte
D’Olimpo cime rapida discese.

(Odyssey Dawn, 24.472-488)

ODYSSEY

DAWN

(by Omerlite)

[Upgrade]

20 / 31 ottobre 2011.

HClinton: "La guerra non è finita".

Then Odysseus tore off his rags, and sprang on to the broad pavement with his bow and his quiver full of arrows. He shed the arrows on to the ground at his feet and said, "The mighty contest is at an end. I will now see whether Apollo will grant it to me to hit another mark which no man has yet hit."
On this he aimed a deadly arrow at Antinoos, who was about to take up a two-handled gold cup to drink his wine and already had it in his hands.

He had no thought of death: who amongst all the revelers would think that one man, however brave, would stand alone among so many and kill him?

The arrow struck Antinoos in the throat, and the point went clean through his neck, so that he fell over and the cup dropped from his hand, while a thick stream of blood gushed from his nostrils.

He kicked the table from him and upset the things on it, so that the bread and roasted meats were all soiled as they fell over on to the ground.

The suitors were in an uproar when they saw that a man had been hit; they sprang in dismay one and all of them from their seats and looked everywhere towards the walls, but there was neither shield nor spear, and they rebuked Odysseus very angrily. "Stranger," said they, "you shall pay for shooting people in this way: you shall see no other contest; you are a doomed man; he whom you have slain was the foremost youth in Ithaca, and the vultures shall devour you for having killed him."
Thus they spoke, for they thought that he had killed Antinoos by mistake, and did not perceive that death was hanging over the head of every one of them.

But Odysseus glared at them and said: "Dogs, did you think that I should not come back from the land of the Trojans?

You have wasted my substance, have forced my women servants to lie with you, and have wooed my wife while I was still living.

You have feared neither the gods nor that there would be future nemesis from men, and now you shall die."
They turned pale with fear as he spoke, and every man looked round about to see whither he might flee for safety, but Eurymakhos alone spoke.
"If you are Odysseus," said he, "then what you have said is just.

We have done much wrong on your lands and in your house.

But Antinoos, who was the head and front of the offending, lies low already.

It was all his doing.

It was not that he wanted to marry Penelope; he did not so much care about that; what he wanted was something quite different, and Zeus has not granted it to him; he wanted to kill your son and to be chief man in Ithaca.

Now, therefore, that he has met the death which was his due, spare the lives of your people.

We will make everything good among ourselves in this district, and pay you in full for all that we have eaten and drunk.

Each one of us shall pay you a fine worth twenty oxen, and we will keep on giving you gold and bronze till your heart is softened.

Until we have done this no one can complain of your being enraged against us."
Odysseus again glared at him and said, "Though you should give me all that you have in the world both now and all that you ever shall have, I will not stay my hand till I have paid all of you in full.

You must fight, or flee for your lives; and flee, not a man of you shall."

(Odyssey Dawn, 22.1-67)

F I N E

(dopo 7 mesi e 11 giorni)

APPENDICE

CARTOGRAFICA

Le Sirti nell’Età di Cartagine:

Le Sirti nell’Età di Roma:

Le Sirti prima di Odyssey Dawn:

Le Sirti dopo Odyssey Dawn: